Intervento in occasione dell’incontro tenuto presso il Liceo Pertini sulla realizzazione di un sistema integrato di protezione delle vittime di violenza.
Come tutti i bravi relatori, mi sono preparato alla mia prima uscita pubblica da neo Procuratore della Repubblica di Civitavecchia e ho scelto il mondo della scuola perché da questo mondo provengo. A scuola e in famiglia sono stato educato ai principi dell’accoglienza e del rispetto degli altri. Il tema scelto della protezione delle vittime di violenza fa tremare i polsi e interroga la coscienza di ognuno di noi. La mia testimonianza sarà divisa in due parti: quello di uomo dello Stato e quella di genitore.
L’uomo di Stato
Saluto con sincero favore l’iniziativa assunta dall’ASL n. 4 di Civitavecchia per il metodo e per contenuti veicolati e che da tempo la vede impegnata nella mission istituzionale di far conoscere i servizi che eroga, ma soprattutto, il grande lavoro di squadra e le forze messe in campo al servizio dell’essere umano più importante e vitale che ci sia, la donna che, all’inizio per noi uomini è dapprima amica, poi amante e moglie e/o compagna e, infine soprattutto madre. È l’origine di tutto, è la vita. Oggi siamo qui tutti presenti, medici, psicologi, dirigenti scolastici, insegnanti, Forze dell’Ordine, il vostro Sindaco e il vostro magistrato di riferimento. Siamo tutti qui davanti a voi, nostri giudici supremi: il nostro futuro. E a voi non è consentito mentire. Siamo qui per dirvi che con questo tavolo di lavoro vogliamo conquistarci la vostra fiducia e il vostro rispetto. Vorremmo che in caso di bisogno vi affidaste a noi, come un compagno di viaggio che non deve giudicarvi ma deve sapere ascoltarvi. Siamo in ascolto e prima di tacere e aprire a vostre domande, vogliamo illustrarvi quali competenze abbiamo, cosa vogliamo fare insieme e come farlo. Intanto, da oggi siamo riconoscibili e vi indichiamo i servizi che abbiamo preparato per voi. Per quanto mi riguarda, l’ufficio che dirigo ritiene che i risultati migliori nella lotta al crimine contro le donne siano innanzitutto siano il frutto di un metodo di lavoro: conoscere i saperi di cui c’è bisogno, metterli in rete e offrirli a chi ne ha bisogno. La Procura della Repubblica di Civitavecchia e le Forze dell’Ordine del nostro circondario tornano sui banchi di scuola: questa è la prima novità. Dal prossimo mese ci confronteremo con esperti della materia (investigatori, medici, psicologi, sociologhi, avvocati, giornalisti, sindaci, assessori) per migliorare la fase di esplorazione e di conoscenza del rapporto di frequentazione tra due persone alla ricerca dell’amore, prevenendo quello malato, quello che sin dal primo momento sotto le mentite spoglie della gelosia si manifesta con comportamenti votati alla violenza fisica e psichica fatto di imposizioni, tu non esci, tu fai quello che dico io, i tuoi genitori sono nostri nemici, ecc.). In realtà, i fatti reato del c.d. “codice rosso” insegnano che dietro queste prevaricazioni si nascondono patologie embrionali, a volte irreversibili. Insegnare a riconoscere i sintomi del malessere equivale a prevenire le conseguenze. Gli addetti ai lavori (ASL, Enti locali) vi indicheranno i luoghi di incontro per un sano e pacato confronto per educare al rapporto di coppia. Nei casi di rapporti a due votati alla violenza, subentreranno le Forze di Polizia, al cui interno presentano figure professionali attrezzate per affrontare le varie problematiche, sottoponendo, se del caso, la vicenda alla magistratura per una risposta multidisciplinare: medico – sanitaria, investigativa, legale e giudiziaria. La Procura di Civitavecchia, grazie al protocollo siglato con l’Asl n. 4 della medesima località, ospita in un ambiente protetto e garante della privacy, locali idonei all’ascolto, garantito da personale sanitario qualificato e da legali specialisti della materia. La mia esperienza fatta sul campo mi dice che la donna vittima di violenza riesce ad affrancarsi dall’aguzzino di turno solo accompagnandola in un percorso di recupero della propria dignità di persona, specie offrendole un’occasione di lavoro perché spesso una madre è costrette a non denunciare per non far mancare un tetto ai propri figli, non dimenticando che un’elevata percentuale di nuclei familiari sono monoreddito. Insieme ai sindaci e a politiche sociali illuminanti si può restituire un futuro a chi non lo ha mai avuto. Per questi obbiettivi di vicinanza concreta e utile alle donne – mogli – amanti, madri nel momento del bisogno noi saremo sempre al loro fianco.
Il Padre
Anticipo l’intervento che farò in una scuola della Campania la prossima settimana perché mi sembra importante far salire sul banco degli imputati le famiglie italiane. L’occasione mi è stata offerta dalla recente lettura di un libro “I colori di Flora e la nave della pace, di Antonietta Natalizio”. Genesi editrice. Ecco di seguito il testo delle riflessioni che svilupperò in Campania la prossima settimana. Confesso che, quando l’autrice mi ha proposto di partecipare a questo evento e addirittura di intervenire, ho avvertito un senso di inadeguatezza: i magistrati, noiosamente, vogliono rimanere nella loro comfort zone regola, la legalità.
