Ladispoli ed il suo territorio una realtà che viene da un tempo molto lontano
Diciamo subito che Ladispoli ed il suo territorio, del quale andiamo a parlare, anche se di primo acchito non sembrerebbe affatto, fu abitata dall’uomo fin dal periodo del tardo neolitico (2.500/3.000 a.C.) una datazione che è avvenuta tramite il rinvenimento di varie punte di freccia ritrovate nella zona della palude di Torre Flavia ed i segni delle palafitte sul fiume Vaccina, ma non è così anche perché le recenti e molto approfondite ricerche storiche effettuate dal sottoscritto,
ci portano ad un grande studioso francese, archeologo e geologo di chiarissima fama, che ha scritto trattati e libri importantissimi a livello europeo, che di nome fa Jacques-Boucher de Perthes nel 1820 ritrovò nelle grotte di Palo (quindi in pieno territorio di Ladispoli) i resti di ossa di animali e di oggetti lavorati dall’uomo ma siamo in pieno Pleistocene Superiore quindi 115.000 anni fa c.a, grotte di Palo ove l’uomo preistorico si riparava dalle continue eruzioni del Vulcano Sabatino, che come tutti i laghi della nostra regione, era un vulcano il quale ha letteralmente scagliato le sue realtà laviche, più lontane, formando gli Scoglietti di Furbara.
Lo stesso bravissimo e precisissimo studioso ritrovò nelle grotte di Torre in Pietra i resti dell’uomo preistorico più antichi mai ritrovati nel Lazio e qui siamo addirittura a 150.000 fa c.a. Mentre il nome attuale di Ladispoli (la cui origine è sicuramente più nota) deriva dal nome del principe Ladislao Odescalchi, proprietario dei pertinenti terreni locali, che ne volle l’inizio della sua costruzione verso la fine dell’anno Milleottocento dopo Cristo. Il termine di Ladispoli fa riferimento appunto al suo fondatore visto che il suo etimo proviene dal greco: Polis Ladislao – Città di Ladislao, ergo, in posposizione, Ladispoli. Per procedere con un certo ordine nella narrazione chi scrive ha pensato di iniziare con il raccontare, partendo da sud, quanto di storico archeologico è ancora sufficientemente visibile e visitabile: Le sue ville antico romane site sul suo litorale, un luogo molto ambito anche nell’antichità vuoi per la sua intriseca bellezza e salubrità, vuoi per la sua antica amena tranquillità nonostante la sempre vicinanza con Roma. Splendide ville costiere, delle quali Ladispoli conserva i resti archeologici e che hanno avuto una “vita” di almeno 500 anni visto e considerato che lo scrittore e poeta Rutilio Namaziano (considerato l’ultimo poeta della latinità pur essendo un francese che ritornava nella “ sua” Gallia) nella sua opera “De reditu suo” (Sul proprio ritorno) navigando, non lontano dalla costa su di una feluca, ormai era “caduto” l’Impero Romano d’Occidente e le vie stradali, che pure c’erano in abbondanza ed erano molto ben disegnate e costruite, risultavano “infestate” dai Goti e dai Visigoti durante il suo ritorno in patria ( che abbiamo detto essere la Gallia), siamo nel V secolo dopo la nascita di Cristo esattamente nel 416 p.C.n., le cita ancora ma tutte erano state costruite ben prima. Vado alla specifica narrazione: Gli antichi romani nobili e ricchi o semplicemente ricchi, amavano incredibilmente il mare e le sue rive ove si facevano costruire delle vere e proprie ville, alcune delle quali di dimensioni veramente inusitate e dotate di tutte le comodità all’epoca possibili ed abbellite in maniera sfarzosa chiamando all’uopo i migliori artisti ed artigiani, all’epoca disponibili sul mercato, cosa che è andata ad evidenziarsi, in modo incontrovertibile, attraverso i ritrovamenti archeologici. Queste ville marine erano, fra l’altro, spesso anche dotate di porti per l’attracco e di peschiere, andando così a proseguire la loro estensione strutturale nel salato elemento liquido. Fra le zone più appetite, in prossimità di Roma, vi fu quella di Alsium (dal greco als – sale -, fra l’altro per i Greci il sale