22 Novembre, 2024
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Faccia a faccia con Riccardo Agresti, il preside innovatore  

Parla Riccardo Agresti, preside che chiude il sipario su una carriera scolastica da ricordare.

Dopo anni di impegno nell’ambito scolastico, il professor Agresti va in pensione. Cosa lascia e cosa porta via con sé di tutti questi anni?

«Da quando avevo sei anni, inizialmente come studente, poi come insegnante, dopo come genitore e infine come dirigente scolastico, ma anche prima, con l’esempio a casa di mio padre insegnante alle elementari, la mia vita ha sempre avuto a che fare con la scuola. Lascio ai ragazzi le mie risposte alle loro domande sulla vita, ai genitori dei figli più forti e più liberi, ai docenti i miei suggerimenti su come difendersi dalla burocrazia per restare insegnanti. Porto via con me il ricordo dei sorrisi, il ricordo degli occhi dei ragazzi che si illuminavano quando comprendevano ciò che stavo spiegando e il ricordo della loro gratitudine. In fondo ciò che di noi esiste realmente è ciò che lasciamo nel cuore degli altri».

Quindi anche i ricordi delle polemiche?

«No. Molti hanno tentato di farmi del male, per le scelte lavorative che ho attuato. Ma di quei miseri esseri non ricordo la loro tristezza, non ricordo nulla, se non il bene che ne è derivato. Non nascondiamocelo: “Non c’è male che non venga anche con un po’ di bene”. Per esempio, quando mi hanno “cacciato” via da Cerveteri, sono approdato in una scuola con enormi potenzialità dove ho incontrato non nuovi docenti, ma nuovi amici con una passione e una bravura senza confronti. Anche quando raccolsero firme per “cacciarmi” via perché era stato introdotto l’insegnamento della lingua romena, accadde che fui invitato e poter stringere la mano al Presidente della Repubblica di Romania. Oppure la sospensione dal servizio per “avere messo in cattiva luce l’amministrazione”, mi ha portato a osservare l’affetto e la stima di una enorme quantità di persone. Quindi no, non ricordo le polemiche perché il bene che è derivato da quel male è di molto superiore al male stesso. Guardandomi indietro, mi rimane la certezza di avere lavorato sempre e solo per il bene dei bambini, per la loro crescita culturale affinché siano sempre più liberi e forti in questo mondo che è bellissimo, ma che purtroppo ha in sé anche il male».

Perché le scuole da te dirette si sono sempre distinte per eccellenza?

«Il merito non è assolutamente mio, ma esclusivamente dei docenti che hanno lavorato in classe. Il mio compito si è limitato a eliminare o ad accollarmi tutta la burocrazia che opprime la didattica al punto da farla morire, da non renderla innovativa. Occorre chiarire che la burocrazia è essenziale per il mantenimento della legalità, ma quando questa non discende dalle leggi, ma da decisioni di imboscati nei ministeri che non sanno quale sia la realtà o, peggio, la conoscono e se ne infischiano, allora le scartoffie da compilare (che nessuno leggerà mai), le riunioni inutili (in cui si parla di nulla o si fa “taglia e cuci”), le chiacchiere senza senso sui massimi sistemi fatte da chi non conosce nemmeno dove sia la punta del calzino… diventano un cancro che corrode la volontà di fare meglio, soffoca l’inventiva e mina la passione di chi crede nella scuola.Io ho solo supportato le varie iniziative didattiche che venivano proposte aiutando negli aspetti burocratici, eliminando l’inutile e il superfluo, in tal modo i docenti si sono sentiti nuovamente insegnanti e hanno dato tutti il meglio della propria professionalità, grazie alla serenità di un lavoro da team e non gerarchico».

Ma perché tanti ti hanno attaccato, se non hai mai fatto nulla per il tuo vantaggio, ma solo per gli alunni?

«Perché sono sempre stato un umile servitore dello Stato, mai un servitore del potere. I miei detrattori mi hanno definito di volta in volta “comunista”, “fascista”, “servo del Papa” semplicemente perché non avevano il concetto di “servitore dello Stato”, semplicemente perché non comprendevano come si possa restare in piedi senza genuflettersi davanti a nessun potente, semplicemente perché non potevano concepire come potessi lavorare esclusivamente con l’obiettivo di far avere il meglio ai bambini e non a mio vantaggio. Gli alunni sono stati per 24 anni il mio unico vero partito, un partito che non mi ha offerto in cambio favori né protezione, ma solo sorrisi e occhi lucenti di gratitudine. Loro sono stati gli altri miei figli. Al mio successore auguro di saper conservare la serenità dei docenti, fondamentale per offrire il massimo ai ragazzi».

L’agone nuovo e l’amico Giovanni, ti ringraziano e ti augurano di trovare, sicuramente uno spazio, dove la tua competenza e professionalità, possa essere trasferita a tanta gente di ogni età, per un miglioramento vero e concreto della nostra società.

Giovanni Furgiuele
Presidente associazione culturale L’agone nuovo

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