Si è appena conclusa sul nostro territorio la terza Mostra Internazionale del Cinema di Bracciano. L’evento è organizzato a cura del gruppo GASP , associazione politica con fini solidaristici, attiva sul territorio dal 2019; partecipano ogni anno a titolo collaborativo anche il sindacato COBAS- Tuscia, il collettivo Papermoon e Cultura Movens, associazione che sviluppa un progetto di promozione della piccola e media editoria. La mostra è sotto il patrocinio del Comune di Oriolo ed è sostenuta dal Comune di Bracciano, che ha messo a disposizione per le proiezioni diurne la struttura del Teatro del Lago e il Giardino del Lago per le proiezioni serali.
L’evento è organizzato e presentato nelle due giornate, con professionalità multitasking, dai volontari del GASP a.p.s, giovani entusiasti, attenti a svolgere meticolosamente una enorme mole di lavoro che tiene impegnato il gruppo per dieci mesi ogni anno. I 32 lavori presentati al pubblico sono stati selezionati fra 522 opere provenienti da 69 Paesi, e includono film destinati in gran parte ad essere esclusi dai soliti noti circuiti commerciali. Le diverse sezioni raccolgono cinema d’animazione, cortometraggi, cinema sperimentale, cinema di finzione e documentari.
La mostra ha offerto spesso anche un ulteriore valore aggiunto: dove possibile le proiezioni erano seguite da un incontro- in presenza o in collegamento- con il regista o qualcuno degli autori, e spesso gli interventi erano tradotti in simultanea dall’inglese. Rimaneva inoltre aperto e rispettato un prezioso momento di scambio fra autore e pubblico.
La mostra si è avvalsa del supporto di tre giurie: una prima giuria, che ha assegnato le due menzioni speciali; una seconda interessante giuria giovanile composta da studenti in ambito cinematografico; una giuria “popolare” espressa dal pubblico stesso, invitato a votare le proprie preferenze su apposite schede fornite dagli organizzatori.
Di particolare interesse è stato lo “Spazio Palestina”, riservato per le due sere consecutive a interventi – in presenza e online- di alcuni attivisti e testimoni oculari della drammatica situazione che si è creata nell’ultimo anno nella Striscia di Gaza, devastata dall’esercito israeliano dopo l’attacco condotto da Hamas il 7 ottobre 2023. Tutti gli interventi hanno sottolineato le condizioni di una popolazione stremata da nove mesi di guerra di cui i civili hanno pagato un prezzo altissimo, l’interdizione dei territori di Gaza alla stampa internazionale, i troppi giornalisti locali uccisi, i molti che rischiano la vita per riuscire a garantire un minimo di informazione sulle reali condizioni dei territori palestinesi. Nel corto di animazione Night il regista palestinese Ahmad Saleh ha usato una potente e poetica metafora, la personificazione della Notte, per rappresentare la sofferenza – difficilmente narrabile- di una popolazione stremata.
Tra i film presentati si distingue per spessore di sceneggiatura e linguaggio narrativo Killing cinema, del bravo Tommaso Aramini: una ricerca filosofica sul cinema sperimentale sviluppato dal cineasta Romano Scavolini, definito come “L’enfent terrible del 68 italiano” (contropiano.org). La voce narrante conduce la sua intensa riflessione scandita sul ritmo del montaggio di sequenze selezionate dalle opere dello stesso Scavolini. La tecnica riprende il cosiddetto cinema d’archivio, o cinema del riuso. Ne emerge che occorre rinnovare radicalmente la narrazione cinematografica, per salvarla dagli eccessi illusori della finzione naturalistica a cui è condannata dalle imperanti esigenze commerciali.
Per la sezione screen dance della mostra (film costruiti su elementi danzati più che recitati, o meglio su recitativi danzati), ha riscosso l’ entusiasmo del pubblico più giovane – per i movimenti di macchina e l’energia sprigionata -Circology, corto del finlandese Tero Paltoniemi. Si tratta di una ricerca per musica e immagini – dal senso a volte un po’ oscuro –suggerita dal moto circolare prodotto delle pale eoliche: si insiste sulla rappresentazione danzata di una potente energia circolare che diventa ispirazione esistenziale, amore, rabbia, solitudine, armonia. Nella stessa sezione screen dance si fa notare ed amare Lucia, Luce mia, della giovane regista italiana Maria Benz. Il personaggio unico del corto, una danza narrativa selezionata da inquadrature montate in modo suggestivo, è Lucia Joyce, figlia dell’ autore dell’Ulisse. Donna di grande creatività, per ragioni misteriose ha trascorso la vita rinchiusa in un manicomio, da dove però ha continuato con tenacia la sua personale ricerca creativa. Un bianco e nero morbido ma definito, una forte espressività dell’interprete rendono il ritratto di una Lucia tormentata . Dietro il corto, una approfondita ricerca filologica, una relazione empatica fra le autrici e il loro personaggio.
