Incontro forse con un po’ di diffidenza il romanzo di Lorenzo Avincola. Mi aspetto quello che mi è stato annunciato: un romanzo giallo. L’incipit infatti è un classico del genere giallo: in un’ansa del lago di Bracciano viene ritrovato un cadavere, presto identificato come il corpo di Francesco Campisi, un personaggio abbastanza conosciuto a Bracciano. In seguito viene appurato che si tratta di omicidio. Il sindaco Triestino Davoli, spinto da una sua volontà etica di ricerca della verità, non priva di una piccola dose di umana curiosità, conduce una sua indagine personale che lo porta ad addentrarsi gradualmente in un labirinto di personaggi, ciascuno dei quali ha una storia da raccontargli. E ognuna di queste storie, che si fanno pian piano sempre più complicate e avvincenti, costituisce il frammento di un mosaico che si renderà decifrabile solo nelle pagine finali del romanzo.
Eppure, anche se sembra che definire La distanza apparente un racconto giallo sia facile, non per questo potrebbe essere sufficiente. Le sorprese riservate al lettore vanno oltre le caratteristiche del genere e tendono spesso a disorientare il suo orizzonte d’attesa.
Prima di tutto sorprende l’ambientazione del racconto: il paese di Bracciano e le sue immediate vicinanze. Tutta la comunità del luogo può identificarsi nella toponomastica volutamente dettagliata: le strade, le trattorie, la libreria di via Fausti, la Sentinella, Vicarello, Castel Giuliano, l’Università Popolare, la Bottega del Caffè… chiese preziose ed antiche confraternite…Il narratore, che rivela una sua antica esperienza dei luoghi, disegna con affetto un mondo di tranquilla e colta provincia con i suoi precisi riferimenti: un mondo in cui la comunità della cittadina si può orientare e riconoscere con un godibile senso di appartenenza.
Altra scelta particolare dell’autore è il preciso momento storico della narrazione: siamo nel primo anno della recente pandemia. L’emergenza è raccontata pacatamente, quasi di sfuggita, eppure tutti gli incontri e le relazioni di Triestino sono condizionati dal comune obbligo d’uso delle mascherine. Le mascherine sono indossate, alzate e abbassate, segnando il ritmo del racconto. Non sono solo uno spunto casuale, ma diventano presenza costante, e a volte dirimente, nella ricostruzione del misterioso mosaico di verità e bugie sottese all’omicidio.
E c’è ancora un’altra scelta particolare di Avincola: le molteplici storie di vita che s’intrecciano nella trama, e che rivelano il suo talento di affabulatore. Storie che si contraddicono e si completano partendo da una polifonia di personaggi nitidi, che nel racconto rivelano una inaspettata vita interiore.
Il risultato è un tessuto narrativo divertente e affascinante. Si sente nell’autore il piacere e il talento innato dell’affabulazione. Avincola ama perdersi nel gusto del racconto, e sa di raccontare una cosa semplice e meravigliosa: la straordinaria varietà dei casi della vita. Una vita che è così come lui la racconta, caotica e affascinante, che diventa piacere della lettura perché il piacere del raccontare illumina anche l’ oscurità, rende sopportabile anche la tragedia.
Ma qualcosa di sorprendente ci rivela infine anche il sindaco-detective Davoli, molto lontano da scontate prefigurazioni di genere. Di Triestino il narratore onnisciente ci dice praticamente tutto, vicende e pensieri personali, a volte persino intimi. Personaggio acuto ed equilibrato, immerso in una sua serena armonia familiare, Triestino ha una sola debolezza: è molto sensibile alla bellezza muliebre. E’ innamorato, e piuttosto geloso, della propria compagna, ma rimane anche attratto dal mistero delle sembianze femminili, e ancora più se nascoste dalle mascherine sanitarie. Il Sindaco si interroga perplesso e curioso sui misteri di quelle donne così vicine a lui eppure inafferrabili, enigmatiche nei loro pensieri nascosti, e anche di più in quelli rivelati. E sono tante queste presenza femminili che aleggiano intorno a lui e tentano il suo immaginario: la segretaria Elisa, la provocante Isabella, e Piera, allenatrice delle “Farfalle “ di Desiu. Persino Hope, la sua stessa compagna, costretta ad una lontananza forzata, si presenta all’immaginario di Triestino come una possibile Circe traditrice. Triestino rimane ammaliato e interdetto dalla potenza delle donne, ne ama la bellezza e la sensualità ma soprattutto ama – e teme – il mistero celato nel potere seduttivo femminile. La focalizzazione del racconto è tutta al maschile: ma questo tratto cos’ accentuato dell’immaginario maschile non disturba, perché è il riflesso di una sincera attitudine ad osservare la realtà senza malizia, con una disponibilità curiosa e indagatrice ma mai offensiva o volgare. Triestino è sempre pronto a meravigliarsi, a interrogarsi, a raccontare. A cercare la costruzione di un senso attraverso il potere della parola.
Risolto il mistero e rintracciato il colpevole, Triestino ha reso un servigio alla sua comunità. E Avincola ha fatto un regalo ai suoi lettori.
Grazia Caruso