25 Novembre, 2024
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C’era una volta la solennità di Ognissanti

Cosa rimane della festività del calendario liturgico romano

La mattina della festività di Ognissanti, nella centralissima via del corso a Roma, sono caduti pezzi di un cornicione della chiesa dei Santi nomi di Gesù e Maria, ferendo, per fortuna in maniera non greve, un cinquantenne che passava lì sotto.

Il segnale del tempo e dell’incuria dell’uomo o un segno di indignazione divina?

Generazioni Boomer, X e Millenials ricorderanno il sapore di questa festività dai colori d’autunno, anticipazione discreta del Natale: tavole apparecchiate con prelibatezze dolci e salate, il calore del focolare, il rintocco delle campane che richiamava le anime defunte e dava loro il benvenuto.

Il giorno successivo, infatti, 2 novembre, è la ricorrenza dei morti, l’usanza diffusa di andare nei cimiteri per lasciare libere le case che devono accogliere le anime dei cari.

Castagne bollite, vino, pane con uvetta, cibi semplici che si pensava potessero dare ristoro alle anime vagabonde; l’usanza antica di consumare un pasto vicino alla tomba di un caro defunto.

I racconti dei nonni, formula chimica di legami familiari e la tradizione per i bambini di andare in giro a chiedere castagne secche e fave, uva passa o fichi secchi, declinazioni regionali diverse ma simili.

E poi i compiti a scuola, con le riflessioni e i propositi su una festività dal timbro cattolico e spirituale, ricorrenza per celebrare e accogliere le anime dei propri cari, tappa cristiana di rispetto e fede.

Forse dovremmo raccontarla così, questa festa, ai nostri ragazzi di oggi, ognuno con i propri ricordi di bambino, pargoli per i quali invece la ricorrenza equivale a un giorno di pausa dalla scuola e da dedicare all’anglosassone, commerciale, pagana Halloween, festival dell’horror, di maschere e zucche, streghette e questue di dolciumi e dispetti al ritmo del motto trick or treating ( “dolcetto o scherzetto”).  Si perde così quel rintocco solenne di campane, tra bambini mascherati con costosi, bizzarri, mostruosi accessori e adulti distratti dall’imminente black Friday, schiume colorate e dispetti al posto di composti gesti di rispettosa commemorazione. Probabilmente il dramma risiede nel fatto che l’una tradizione esclude l’altra; consentiamo ai nostri ragazzi di interpretare ed esibire fantasmi e scheletri nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre dandogli licenza agli scherzi e ai travestimenti macabri e alle processioni di zucche intagliate e illuminate dall’interno ma non li esortiamo a ricordar chi non c’è più, il valore di una candela che ne rappresenta la luce che brilla nell’oscurità e il loro ricordo eterno. Progresso dei tempi, si potrebbe assumere; ma progredire vuol dire andare avanti e alla luce di quello che è sotto gli occhi di tutti, forse dovremmo interrogaci se davvero li stiamo portando verso l’evoluzione i nostri ragazzi. Chissà, invece, che il distacco del cornicione della chiesa di Roma non sia un cenno divino di disapprovazione che dovremmo interpretare e su cui dovremmo riflettere.

Gianluca Di Pietrantonio
Redattore L’agone

 

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