era il simbolo dell’ospitalità; Alsium fondata addirittura dai “mitici” Pelasgi dal latino pelagus che significa mare – ndr) ed in proposito basta leggere (ovviamente in latino) Valerio Massimo e Marco Tullio Cicerone per sapere che qui erano situate le grandi sfarzose ville possedute da Gaio Giulio Cesare, Gneo Pompeo Magno, Eliogabalo (Marco Aurelio Antonino), Sallustio,Virginio Rufo, Marco Emilio Lepido Porcina ( costui console, ma oratore ignorante di leggi cfr. Cicerone), Murena, Dida, insomma un concentrato incredibile di personaggi (storicamente non tutti fortunati). Una realtà incontrovertibile se, pure ai nostri giorni, in meno di quattro chilometri lineari, si evidenziano i resti (sulla terraferma e sott’acqua) di ben quattro di queste antiche e sontuose ville antico romane: Quella imperiale “cosiddetta” di Pompeo a Marina di San Nicola, estesa per almeno 5 ettari, affatto tutti scavati, la quale possedeva anche un approdo tutto suo nonostante quello del vicino Alsium (posto, ovviamente sul mare, sotto l’attuale castello Odescalchi già di proprietà degli Orsini – vds Torre Flavia edificata da Flavio Orsini) fosse ancora in attività ed annoverava una calcolata schiera di almeno duecento schiavi dei quali alcuni piuttosto colti, (questi, in genere, provenienti dalla Grecia), quella della Posta Vecchia a Palo ed ancora verso nord quelle di piazza della Rugiada e poi quella di Torre Flavia sempre nel territorio di Ladispoli. Fra queste ville quella che ha restituito i maggiori reperti è sita sotto le fondamenta della Posta Vecchia edificio questo, voluto dagli Orsini/Odescalchi, fatto costruire nel diciassettesimo secolo ed usato, in varie riprese, come dogana, albergo, luogo di ristoro e stazione di posta dello Stato Pontificio. Nel 1918 la Posta Vecchia fu distrutta da un incendio e rimase abbandonata fino a quando, cinquanta anni dopo, il proprietario d’allora, il miliardario americano Paul Getty, decise di farla restaurare e fu proprio in quella occasione che, nei sotterranei, emersero i magnifici resti di una grande villa marittima romana di proprietà imperiale, come attestato da alcune scritte rinvenute in loco, con resti murari databili dal I sec. a.C. al II sec. p.C.n. e poi splendidi mosaici policromi e pavimenti musivi dai motivi floreali, stoviglie in ceramica italica ed africana, anfore vinarie, oggetti per il trucco e marmi provenienti dall’Africa, dalla Grecia e dall’Italia. Vi sono pure altri ambienti minori, non visitabili, a cui si accede, scendendo, tramite una piccola porta posta nelle cucine dell’attuale superstellato hotel. Sotto parte dei giardini sono state scoperte anche un’enorme cisterna per la raccolta delle acque piovane, un lungo corridoio ed alcune piccole stanze. Durante lo scavo della piscina sono stati ivi rinvenuti i resti di una piccola domus con tanto di atrio e stanze annesse, nello specifico si tratta della più antica casa repertata in zona che potrebbe addirittura appartenere all’insediamento urbano della “mitica” Alsium pelasgica. Ma vi sono ancora due ville antico romane pertinenti la zona dell’odierna Ladispoli, quella di Piazza della Rugiada con i suoi mosaici, i resti delle stanze e la sua bella cisterna e probabilmente altre strutture sepolte sotto le attuali abitazioni, fra l’altro sul lungomare sud di Marina di Palo si vedono ancora gli importanti resti di un antico mausoleo che era su due piani con scala esterna ed apparteneva alla famiglia degli Erenni e poi ancora, a nord di Ladispoli, la grande villa posta sotto Torre Flavia, ma ormai sommersa dalla forte ingressione marina (negli ultimi 2.000 anni il mare sul nostro litorale è “salito” verso la terraferma di 1,50/2,00 mt.) della quale però nelle foto di inizio ‘900 si vedono ancora le monumentali opere murarie in opera reticolata. Una villa anche questa talmente estesa che alcuni studiosi sostengono che la grande costruzione