Premiato dalla giuria dei critici il corto Due, ispirato ad un racconto di italo Calvino.La sceneggiatura è di fatto priva di dialoghi o di voce narrante, ed esprime la astinenza fisica, ma soprattutto affettiva, di due giovani sposi innamorati ma condannati dai turni dei rispettivi lavori a non poter mai trascorrere una notte o un giorno insieme. Il film esprime una delicata metafora delle difficoltà relazionali delle coppie nella società dei ritmi di vita frenetica che finiscono per negare la vita stessa.
Ancora tra i premiati emerge The barn, opera prima di un giovane autore siriano, Alayham Alì, che con fatica ha potuto ottenere un visto per l’Italia, per assistere alla proiezione in prima mondiale del suo corto, che si è tenuta proprio a Bracciano. Anche qui la parola è soppressa a vantaggio di una narrazione metaforica che usa solo le immagini. Il protagonista assiste di mattina in mattina alla disgregazione della sua casa, che avviene nottetempo in modo misterioso. Lui di volta in volta ripara i danni, raccatta i cocci, incolla vetri frantumati, salva piantine mezze secche: oppone cioè una tenace resilienza ad un mondo che si sfascia intorno a lui. Oppure, come spiega il regista nel suo intervento, l’uomo vuole continuare a far finta che tutto vada bene, che ad ogni male si possa resistere e che tutto alla fine possa essere aggiustato, e riesce a sopravvivere con questa illusione.
La vincitrice più votata della manifestazione sarà Alessia Bottone, che già vincitrice nel 2021 di una menzione speciale per il Nastro d’argento alla mostra del Cinema di Venezia con il corto La Napoli di mio padre. Quest’anno ha proposto a Bracciano 7 Minuti, che colleziona ben tre premi: una menzione speciale della prima giuria di esperti, il premio della giuria giovanile e il premio della giuria popolare. 7 Minuti è il tempo di una sigaretta, che diventa anche il tempo di una confessione d’amore, il rimpianto di una perdita di un lui abbandonato dal suo compagno, un abbandono vissuto come un lutto in continua e mai risolta elaborazione. Un lutto irrisolto che diventa alla fine leggibile anche come espressione universale di un Amore, di un qualcuno che c’era e che abbiamo perduto, per sempre. La tecnica narrativa della regista si basa su un testo, dalle forti valenze letterarie, raccontato fuori campo da una voce maschile. Il testo è accompagnato dal montaggio raffinato di sequenze ad hoc selezionate da materiali d’archivio: è il cinema del riuso, che propone temi a volte impegnati a volte intimisti, elaborati con grande ricchezza creativa.
Ultima proiezione della rassegna abbiamo potuto vedere un documentario che tratta di un tema molto forte: After the Bridge, dei bravissimi autori Davide Rizzo e Marzia Toscano. Con un linguaggio asciutto e usando anche molti materiali dell’archivio personale della protagonista, il documentario racconta la storia di una signora italiana, ormai anziana, convertita volontariamente alla religione islamica più di venti anni fa, che subisce la perdita di un figlio ucciso a Londra nel corso di una sanguinosa azione terroristica di cui il ragazzo si era reso volontario protagonista, assalendo e uccidendo alcuni sconosciuti sul Ponte di Londra. La donna, che vive in Italia e non ha lasciato la religione islamica e il suo velo, perde la sua identità – già molto incerta, sospesa fra due mondi e due religioni- per diventare “la madre del terrorista”. La sceneggiatura è calibrata, la donna si racconta con grande dominio di sé; le immagini di archivio personale riflettono, con effetto deflagrante, una ragazza estroversa degli anni Settanta che entra volontariamente nella clausura culturale di moglie e madre islamica. Con il martirio volontario del figlio, la madre ormai anziana raggiunge l’acme delle sue contraddizioni esistenziali. Nessuna sintesi consolatoria appare possibile, sia pure nella compostezza delle espressioni e delle parole.
In conclusione, questa rassegna giovanile ambiziosa senza sapere di esserlo, umile nella sua ricerca senza pregiudizi, potente nella sua vocazione politica, riesce ad esprimere senza reticenza un ritratto inusuale del nostro tempo, e una sete di verità che, al momento, il nostro mondo occidentale – così narcisista e manipolabile da interessi politici ed economici enormi – è incapace di riconoscere e di pronunciare.
Grazia Caruso
Cobas Tuscia
Menzioni speciali della giuria: Due di Matteo De Liberato-Italia
e Sette Minuti di Alessia Bottone- Italia
Miglior corto: 5/3/0, di Danilo Stanimirovic – Serbia
Miglior lungometraggio: Radiograph of a family di Firouzeh Koshrovani –Iran, Norvegia, Svizzera
Miglior animazione: In una goccia di Valeria Weerasinghe – Italia
Premio Adriano Aprà al miglior film sperimentale: Terra Mater di Kanterama Gahigiri, Svizzera
Premio del pubblico e premio della giuria giovani: Sette Minuti di Alessia Bottone -Italia
Premio Gasp al miglior film sociale: The Barn, di Alayhan Alì – Siria