Quante volte nella nostra vita è capitato di ritrovare un oggetto che davamo per perso o di cui avevamo dimenticato l’esistenza? E quante volte, invece, è capitato con un film?
Domande lecite provocate dal fatto che sul catalogo dei film disponibili su Netflix è possibile trovare un lungometraggio d’animazione di una Dreamworks ancora agli albori.
Si sta parlando de “La strada per El Dorado” film del 2000 che narra le avventure, o disavventure a seconda dei punti di vista, di Tullio e Miguel due furfanti spagnoli, che dopo aver vinto con dei dadi truccati una mappa per El Dorado da un marinaio, si ritrovano imbarcati sul vascello di Hernan Cortés in direzione del Nuovo Mondo.
I due imbroglioni, grazie a una serie di fortunati eventi, riescono a fuggire dalla prigionia e dalla tortura, promessagli dal conquistador in persona, a raggiungere le coste del Messico prima di chiunque altro, e, grazie alla mappa, trovare la città d’oro.
E’ una volta giunti in questo regno dorato, ricco di flora e di fauna fuori dall’ordinario, che inizia l’avventura dato che il sacerdote Tzekel-Kan, sia a causa di una profezia in procinto di compiersi sia a causa di una rivalità con il capo del posto Tannabok, li presenta al popolo come due dèi.
Interessante è proprio la modalità con cui, nel film, vengono presentati questi ultimi due personaggi, perché Tzekel-Kan, isolato in preghiera, si dimostra annoiato dalla presenza dell’emissario venuto a comunicargli l’arrivo di due uomini bianchi in groppa a un animale sconosciuto (il cavallo), mentre il capo Tannabok viene visto assieme al popolo nell’atto di comunicare con dei bambini, a simboleggiare l’incontro tra genrazioni passate e future. Anche il loro primo approccio con Tullio e Miguel differisce di molto, poiché il sacerdote non pone loro nessuna domanda credendo di essere il depositario della conoscenza divina e vicario degli dèi sulla terra, mentre il secondo, tempestandoli di domande, cerca di comprendere se questi nuovi arrivati siano effettivamente chi dicono di essere e se possano rappresentare una minaccia per il popolo.
Assai interessante e intelligente è l’approccio allo status di dio dei due protagonisti, che vanno a interfacciarsi in chiave ludica con le rappresentazioni di Dio che si hanno nella Bibbia.
Infatti se all’inizio entrambi tentino di essere distanti da ciò che li circonda, poco a poco Miguel, che dei due è il più empatico, esce dal tempio per scoprire quel mondo e facendolo si avvicina al popolo e alla condizione di uomo. Di fatto si fa mortale proprio come Gesù nel nuovo testamento.
Da qui in poi le tematiche vengono approfondite e sembrano strizzare l’occhio alla teoria dei due soli di Dante presentata nel suo trattato politico “De monarchia”.
Questo film non ebbe un grande successo al botteghino, anzi venne considerato un flop, ma grazie alla gente che lo ha visto in tenera età e che lo ha riscoperto negli anni, piano piano, è divenuto un film di culto capace di sciorinare temi complicati e intricati attraverso una storia semplice, ma mai banale, e soprattutto mostra una grinta tipica solo dei primi film Dreamworks, quando era ancora definibile come: “L’anti-disney”.
Claudio Colantuono
Redattore L’agone