circolare ora sommersa (una peschiera o un delizioso triclinio marino?) posto un poco più avanti, verso Ladispoli, di Ezio alla Torretta, ove ora più o meno, inizia la spiaggia di Campo di Mare, fosse una sua importante pertinenza. Ci sono anche da segnalare, a poco più un centinaio di metri dal mare, i resti (siamo nell’area dell’attuale via Rapallo praticamente nel centro dell’attuale città) di una villa rustica antico romana, della quale è ancora ben visibile il suo bel cripto portico, questo sempre per dire, ulteriormente, quanto fosse appetita dai romani questa specifica zona costiera. Fra l’altro se si presta una certa attenzione alla stratigrafia della duna costiera, nella zona che precede il lungomare di Palo, si possono anche distinguere frammenti di terrecotte antico – romane ed etrusche ed anche di buccheri etruschi, oltre che resti di latercoli (mattoni antico romani). E poi entrando nell’entroterra va sicuramente citato l’ambito storico – archeologico delle Piane di Vaccina, sito nell’attuale quartiere “Miami”, ove non mancano affatto i ritrovamenti archeologici, infatti su di una collinetta posta sopra il fosso Vaccina si può ancora vedere la struttura di una grande cisterna romana che forse faceva parte di una villa rustica. Di rilevante ci sono anche dei ritrovamenti risalenti al periodo ostrogoto (siamo alla caduta dell’impero romano) con varie tombe a cappuccina, dei quali una appartenente ad una giovane seppellita con un anello d’oro e due spille (fibule) d’argento dorato a forma di cicala. A valle della suddetta cisterna, sempre sul fosso Vaccina, sono presenti i resti di un ponte antico romano chiamato Ponte dell’Incastro con vicino i resti di una strada in basoli di epoca antico romana. Superata l’attuale via Aurelia, sul rilievo sovrastante sempre il Vaccina, ci sono i resti archeologici di una necropoli etrusca di cui sono state riportate alla luce una sessantina di tombe, cosiddette a camera, risalenti al Settimo e Sesto secolo a.C. Sopra i resti della necropoli, in epoca romana, fu costruita una villa provvista anche di un, non grande, impianto termale del quale i resti sono ancora visibili. E visto che abbiamo parlato di questo fiume vale proprio la pena di citare due antichi autori i quali già scrissero del Vaccina (ovviamente come veniva nomato all’epoca) in due loro fondamentali opere e parlo di Publio Virgilio Marone e di Plinio il Vecchio. Scrive il mantovano (per l’esattezza nacque ad Andes, ora Pietole Vecchia, nel territorio di Mantova) Virgilio nella sua opera maggiore l’Eneide nel libro ottavo al verso 597 : “…. quadripedante putrem sonitu quatit ungula campum. est ingens gelidum lucus prope Caeritis amnem, religione patrum late sacer; …”. E Plinio il Vecchio (il comasco Gaio Plinio Secondo) anche lui nella sua opera più importante che è la Naturalis historiae cita il Vaccina nel libro terzo al verso 51 “… a populo Romano deducta Graviscae, Castrum Novum, Pyrgi, Caeretanus amnis et ipsum Caere intus …”, quindi, come è dato a vedere, quello che attualmente è citato come il fosso Vaccina era già un antico fiume molto noto. Fra l’altro, fra storia e leggenda, si narra che presso di esso sbarcò Enea (su questo sbarco c’è la certezza della citazione sempre di Virgilio, sempre nel libro ottavo dell’Eneide) che poi lo risalì per ricevere, nella zona cosiddetta delle Ferriere, le armi fatate donategli dalla madre Afrodite (e qui, per questa specifica, siamo un po’ nella leggenda). E sempre a proposito degli antichi ritrovamenti effettuati nel territorio dell’attuale Ladispoli va detto che in località Monteroni (siamo lungo l’antico tracciato della via Aurelia) presso l’omonimo “Castellaccio” sorgeva una grande necropoli etrusca risalente al VI e V secolo a.C., necropoli che continuò poi ad essere utilizzata anche durante il periodo romano. Fra l’altro degli scavi archeologici effettuati nel 1839, a seguito di un