27 Settembre, 2024
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Dietro le quinte degli incendi, questione dolorosa di ogni estate

L’idea: coinvolgere gli agricoltori nella sorveglianza e nella prevenzione

Anche quest’estate sono stati tantissimi gli incendi che hanno mandato in fumo ettari di territorio italiano. La regione più colpita è stata la Sicilia, seguita da Calabria, Puglia e Sardegna; ma anche il territorio sabatino non è stato risparmiato, come dimostrato dal viavai di Canadair e dalle colonne di fumo che troppo spesso si sono innalzate nel cielo estivo. Le temperature record e la siccità hanno sicuramente aggravato la situazione e creato un terreno fertile per le fiamme, ma in Italia gran parte degli incendi è causata dall’uomo.

Gli incendi con cause naturali (per esempio fulmini) e dovuti ad autocombustione sono infatti rari, molto più spesso è l’uomo a provocarli. Può farlo involontariamente – esempio sono le scintille provocate dai freni di un treno o una marmitta troppo calda a contatto con dell’erba secca – o con gesti irresponsabili come l’abbandono di mozziconi di sigarette o un fuoco acceso per bruciare le stoppie pensando di far bene ai futuri pascoli e raccolti andato fuori controllo.

Ancora più spesso però questi incendi hanno origini dolose, per interessi legati alla speculazione edilizia, al bracconaggio o per ampliare le superfici coltivabili, oppure per protesta o vendetta. Questo nonostante la legge n. 353 del 2000 stabilisca che i boschi e i pascoli percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa “da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni”.

Ci sono casi in cui i comportamenti dolosi sono legati a problemi comportamentali come la piromania e la mitomania, ma si tratta di episodi molto rari.

È triste constatare che, nonostante il proliferare di leggi e l’inasprimento delle pene per chi commette incendi dolosi, non sembra ci siano stati miglioramenti.

Secondo il report pubblicato a luglio 2024 dall’Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), nei primi sette mesi del 2024 sono bruciati oltre 22.130 ettari di terreno, di cui il 18% di aree boschive (3.991 ha). È chiaro che questo fenomeno ha conseguenze devastanti per la società, l’economia, il turismo, l’ambiente e, non ultimo, per l’agricoltura.

Oltre a distruggere interi ecosistemi e habitat naturali, mettendo a rischio gli animali che li abitano, gli incendi devastano i campi coltivati e i pascoli, distruggono infrastrutture agricole come recinzioni, magazzini e macchinari, e uccidono il bestiame. Ci sono anche conseguenze meno evidenti, ma non meno gravi. Gli incendi provocano l’emissione in atmosfera di un’enorme quantità di gas serra, liberando il carbonio stoccato nella vegetazione e nel suolo e aggravando la crisi climatica.

Da non trascurare è anche l’effetto sul suolo. Le alte temperature degli incendi possono infatti alterarne drasticamente struttura e composizione, bruciando gli strati superficiali del terreno ricchi di materia organica, riducendone la fertilità e aumentando il rischio di erosione, con conseguenze anche nel lungo termine.

Ma nonostante le conseguenze, questo fenomeno continua a dilagare incontrastato divorando ettari su ettari di territorio. Si tratta ormai di un’emergenza nazionale che richiede una forte azione di educazione, oltre ad un maggior controllo e prevenzione e ad un’applicazione più efficace delle misure esistenti.

Gli agricoltori possono essere parte integrante della soluzione se coinvolti attivamente nella sorveglianza e nella prevenzione, contribuendo alla manutenzione del territorio (per esempio rimuovendo i materiali infiammabili e creando barriere antincendio) e ricevendo per questo una giusta remunerazione.

Sara Fantini

 

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