28 Ottobre, 2024
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Il ragazzo dai pantaloni rosa

Al Festival del Cinema di Roma presentato il film che racconta il dramma del bullismo

Al Festival del Cinema di Roma, giovedì scorso è stato presentato il film di Margherita Ferri ispirato alla tragica storia vera di Andrea Spezzacatena, il giovane di 15 anni che nel 2012 si tolse la vita a causa di una serie di meschini atti di bullismo.

Il film, tratto dal romanzo scritto dalla madre, Teresa Manes, che ha deciso di vivere il suo dolore sulle sponde del lago di Bracciano, è un condensato di emozioni forti, ben interpretato, sapientemente diretto e sceneggiato.

Ma non è mia intenzione avventurarmi in una disquisizione di critica cinematografica per la quale non ho competenze; piuttosto riportare i tratti fondamentali di un dramma che sa diventare storia di coraggio e memoria di una madre, gesto d’amore non esclusivamente per un figlio ma per tutti i figli di oggi e di domani.

Ho conosciuto Teresa Manes in uno dei tanti seminari tenuti nelle scuole e fin da subito, a colpirmi, concorse la sua dignitosa forza nel portare avanti una campagna di sensibilizzazione sul tema del bullismo; una donna minuta ma con occhi fermi, un garbo e una gentilezza che non lasciano mai spazio al rancore o alla malevolenza.

 

Ieri sera, grazie al suo gesto squisito, ero presente alla prima del film nel suggestivo contesto dell’Auditorium Parco della Musica, dove in una Sala Sinopoli sold out, la storia di Andrea ha provocato parecchi brividi e occhi lucidi.

Teresa, con nobile altruismo, ha condiviso la storia della sua famiglia, non nascondendo le proprie fragilità, forse i propri errori ma indubbiamente anche la dedizione e la totalità del rapporto con Andrea, ragazzo sensibile ed eclettico, pieno di interessi e voglia di scoprire l’amicizia come l’amore senza circoscriverli in canoni preordinati.

La straordinarietà dell’impianto narrativo sta nella commutazione graduale e crescente della gioia di vivere in depressione vissuta dal ragazzo dai pantaloni rosa, appellativo scolpito nella memoria collettiva in ragione della pecca di lavaggio e scoloritura di un bucato di Teresa e coraggioso gesto di rivendicazione della personalità esplosiva e fragile insieme del figlio primogenito.

Una pellicola capace di far sentire Andrea il figlio di ognuno, l’amico che ciascuno vorrebbe trovare, la voce della coscienza che deve diffondersi con urgenza, pandemia di una morale non più rinviabile, manifesto di intolleranza al cinismo e all’indifferenza all’odio e alla sopraffazione.

La voce di Arisa, che ha interpretato la colonna sonora del film, ha portato il messaggio di Andrea alla madre: “sei bella ancora, ricorda di pensare a te nei giorni strani in quelli in cui non credi più”. L’abbraccio del cast a mamma Teresa è stata una carica di commozione passata di cuore in cuore nella folta platea come una scarica elettrica; la sua espressione, forgiata nel dolore e nell’orgoglio, è stata la carezza che ha confortato e compensato l’angoscia di ciascuno.

“Tu che mi hai dato tutto, tu che sei quella parte di me che si unisce al cielo”, dice Andrea alla madre prendendo ancora in prestito la voce di Arisa, “sei bella ancora, ti oscurano le lacrime anche se a volte il sole torna a splendere sul tuo sorriso dimesso e malinconico, perché quel viso stanco
di una donna che più ama, canta fino a quando viene sera da qui all’eternità”.

Sono uscito da quella sala cinematografica con la speranza viva che milioni di ragazze e ragazzi vadano a vedere quel film e in questa storia drammatica, si facciano cellule attive di una revisione d’intenti così che venga riscattata la primavera di ogni esistenza; così, Andrea non sarà volato via invano.
Gianluca Di Pietrantonio
Redattore L’agone

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