A proposito del rifacimento di alcune strade in 48 Comuni del Lazio
Martedì 5 novembre si è svolta alla Pisana la “Commissione trasparenza”, richiesta dal Gruppo del Partito democratico, per ottenere dall’assessore al Bilancio Giancarlo Righini tutti i chiarimenti necessari di merito e di metodo intorno alla famosa “delibera fantasma” – di cui sempre il Partito democratico ha da subito richiesto il ritiro – sui finanziamenti per il rifacimento di alcune strade in quarantotto Comuni del Lazio, apparsa sui social prima ancora che in riunione di Giunta.
La vicenda è nota: ancora prima che gli stessi assessori regionali sapessero che la delibera in oggetto sarebbe stata inserita “fuori sacco” in occasione della Giunta del 24 ottobre, sul profilo Facebook di un’ex consigliera comunale di Monte San Giovanni Campano, in provincia di Frosinone, esponente della Lega, appariva un post della stessa che annunciava, rivendicandone il merito, l’arrivo al suo Comune di quattrocentomila euro per il rifacimento di quattro strade che in realtà, chiarirà poi il sindaco del paese, sarebbero dovute essere sei.
Un provvedimento talmente urgente da indurre l’assessore al Bilancio ad anticipare il suo rientro dagli Stati Uniti, dove si trovava in missione con il presidente Rocca, per non far scadere i termini fissati dalla legge statale 145.
Gravità e riservatezza
Il primo a stigmatizzare duramente il fatto il senatore Claudio Fazzone, coordinatore di Forza Italia nel Lazio, che, intercettato dall’agenzia Dire, lo definì “grave dal punto di vista dell’etica e della riservatezza degli atti amministrativi”.
Una dichiarazione che ha avuto subito l’effetto di gettare ulteriore benzina su una crisi infinita che da luglio vede contrapposti l’uno contro l’altro tutti i partiti di maggioranza in un processo di disfacimento che nemmeno il governatore Rocca, al di là dei reiterati annunci, è riuscito a frenare.
Su Righini unità di facciata
E benché all’esito della Commissione del 5 novembre le dichiarazioni di facciata dei capigruppo di maggioranza siano state tese a confermare piena fiducia a Righini, né le sue spiegazioni né quelle di Manuela Rinaldi, l’altra assessora di Fratelli d’Italia coinvolta, sono risultate soddisfacenti a chiarire i tanti e troppi dubbi che la vicenda ha sollevato.
Come ha illustrato nella sua relazione introduttiva il presidente della “Commissione trasparenza” Massimiliano Valeriani, ci si è trovati di fronte a scelte di governo che “definanziano gli interventi per la messa in sicurezza delle scuole per ottantotto milioni e tolgono risorse dai nodi di scambio, dall’abbattimento delle barriere architettoniche, dai piani di zona per le opere primarie di urbanizzazione, dalla gestione delle strade di diretta competenza della Regione per un totale di centocinquanta milioni di euro” per spostarli sulla manutenzione delle strade dei Comuni in stragrande maggioranza, circa l’85%, a guida centrodestra.
Gare e graduatoria pubblica
Eliminando, contemporaneamente, il sistema delle gare e della graduatoria pubblica per questo tipo di interventi e distribuendo risorse senza criteri oggettivi secondo una logica “a sportello” andando a penalizzare i Comuni che, dopo aver partecipato ai bandi e trovandosi in graduatoria si aspettavano finanziamenti per il 2025 e le successive annualità mentre invece – ha spiegato ancora Valeriani – non avranno più nulla.
Ma è soprattutto sul metodo che, al di là degli aspetti amministrativi, le opposizioni hanno unitamente fatto sentire la propria voce denunciando la assoluta mancanza di trasparenza nell’iter di stesura, condivisione e approvazione del provvedimento.
E se nel merito saranno necessari – e sono stati già richiesti – ulteriori approfondimenti, è in nome del decoro istituzionale che il Partito Democratico ha richiesto da parte del presidente Rocca una doverosa riflessione sul ruolo in Giunta di Giancarlo Righini.
Difetto doppio
Da questo punto di vista, secondo i dem, il difetto della maggioranza è stato doppio: da parte dell’assessore Righini nella gestione, in evidente conflitto d’interessi, del percorso del provvedimento in questione e da parte del resto della Giunta nel non valutare poi come obbligatorio il ritiro di un atto viziato da gravi opacità.
«Non si dovrebbe, ma si può sbagliare – ha detto Ciarla in Commissione – sanare l’errore è però un segnale importante». Un segnale che, ostentatamente la maggioranza di centrodestra che guida il Lazio, nel disperato tentativo di camuffare il fallimento del proprio progetto di governo e la disfatta dei rapporti interni, ha scelto di non voler inviare.