Confesso, altresì, di aver letto il libro tutto d’un fiato, un sabato pomeriggio romano e di essermi sentito subito bene, un senso di pace interiore. È stato un gradevole pomeriggio romano, diverso dagli altri: la città eterna, un tempo terrea di fasti, di varie glorie e culla del sapere, quel pomeriggio mi è apparsa ancor più grigia del solito al confronto del mondo di Flora, pieno di colori leggeri che ti mettono di buon umore. Al frastuono del traffico è subentrato il silenzio della natura di mamma Beatrice, di Flora e dei nonni Penelope e Filippo: saperi e valori raccontati dall0’unico vero e autentico polmone di pace che è la famiglia. I saperi e i valori del passato proiettati al presente per vivere meglio. L’amore per il sapere e i principi universali che abbiamo studiato da giovani li abbiamo poi chiusi nel cassetto, preferendo vivere in maniera violenta, aggredendo, ad esempio, la natura che ci circonda con disboscamenti e inquinamenti vari, in nome del Dio denaro. Leggendo il libro, forte è il valore della famiglia, quella di Flora, quella di tanti meridionali come me che l’hanno vissuta ed assaporata. È proprio quella che oggi manca nella nostra società, in specie ai giovani, sempre più soli ed allevati sui marciapiedi delle nostre città. È indubitabile: ai nostri giovani manca la famiglia. Da magistrato ho modo di constatarlo
quotidianamente, dovendo registrare un aumento esponenziale di reati di matrice violenta, consumati all’interno delle mura domestiche da soggetti sempre più isolati e che infieriscono sulle persone più fragili: bullismo ed estorsione in denaro in danno di genitori per l’acquisto di droga ne costituiscono plastica testimonianza. Crescendo, i giovani adulti sfogano le repressioni accumulate nel tempo alzando il tiro contro le donne. Il femminicidio presenta numeri da bollettino di guerra. Al rispetto e all’amore di William verso Flora e di
Achille verso Penelope, oggi è subentrata la violenza quale strumento di prevaricazione sulla donna, intesa come oggetto da possedere, come un arredo e non, invece, come persona da amare e rispettare. Al minimo cenno di riaffermazione della propria dignità di donna l’unica reazione è la punizione graduale: dalle percosse e umiliazioni pubbliche, anche in presenza di minori, allo sterminio dell’intero nucleo familiare in caso di separazione: nessun altro dovrà sostituire il carnefice. Nessuna legislazione penale sarai in grado di porre fine a questa catena di sangue. È l’autrice di questo libro che indica la strada: insegnare divertendo, facendo stare bene con sé stessi e con gli altri. Flora ha saputo ascoltare; è stata educata dalla sua famiglia ad ascoltarne ogni sua vibrazione; a
vivere nel contesto familiare e non al di fuori di esso nell’isolamento. Flora è stata educata ad ascoltare la natura, assaporandone i benefici arrecati anche alla salute e alla psiche, in un equilibrio che ti fa stare bene. Noi genitori moderni, invece, è da tempo che non ascoltiamo più nessuno e non accogliamo gli altri: non abbiamo tempo e deleghiamo ad altri l’ascolto e l’accoglienza, convinti che tutto si possa risolvere ricorrendo al denaro: abbiamo appaltato il futuro dei nostri figli alle baby-sitter e i nostri anziani alle case di riposo. I nostri giovani vengono educati alla legge del marciapiede dove prevale chi è più forte e più violento e in casa sono affidati ad Internet, luogo disseminato di insidie e pericoli. Sono solo le disgrazie, purtroppo, a risvegliare noi adulti e ad interrompere la catena degli impegni quotidiani. Ma ormai è troppo tardi per rimediare e il rimorso sarà l’unico sentimento che ci accompagnerà per tutta la vita. Chiudo ricordando un grave fatto accaduto in Umbria dove ho lavorato in precedenza. Era il luglio di tre anni fa, due giovani, rispettivamente di 15 e 14 anni Flavio e Gianluca, acquistavano da un tossicodipendente il metadone, assunto prima di una partita di calcetto svoltasi in orario serale. Tornati a casa a tarda ora, ognuno nella propria abitazione, non si risveglieranno mai più, passando dalla vita alla morte. Ritengo che insieme al venditore di morte ad uccidere i due giovinetti abbiano contribuito anche il mancato ascolto. Ascolto che, invece e maledettamente, hanno ricevuto da un assassino dall’età di 41 anni. Se avessero conosciuto Flora tutto questo forse non sarebbe accaduto. Spero che questo libro venga letto dal maggior numero di giovani e di giovani adulti possibile e che le famiglie, le parrocchie e le scuole tornino ad ascoltare le nostre future generazioni più che a giudicarle. Grato all’autrice per avermi ri-insegnato ad ascoltare divertendomi, da Alberto Liguori, come uomo più che come magistrato.