7 Febbraio, 2025
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Accesso alle cure in Italia, il ruolo dell’Unione europea

La Costituzione della Repubblica Italiana, approvata nel dicembre 1947, sancisce l’accesso alle cure come un diritto della persona. Un principio di giustizia sociale che ha dovuto attendere il 1978 per trovare applicazione nella istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Successivamente, negli anni ’80 l’organizzazione della sanità nel nostro paese è divenuta progressivamente più solida e, pur con differenze territoriali tra nord e sud, si è raggiunta la possibilità di garantire a tutti le cure, anche le più sofisticate e costose. Dagli anni ’40 a oggi, alcuni cambiamenti rilevanti e positivi sono accaduti: è raddoppiata l’aspettativa di vita e sono state inventate nuove straordinarie forme di terapia. Nei miei anni di formazione presso il Policlinico Gemelli di Roma (oggi considerato il miglior ospedale italiano per risultati nelle cure) venni formato in un modo che oggi si può forse considerare obsoleto. Se un paziente di 87 anni giungeva al pronto soccorso con i sintomi di un infarto in atto, ci veniva insegnato che avremmo dovuto dialogare con i familiari nel modo più empatico possibile e spiegare che il modo migliore per assistere il loro congiunto fosse condurlo a casa e curarlo con amore nelle ultime fasi della sua vita. Oggi quello stesso paziente di 87 anni viene immediatamente considerato un cosiddetto “codice rosso” e avviato nel reparto di emodinamica dove nell’ora successiva viene verificata l’occlusione di una o più arterie coronarie e valutato il posizionamento di stent, speciali “tubicini” che riaprono immediatamente il flusso del sangue. In pochi giorni, il paziente ritorna alla sua vita abituale. Un altro fatto rilevante negli ultimi decenni è stata la riforma della Costituzione che nel 2001 ha affidato l’organizzazione della sanità alle Regioni, creando di fatto una frammentazione in venti diversi sistemi sanitari. Questi due fatti, uno antropologico e l’altro politico, hanno avuto un impatto profondo su quanto le nostre madri e padri costituenti avevano saggiamente indicato nel 1947. Da un lato, il progresso della medicina e della chirurgia ci permettono di vivere non solo più a lungo ma con una migliore qualità della vita. Dall’altro il costo degli strumenti medici e chirurgici e dei farmaci è aumentato in modo esponenziale. Inoltre, la frammentazione del Servizio Sanitario Nazionale in venti Servizi Sanitari Regionali ha reso più complesso il controllo dei bilanci per la salute pubblica: fatto certificato dall’esistenza di Regioni che riescono a garantire le cure senza sforare il bilancio e di altre che sono essenzialmente in bancarotta e per le quali è necessario l’intervento e il controllo sostitutivo dello Stato. Tutto questo ha frantumato le giuste decisioni del 1947, non solo perché il Servizio Sanitario Nazionale è stato sostituito da venti Servizi Regionali, ma, fatto ancor più grave, perché esistono ormai due percorsi separati nell’accesso alle cure. Uno pubblico con tempi di attesa sovente incompatibili con la malattia, e uno privato con accesso immediato alle cure. Un processo, quest’ultimo, che si sta consolidando in tutti i paesi dell’Unione Europea, persino in quelli, come la Germania, dove il concetto di equità ed eguaglianza rispetto alle cure venne affermato oltre cento anni fa. Per tutti questi motivi ritengo che sia importantissima la recente istituzione di una Commissione Permanente sulla Salute Pubblica nel Parlamento Europeo. I suoi quarantatre membri devono affrontare una sfida antica oggi resa ancora più ardua: rendere l’accesso alle cure qualcosa che ci renda eguali.

Ignazio Marino

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