finanziamento effettuato in proposito dalla Duchessa di Sermoneta, appassionata archeofila, portarono alla scoperta di molte tombe orientalizzanti. Vi è poi da dire che, ad un “ tiro di biga”, nelle colline di Caere, l’odierna Cerveteri, (Caere per gli antico romani, Caisra per gli Etruschi, Agylla per i greci – ndr) vi erano, nella zona di Pian della Carlotta al Sasso, le antiche Aquae Caeretanae, terme rinomatissime fin dai tempi degli etruschi, che Celio Aureliano, medico antico romano specializzato in idroterapia, scrisse che erano le più calde di tutto il suolo italico, ed, a proposito di ciò, è noto come gli antico romani amassero il termalismo in tutte le sue accezioni. E sempre a proposito del territorio di Ladispoli va anche detto che sì è molto ricco di storia tardo antica ma anche medioevale e non si può dimenticare in proposito sia il castello Odescalchi ( già degli Orsini), splendido maniero posto sul mare, eretto in prossimità della Turris de Pulvereio risalente al 1132, la Torre Flavia (simbolo della città) voluta da Flavio Orsini verso la metà del Millecinquecento e costruita sui resti di una, succitata, villa antico romana ed ancora il notevolissimo “Castellaccio” di Monteroni edificato nel Millequattrocento lungo l’antico tracciato della Via Aurelia, splendido edificio medioevale provvisto di quattro torri angolari merlate che,per secoli, ha svolto la funzione di, molto frequentata, stazione di sosta che vide anche il passaggio e la presenza di importanti personaggi quali i poeti Belli e Pascarella, lo storico Canina ed il famoso viaggiatore e narratore del romanticismo, l’inglese George Dennis. Va sottolineato come Ladispoli sia conchiusa a sud ed a nord da due splendide realtà ambientali: A sud da quella rappresenta dall’oasi del Bosco di Palo ed a nord dall’oasi della Palude di Torre Flavia. L’oasi di Palo è estremamente interessante vuoi che per la sua flora, in parte importata proprio dal principe Odescalchi che era un appassionato ed un esperto in materia che per sua la abbondante fauna stanziale,sia diurna che notturna e sia terrestre che aerea la quale si avvale in determinati periodi dell’anno anche di molti uccelli che fanno sosta durante le loro periodiche migrazioni. A nord s’impone, alla massima attenzione ambientale, l’area, anche questa protetta come quella di Palo, della palude di Torre Flavia luogo molto ricco della tipica vegetazione mediterranea delle zone salmastre ed altrettanto ricco di volatili specializzati, che la hanno scelta pure per le loro nidificazioni, nonché anche di situazioni ittiche di tutto riguardo che ben si integrano con le varie realtà avicole ivi presenti rappresentandone pure una più che importante riserva di cibo. C’è poi un ambito tutto marino che va considerato nella importante giusta dimensione che gli appartiene uno è quello della antico romana Nave dei Doli con il recupero di essi effettuati, a 12 metri di profondità, a quasi un miglio di distanza, dal 1983 al 1985, di fronte a Torre Flavia, insieme ad altri reperti il tutto attualmente esposto al Museo del Mare e della Navigazione Antica del castello di Santa Severa; dolia, alcuni dei quali di oltre duemila litri, trasportanti vino appartenenti alla famiglia dei Pirani di Minturno come esplicitato da alcuni bolli rilevabili sulla “bocca” degli stessi. Sempre nel mare antistante Torre Flavia e sempre sott’acqua, in questo caso a livello ambientale, vi è da dire, che da pochi anni, a circa mezzo miglio dalla riva si sta formando una notevole barriera corallina che già ascende alla lunghezza di oltre un centinaio di metri, in proposito gli esperti dichiarano che ciò sta accadendo a causa dei mutamenti climatici che stanno aumentando la temperatura del mare.
Arnaldo Gioacchini
Membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale; Delegato del Sindaco di Ladispoli alla Valorizzazione Storica ed Archeologica della Città.