Nell’oscurità della guerra, dove il rumore delle sirene e il frastuono delle esplosioni spezzano i silenzi della notte, c’è un luogo in cui la luce resiste: l’oratorio della Congregazione Don Orione a Kiev. Qui, tra muri che custodiscono le risate e i sogni spezzati, i bambini trovano il coraggio di esprimere ciò che vedono e sentono. Non con parole difficili, ma con disegni che gridano ciò che la loro voce non riesce a dire.
I disegni raccontano. Ogni tratto, ogni colore scelto da mani tremanti parla di un mondo infranto. Case fumanti, cieli neri attraversati da missili, volti tristi che si aggrappano a una speranza. E poi, tra le macerie, i raggi del sole, i fiori che spuntano dal cemento, una colomba che vola verso l’alto. In quei fogli c’è il cuore dei bambini, un’innocenza ferita ma non distrutta, un’umanità che cerca di farsi sentire.
Tra i tanti messaggi che accompagnano i loro disegni, uno spicca per la sua semplicità disarmante: “Come vedi la guerra tu?”. Una domanda diretta, che non permette fughe o risposte superficiali. Non è solo un invito alla riflessione, ma un appello alla responsabilità. Questi bambini non chiedono pietà, ma consapevolezza.
La guerra, nei loro occhi, non è una questione geopolitica, non è un dibattito tra leader o una pagina di storia. È la paura che ti sveglia di notte, il freddo nei rifugi, il sapore amaro di una vita stravolta. È la perdita di un amico, l’assenza di un padre, il silenzio di una madre che guarda lontano, cercando una speranza.
Eppure, nei loro disegni non c’è solo il buio. C’è la luce di chi, nonostante tutto, continua a credere. Credere che il mondo possa cambiare, che qualcuno là fuori, osservando quei fogli colorati, possa trovare il coraggio di rispondere a quella domanda.
Noi, come vediamo la guerra? Forse attraverso gli schermi, dai numeri di un notiziario o dalle immagini di distruzione che sfuggono troppo in fretta. Ma loro ce la mostrano attraverso ciò che conta davvero: la vita umana.
Questi bambini ci chiedono di guardare la guerra con occhi nuovi, di non girare la testa, di trasformare la compassione in azione. I loro disegni sono molto più di semplici immagini: sono una richiesta di pace, un richiamo a non dimenticare, un atto di speranza lanciato al mondo intero.
E allora, mentre i loro colori cercano di abbattere i muri dell’indifferenza, la loro domanda resta lì, sospesa: “Come vedi la guerra tu?”. Rispondere spetta a noi.