4 Dicembre, 2024
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67° Festival dello Zecchino d’oro: vince “diventare un albero”

Ha aperto il mese di dicembre la finale del 67° Festival dello Zecchino d’oro, trasmessa in diretta su Rai 1 dallo storico Teatro dell’Antoniano di Bologna e condotta da Carolina Benvenga e Lorenzo Baglioni, sotto la direzione artistica e la conduzione di Carlo Conti. Le quattordici canzoni in gara si sono sfidate, decretando un’unica canzone vincitrice: “Diventare un albero”, eseguita dalla romagnola Anna Sole Dalmonte (9 anni) accompagnata dalle meravigliose voci bianche del Piccolo Coro dell’Antoniano. Il testo della canzone vincitrice è stato scritto e composto da Rebecca Pecoriello, Nicola Marotta, Luca Argentero, Stefano Francioni. Il brano affronta un tema molto profondo e universale: la bellezza di cogliere ogni attimo della nostra vita, senza avere troppa fretta di crescere e diventare adulti. Il semino della canzone riuscirà un giorno a diventare una bellissima quercia, ma questo accadrà solo dopo aver visto le bellezze che lo circondano e aver vissuto a pieno ogni momento della sua esistenza. Nella canzone è possibile notare quanto sia importante porre domande a chi è più grande di noi perché può darci risposte utili per la vita. Infatti, il semino chiede al fiore perché non può crescere ed essere grande e questo gli risponde: «se poi saprai aspettare, un giorno vedrai dall’alto / nuvole, tetti, giraffe e il mare / Sfiderai il vento anche in un temporale / Ti puoi fidare perché sai / Ci vuole tempo a diventare un albero». Quello che il fiore vuole spiegare al piccolo seme è che adesso non sarebbe pronto a superare le difficoltà della vita, ma crescendo troverà gli strumenti necessari ad affrontare ogni momento.

Un Festival che ha trattato dei temi molto sentiti e di interesse globale come l’inclusività e la bellezza di essere diversi. È il caso del brano: “Coccinella sfortunella” che parla di una coccinella con pochi puntini sulla schiena. Questa sua particolarità fa pensare a tutti che possa portare sfortuna e perciò la tengono lontana; sarà una bambina a spiegare alla coccinella che: «chi ti dice che sei strano non sopporta / che la fortuna è proprio la diversità». Fino ad approdare ad uno dei temi più controversi del nostro secolo: pro e contro della tecnologia. “Il principe Futù” parla proprio di come l’intelligenza artificiale, se usata in maniera impropria e con assiduità, possa uccidere la capacità di pensare e la creatività umana. Il principe Futù viene così descritto: «ogni cosa la risolve con un click / La sua intelligenza è un poco artificiale / trova le risposte, ma non pensa più»; una velata critica a quello che sta accadendo a scuola o a lavoro. Segue una descrizione distopica, ma non così tanto lontana dalla realtà: «Le macchine che guidano da sole giù in città / le foto che ci mostrano persone senza età / bambini che non han bisogno di studiare / tanto c’è il computer che lo fa / Androidi gastronomici cucinano il ragù / ma dentro al ristorante il bravo cuoco non c’è più». La canzone termina con una bambina che afferma: «E comunque il ragù lo fa meglio mia nonna!», a testimonianza di quanto ci sia bisogno di tradizione e umanità per essere davvero all’avanguardia.

Aurora Milana

Redattrice L’agone

 

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