Un volo al di sopra del quotidiano
Nei primi giorni di novembre, il Chiostro degli Agostiniani di Bracciano ha ospitato la mostra personale del pittore Cristiano Guitarrini intitolata “Frontiere dell’ordinario”. Un percorso tematico e non cronologico, citando l’artista, che parte da oggetti di uso comune fino ad arrivare ad autoritratti e ritratti familiari. Il titolo “Frontiere dell’ordinario” riassume l’intento del pittore, ovvero parlare del quotidiano come momento di rivelazione dell’oggetto che si ha di fronte, instaurando con esso una connessione significativa. Il pane, una busta, una foglia secca, della frutta, dei fiori sono soggetti alla portata di ognuno di noi, tutti i giorni. Ciò che Cristiano Guitarrini vuole trasmettere su tela è quanto questi oggetti non si limitino ad una funzione pratica, ma nascondano al loro interno un significato più recondito, una certa spiritualità che trascende dalla definizione ordinaria che attribuiamo. Foglie secche o buste usate assumono un valore più significativo e profondo quando vi entriamo in relazione; ed è proprio così che l’oggetto identificato diventa un pretesto per parlare a noi stessi attraverso un dialogo interiore.
Altro protagonista della mostra è la luce e la relazione che questa instaura con i diversi soggetti rappresentati. Grazie alla tecnica dell’acquerello i dipinti appaiono luminosi, investiti di un’aura sacrale che eleva l’oggetto quotidiano dalla sua ordinarietà.
A differenza di come potrebbe sembrare, i titoli attribuiti dall’artista a ciascun quadro non sono didascalici, bensì presentano una chiave interpretativa che si limita a rivelare solo un aspetto dell’opera; tutto il resto è lasciato all’osservatore. È il caso di “In alto”, quadro che ritrae una busta della spesa vista dall’alto, che non sta ad indicare un punto di vista, ma a simboleggiare un’ascensione dell’oggetto stesso.
Dopo la natura morta, una sezione è dedicata ai fiori: il soggetto più difficile da rappresentare, a detta dell’autore, perché mutevole ed estremante delicato, simbolo di leggiadria e impalpabilità, perciò il più complesso con cui entrare in relazione.
Cristiano Guitarrini ripropone su tela quello che in letteratura si identifica come “correlativo oggettivo”, ovvero uno scambio tra vissuto personale e ciò che evoca il soggetto rappresentato.
Proseguendo il percorso dell’artista, è possibile ammirare alcuni quadri che hanno come protagonista il Castello di Bracciano. Questi lavori sono stati realizzati dal vero e più precisamente dalla finestra dello studio del pittore, il quale afferma come il Castello sia diventato “una presenza” nel suo quotidiano. All’interno della sua poetica, l’architettura dei luoghi a cui è legato ha una forte valenza sentimentale e simbolica: Bracciano, Roma e Palermo, capoluogo dell’anima dell’artista. Ruolo importante assume l’effetto della storia sul tempo presente e il valore della memoria. È proprio per questo rapporto col passato che Cristiano Guitarrini decide di rappresentare il Colosseo ponendolo a confronto con la crocifissione di Gesù Cristo. Un dialogo importante tra il Colosseo, riferimento storico, e la Crocifissione, aspetto sacro; due storie apparentemente diverse e lontane, ma che il pittore mette in relazione dimostrando come la religione cristiana tocchi ognuno di noi a prescindere dalla propria professione di fede. L’architettura non è un qualcosa di morto, ma al contrario è viva e legata ad una certa carnalità ed è proprio la pietra illuminata in un certo modo a suscitare un qualcosa di nuovo in chi la osserva con cura e attenzione.
I quadri realizzati nel 2012 sono incentrati su argomenti sociali e di cronaca; tuttavia, l’artista decide di non rappresentarli asetticamente, ma di dare loro un aspetto di trasfigurazione. Il dramma è presente, ma in una dimensione salvifica e tutto questo è possibile grazie alla presenza immancabile della luce. In questa sezione spiccano scene nel metrò dove emerge un’umanità sofferente a testimonianza di quanto sia eroico vivere tutti i giorni il quotidiano.
Chiude la mostra una sezione completamente dedicata all’autoritratto e agli affetti familiari. L’autoritratto è vissuto dall’autore stesso come un’autoanalisi necessaria. “Dove sono”: una domanda che diventa un’affermazione e che rappresenta dove si trova il soggetto in quel preciso momento, senza pensare a cosa è stato o a cosa sarà. E a seguire “Ascoltare domani”, il ritratto della figlia che ai suoi occhi è l’incarnazione del futuro, la speranza in un domani migliore. L’ultimo quadro, “Sentieri liberi” ritrae la figlia mentre sogna di volare sopra il Castello degli Odescalchi. Un’atmosfera onirica che ci lascia credere che tutto ciò che abbiamo visto sia frutto di un sogno, un volo che ci ha resi liberi elevandoci al di sopra del quotidiano.
Aurora Milana
Redattrice L’agone