9 Aprile, 2025
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Educare alla pace sin dall’infanzia intervista ad Adelia Lucattini

Intervista ad Adelia Lucattini, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana

La psicoanalisi ha offerto contributi significativi all’educazione alla pace, specialmente attraverso la comprensione dell’importanza delle prime esperienze di vita e delle relazioni di attaccamento. La psicoanalisi sottolinea anche come le esperienze infantili modellino la personalità e la capacità di relazionarsi con gli altri. Esperienze positive e sicure promuovono la fiducia, l’empatia e la capacità di risolvere pacificamente i conflitti. Esperienze traumatiche o insicure possono portare a difficoltà relazionali e comportamenti aggressivi. La sicurezza emotiva favorisce la fiducia negli altri e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo.  Educare alla pace fin dalla prima infanzia, secondo la prospettiva psicoanalitica, implica quindi creare ambienti che favoriscano attaccamenti sicuri e fornire modelli di comportamento basati sulla comprensione e sulla gestione positiva delle emozioni. Questo approccio contribuisce a formare individui capaci di instaurare relazioni armoniose e di affrontare i conflitti in modo non violento. È stato dimostrato scientificamente che è possibile creare la cosiddetta “Psicologia della pace”, essa è efficace nel gestire i conflitti e favorire dunque la pace. Di  questo e molto altro, ne parliamo oggi con la Dott.ssa Adelia Lucattini, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana

Lucattini: “Centrale è il ruolo della prevenzione dei conflitti attraverso la creazione di un ambiente facilitante e di supporto alla pace, reso maggiormente efficace da esperti con una specifica formazione in psicologia della pace”.

Dott.ssa Lucattini, qual è il ruolo della psicologia della pace oggi? In che modo, può assumere un significato importante nella prevenzione dei conflitti interiori e verso gli altri?

Un recente studio pubblicato su Europe’s Journal of Psychology, ha dimostrato scientificamente che è possibile crearla ed è efficace nel gestire i conflitti e favorire la pace. La ricerca condotta su 1074 persone adulte è stata incentrata sul concetto di “Peace-Oriented Mindset (POM)”, ed ha evidenziato il ruolo della prevenzione dei conflitti attraverso la creazione di un ambiente facilitante e di supporto alla pace, creato da individui con specifiche capacità orientate alla pace. Lo studio ha identificato tre dimensioni necessarie per la costruzione della pace e la prevenzione dei conflitti: intellettiva (comprensione della complessità, comprensione degli altri, ecc.), attiva (ad esempio, intraprendere azioni per costruire ponti o per prevenire lo scoppio di potenziali conflitti) e convinzione di fattibilità (vale a dire, la convinzione che anche se altamente impegnativa, la pace può essere mantenuta o ripristinata).

Cosa riferiscono gli studi psicoanalitici riguardo alla pace?

La psicoanalisi ha contribuito concretamente nel corso della Storia all’educazione alla pace attraverso iniziative come gli “Asili nido di Guerra” istituiti da Anna Freud e Dorothy Burlingham durante la Seconda Guerra Mondiale. Questi asili offrivano ai bambini un ambiente stabile e sereno, aiutandoli a superare i traumi bellici e promuovendo uno sviluppo armonioso. La relazione di attaccamento sicuro tra il bambino e le figure genitoriali è considerata dalla psicoanalisi un elemento chiave per lo sviluppo di una mentalità pacifica. Un attaccamento sicuro favorisce la fiducia negli altri e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo, mentre esperienze di attaccamento insicuro possono portare a difficoltà nelle relazioni sociali e nella risoluzione pacifica dei conflitti.

Recenti studi scientifici sottolineano, in particolare, l’importanza cruciale delle prime esperienze di vita nello sviluppo emotivo del bambino. Secondo questi studi, le interazioni iniziali con le figure di riferimento, come i genitori, sono fondamentali per la formazione di una personalità equilibrata e predisposta alla pace, ad evidenziarlo, è stato anche lo stesso Mario M. Montessori Jr., secondo il quale, le prime esperienze influenzano significativamente lo sviluppo emotivo.

Quali benefici può offrire in particolare, la psicologia della pace a bambini e adolescenti?

