22 Dicembre, 2024
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Anziani, dolore cronico e depressione come affrontarli per una qualità della vita migliore

L’invecchiamento è un processo naturale ed è accompagnato, nel tempo, da cambiamenti corporei e mentali. Questi cambiamenti includono la maturità emotiva, la saggezza, una migliore gestione delle relazioni familiari, ma anche il presentarsi di alcune patologie fisiche, una parte del processo d’invecchiamento. Le persone anziane sono naturalmente tutte diverse dal punto di vista della personalità, della vita personale, delle capacità relazionali e psichiche. I cambiamenti corporei, soprattutto quando compare dolore cronico (articolare, neuropatico, etc.), possono causare depressione.

“Numerosi studi dimostrano che da un punto di vista psicologico, il peso emotivo delle esperienze negative accumulate nella vita può portare negli anziani, ad una depressione reattiva, come accade in seguito di traumi e lutti. In alcuni casi, invece può essere il ripresentarsi di una depressione giovanile. Lo sviluppo della depressione è stato studiato a fondo dalla comunità scientifica ed è unanimemente riconosciuto come il problema di salute mentale più diffuso, ma anche il più curabile nell’anziano. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che circa 350 milioni di persone soffrano di depressione ed è una delle principali cause di disabilità in tutto il mondo”, spiega Adelia Lucattini, psichiatra e psicoanalista, ordinario della società psicoanalitica italiana.

Il dolore acuto è un’esperienza comune ed è un prezioso sistema di allarme per il corpo e la mente. Il dolore cronico (che persiste per almeno tre mesi), invece, è comune negli anziani e può associarsi a depressione. Attualmente, non è più classificato come un semplice sintomo, ma come una malattia a sé stante, di cui si occupano specialisti e ricercatori in ambito geriatrico, neurologico, anestesiologico e psicologico.

Sulla base di studi sulla popolazione tra 55 e 72 anni, si stima che la prevalenza del dolore cronico va dal 15,1% in Canada, 66 anni al 48,9% in Svezia. Negli anziani può raggiungere il 55% tra i 60  e i 67 anni e il 62% dopo i 75 anni. In uno studio pubblicato sul Cureus Journal of Medical Science (2022), la prevalenza della depressione nei pazienti con dolore cronico va dal 12% al 56,8%. Questo aumento è collegato al peggioramento del dolore.

“La depressione agisce negativamente anche sulla salute fisica e  può aggravare il decorso e l’aderenza alle cure, in qualsiasi malattia. Studi recenti mostrano che la prevalenza della depressione severa nelle persone sopra i 50 anni, nei paesi occidentali è del 16,5% e che l’incidenza (il numero dei nuovi casi) aumenta con l’età. Questo aumento è correlato alla presenza di patologie associate a dolore cronico che a loro volta causano depressione” – evidenzia ancora Lucattini.

Naturalmente, ogni paziente riceve un trattamento per ciascuna malattia fisica, secondo le linee guida, per la cura della depressione, sono indicati approcci farmacologici e psicoterapeutici ad impronta psicoanalitica. I trattamenti farmacologici prevedono l’utilizzo di farmaci antidepressivi, farmaci per la terapia del dolore neuropatico, che hanno anche un’azione di stabilizzazione dell’umore e integratori specifici, prescritti dagli specialisti.

“Il ruolo della psicoterapia analitica e della psicoanalisi è cruciale, poiché permette di gestire le reazioni ansiose, lo scoraggiamento, la stanchezza mentale e a comprendere a fondo quello che sta accadendo. Inoltre, supporta nell’accettare la propria età e viverla più coraggiosamente. Trovare significati e dare un senso alla propria esistenza in un corpo che cambia e che si ammala, allontana la percezione depressiva di avere un corpo che non è più un alleato ma ostile, che fa soffrire fisicamente e che toglie le forze. La terapia psicoanalitica è anche una cura e una protezione efficace contro il ripresentarsi di episodi depressivi”.

Poiché il dolore ha componenti non solo ­razionali ma anche simboliche, emozionali e inconsce, un approccio psicoanalitico alla sua gestione è considerato ottimale da molti specialisti. Riflettere e confrontarsi con un analista sulle esperienze negative causate dal dolore, può portare alla riduzione della sua percezione. “Studi pubblicati sul Cochrane Database of Systematic Reviews, hanno rilevato che la percezione del dolore è più correlata all’ansia per il dolore atteso, che alla sua intensità reale. Quindi, aspettative positive riducono la percezione del dolore. Riformulare il significato di un evento e reinterpretarne il significato è l’obiettivo, l’intervento psicoanalitico che aiuta a riflettere su se stessi, annullare l’ansia anticipatoria, a non arrendersi alla depressione. È un lavoro su se stessi che allevia il dolore fisico e che agisce positivamente sulla qualità della propria vita, sulle relazioni familiari, sulla rete amicale e sociale”.

Marialuisa Roscino

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