Durante l’adolescenza, i giovani affrontano cambiamenti significativi che possono portare a conflitti sia interni, che interpersonali. Secondo una ricerca pubblicata su Parents (2025), è essenziale che gli adolescenti sviluppino capacità che li rendano efficaci nella risoluzione dei conflitti gestendo le emozioni e imparando a rispondere in modo ponderato, anziché reagire impulsivamente. Identificare ed esprimere le proprie emozioni è fondamentale. La psicologia della pace svolge un ruolo cruciale nell’affrontare e prevenire i conflitti sia interiori che interpersonali, specialmente tra bambini e adolescenti, in particolare se integrata con approcci educativi e di gruppo in ambito scolastico, offre gli strumenti necessari per prevenire e gestire i conflitti, promuovendo dialogo e cooperazione. Dal micro al macro: individuo, diade (coppia), gruppo (piccolo e grande), comunità (scolastica, sportiva, etc.), società in senso più ampio.

Perché secondo Lei è importante che i genitori educhino i propri bambini alla pace sin dall’infanzia?

È un insegnamento fondamentale per il loro sviluppo personale e per la costruzione di una società armoniosa. I genitori svolgono sempre un ruolo cruciale in questo processo, poiché la famiglia rappresenta il primo ambiente affettivo, relazionale e di apprendimento dei valori, in cui i bambini apprendono valori e comportamenti. Sono i genitori che contribuiscono a creare un ambiente sicuro e amorevole, trattando i figli con rispetto, dando loro indicazioni e mettendo dei limiti, insegnando così ai propri figli come gestire i conflitti in modo costruttivo. I genitori con il loro amore e le loro azioni, pongono le basi per il benessere psicologico dei loro bambini, come i propri genitori hanno fatto con loro. Vi è una trasmissione transgenerazionale della psicologia della pace, un tesoro prezioso che va coltivato e protetto dagli attacchi esterni e dalla disinformazione (fake news).

Anche a Scuola, secondo Lei, può essere importante la realizzazione di attività educative orientate alla pace, in particolare, per bambini in età prescolare, nell’ambito dello sviluppo sostenibile?

Il modo per raggiungere la pace è attraverso l’istruzione. Questa formazione include una formazione nello sviluppo di capacità non violente e nella promozione un’attitudine psicologica pacifica. L’educazione alla pace ha cinque presupposti principali: la violenza ha cause, ci sono alternative alla violenza, comprende diverse forme di violenza, la pace stessa è un processo dipendente dal contesto e il conflitto è onnipresente per questo è necessario sapere che c’è, conoscerlo e gestirlo. La pace non si crea da sé, richiede un impegno personale. D’altro canto, l’educazione alla pace è “olistica”, abbraccia la crescita fisica, emotiva, intellettuale e sociale degli studenti all’interno di un quadro di valori umani condivisi. Inoltre, è necessario di coltivare la conoscenza, le competenze, gli atteggiamenti e i valori che compongono una cultura di pace. Il modo per educare alla pace è attraverso il processo di insegnamento di questi valori.

Come è possibile costruire invece, il concetto di pace negli adolescenti? 

Rinforzare o contribuire a costruire il concetto di pace in questa fascia d’età, significa aiutare gli adolescenti a gestire i conflitti in modo costruttivo e a sviluppare sensibilità e attenzione verso i coetanei, i propri familiari e gli adulti con cui si rapportano, insegnanti e educatori. Permette di sostenere il senso di responsabilità personale e condivisa e li aiuta a trovare modelli sani a cui ispirarsi e di esprimere il loro bisogno di giustizia in modo utile e vantaggioso. È un processo che coinvolge famiglia, scuola e società, e che ha un impatto duraturo sul loro sviluppo personale e sulla comunità in cui vivono. Uno studio pubblicato sull’International Journal of Qualitative Methods condotto con studenti di età compresa tra 12 e 18 anni in tre scuole di Glasgow, in Scozia ha messo in evidenza che un approccio strutturato permette agli studenti di comprendere ed esprimere cosa significhi una pace positiva e di vedersi come agenti di cambiamento.

In che modo è possibile coinvolgerli nella ricerca sull’educazione alla pace?

Lo studio mette in evidenza nove elementi base che devono essere messi in campo, affinché i giovani apprendano una mentalità orientata verso la pace: creare una “Zone di pace” (spazi sicuri dove la violenza è assente), “Legame di pace” (relazioni positive caratterizzate da gentilezza ed empatia), “Giustizia sociale” (presenza di equità e/o uguaglianza), “Eco mind” (rispetto per l’ambiente a e la natura con vivere in armonia), “Link mind” (percezione di interconnessione e dipendenza reciproca positiva tra le persone), “Mentalità di genere” (consapevolezza dei generi e del rispetto reciproco), “Resilienza” (capacità di affrontare e resistere alle calamità personali, ambientali e sociali), “Benessere – salute” (correlazione tra il benessere psicofisico e l’assunzione di responsabilità per se stessi e per gli altri), “Prevenzione” (conoscere i modi per fermare la violenza prima che inizi).

Esistono differenze e somiglianze nelle concettualizzazioni e nei contributi dei giovani di diversa estrazione socioeconomica e geografica? Cosa riferiscono al riguardo, gli ultimi studi scientifici? 

La ricerca condotta a Glasgow ha rilevato che esistono alcune differenze nelle definizioni di pace tra giovani provenienti da diversi contesti socioeconomici e geografici. Ad esempio, mentre alcuni associano la pace all’assenza di violenza fisica, altri la collegano a concetti più ampi come giustizia sociale e uguaglianza. Queste differenze sottolineano l’importanza di considerare le esperienze individuali e il contesto di vita nel comprendere le percezioni giovanili sulla pace. ​Uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology ha evidenziato come le differenze economiche regionali e lo status socioeconomico familiare influenzino i comportamenti aggressivi negli adolescenti. I risultati indicano che una condizione socioeconomica fragile è associato a stili genitoriali meno efficaci, relazioni tra pari maggiormente problematiche e minore formazione, fattori che possono aumentare la probabilità di maturare uno svantaggio personale e nel mondo del lavoro e in alcune situazioni favorire comportamenti eccessivamente passivi o impulsivamente aggressivi. Questo suggerisce che gli adolescenti provenienti da contesti economicamente fragili possono trovarsi ad affrontare sfide più grandi quando si trovano a dover gestire i conflitti in modo pacifico, per questo è importante investire su di loro a 360 gradi, sul contesto di vita e sulla scuola.

Quali consigli di dare a genitori ed educatori? 

Essere un modello d’esempio. I bambini imparano osservando i genitori. Rimanere calmi mostrare di saper gestire dei conflitti mostra ai figli come affrontare le difficoltà in modo costruttivo;

Ascoltarli e aiutarli a mettersi nei panni degli altri. Insegnando a riconoscere e rispettare le emozioni proprie altrui, rafforza la loro capacità di costruire buoni rapporti e relazioni costruttive;

Spiegare i conflitti ci sono sempre, fanno parte della vita ma che possono essere affrontai in modo costruttivo attraverso il dialogo e il compromesso. Aiutarli a trovare delle soluzioni, dei compromessi, in cui tutti i contendenti possano sentirsi rispettati;

Favorire il rispetto e l’apprezzamento della diversità. Fare conoscere ai figli culture e realtà diverse attraverso libri, film e viaggi li aiuta a sviluppare una mentalità aperta, vivace, creativa e tollerante;

Limitare o impedire l’esposizione a contenuti violenti nei media, stando attenti a ciò che guardano in TV, sui Social, nei videogiochi che talvolta portano a normalizzazione della violenza. Bisogna sempre parlare insieme dei messaggi trasmessi dai media, li aiuta a sviluppare un pensiero critico e indipendente;

Insegnare la gratitudine e la gentilezza. Abituare i figli a riconoscere e apprezzare le cose positive nella loro vita e a praticare piccoli gesti di gentilezza verso gli altri rafforza il loro senso di fare parte a pieno diritto con il mondo;

Non esporli a litigi o conflitti familiari. Gli adulti devono risolvere in separata sede e da soli le loro controversie, senza mai coinvolgere i figli. Se questi sentono, è necessario tranquillizzarli e scusarsi con loro;

Avere un dialogo aperto con la scuola e promuovere collaborando con essa, la cultura della pace come propongono gli studiosi che hanno già lavorato efficacemente a scuola, come a Glasgow.

E ai giovani?

Importante riflettere sui propri conflitti interiori, fanno parte della vita, anche se all’inizio è difficile da intuire e capire;

Cercare di comprendere gli altri, di ascoltarli senza omologarsi, molto spesso hanno pensieri ed esperienze interessanti da comunicare;

Sapere che la pace, è un bene comune, che si costruisce attivamente a partire dal proprio benessere ed equilibrio personale. Nei momenti di difficoltà i familiari, i buoni amici e anche gli psicoanalisti, capaci di ascoltare in modo specialistico, possono essere di grande aiuto nel ritrovare l’energia e la forza per andare avanti, per trovare e perseguire i propri obiettivi con determinazione e successo.

di Marialuisa Roscino

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