13 Aprile, 2025
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Dazi USA, le preoccupazioni del settore agroalimentare

Parlando nel giardino della Casa Bianca il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’entità dei dazi commerciali che saranno introdotti sulle merci importate negli USA inquadrando la misura come una risposta a un’”emergenza nazionale”.

Nel suo discorso, Trump ha definito il 2 aprile 2025 come il “Giorno della Liberazione“, e descritto l’annuncio come “uno dei giorni più importanti nella storia americana” e “la nostra dichiarazione di indipendenza economica“.

I nuovi dazi entreranno in vigore dal 5 aprile 2025, e saranno differenziati in base al paese a cui saranno applicati. Ci sarà infatti una tariffa di base del 10% applicata universalmente alle importazioni da tutti i Paesi, ad eccezione di Canada e Messico, e tariffe aggiuntive specifiche per alcuni Stati accusati dall’attuale amministrazione di essere stati responsabili di pratiche commerciali sleali verso gli Stati Uniti. L’Unione europea, e quindi anche l’Italia, rientra in questa seconda categoria (che include oltre 60 singole nazioni) e vedrà applicati alle sue merci dazi del 20%.

L’introduzione da parte degli USA di dazi verso l’Unione Europea è una misura che considero sbagliata e che non conviene a nessuna delle parti – ha commentato il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. – Faremo tutto quello che possiamo per lavorare a un accordo con gli Stati Uniti, con l’obiettivo di scongiurare una guerra commerciale che inevitabilmente indebolirebbe l’Occidente a favore di altri attori globali. In ogni caso, come sempre, agiremo nell’interesse dell’Italia e della sua economia, anche confrontandoci con gli altri partner europei

La guerra commerciale rischia infatti di frenare l’export europeo negli USA e danneggiare le imprese e i cittadini dell’UE. Rimane ora da vedere come reagirà Bruxelles, che ha già delineato quelli che saranno i prossimi passi.

L’annuncio del presidente Trump rappresenta un duro colpo per l’economia mondiale – ha dichiarato il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. – Sono profondamente dispiaciuta per questa scelta. I dazi danneggeranno i consumatori di tutto il mondo che dovranno affrontare spese alimentari più elevate. Anche i farmaci e il trasporto costeranno di più. L’inflazione aumenterà. Tutte le aziende, grandi e piccole, soffriranno fin dal primo giorno e i costi per fare affari con gli Stati Uniti aumenteranno drasticamente”.

Non esiste una via d’uscita chiara dalla complessità e dal caos che si stanno creando – ha proseguito. – Fin dall’inizio, siamo sempre stati pronti a negoziare con gli Stati Uniti per rimuovere ogni barriera residua al commercio transatlantico. Allo stesso tempo, siamo pronti a rispondere. Stiamo già ultimando un primo pacchetto di contromisure in risposta ai dazi sull’acciaio. E ora ci stiamo preparando ad adottare ulteriori contromisure per proteggere i nostri interessi e le nostre attività nel caso in cui i negoziati fallissero. L’Europa starà al fianco di coloro che saranno direttamente colpiti. Abbiamo già annunciato nuove misure a sostegno del settore siderurgico e di quello automobilistico. La settimana scorsa abbiamo limitato la quantità di acciaio che può essere importata in Europa senza dazi doganali. Ciò darà più spazio a questi settori strategici. Ora convocheremo anche dialoghi strategici con il settore siderurgico, automobilistico e farmaceutico. E altri seguiranno“.

L’introduzione dei dazi è destinata ad avere ripercussioni profonde anche sul fronte enogastronomico. Questo è particolarmente vero soprattutto per l’Italia, che esporta un’ampia quota delle sue eccellenze agroalimentari nel mercato statunitense.

Origin Italia: “I dazi alimentano la concorrenza sleale e mettono a rischio lo sviluppo delle Indicazioni Geografiche”

L’Osservatorio della Fondazione Qualivita ha documentato con chiarezza, nel tempo, come le Indicazioni Geografiche abbiano consentito a numerosi territori di costruire un’economia solida e identitaria, capace di generare occupazione, presidiare il territorio e promuovere la sostenibilità ambientale e culturale. Negli ultimi 5 anni la DOP Economy è cresciuta in oltre il 90% delle province italiane a dimostrazione del radicamento capillare del sistema sul territorio in particolare nelle aree del sud che hanno mostrato i trend migliori di crescita grazie anche all’export.

Tutto ciò è stato possibile grazie al valore aggiunto riconosciuto ai prodotti IG nei mercati internazionali, sia per le DOP italiane più conosciute, sia per quelle di dimensioni minori. Un valore non delocalizzabile, strettamente legato all’origine e alla cultura dei territori.

Le barriere tariffarie, tuttavia, rappresentano un ostacolo significativo a questo percorso. Limitano l’accesso ai mercati globali, penalizzano le produzioni di qualità legate all’origine e favoriscono prodotti standardizzati o di imitazione realizzati in loco. In questo modo, compromettono la diffusione del modello IG e alimentano dinamiche di concorrenza sleale.

Il danno si estende anche sul piano dei diritti: i dazi violano il principio della tutela della proprietà intellettuale riconosciuta a livello internazionale alle Indicazioni Geografiche, ostacolando il pieno esercizio di questo diritto da parte dei produttori legittimi. La protezione delle IG deve essere garantita attraverso un commercio equo e privo di ostacoli ingiustificati, nel rispetto degli accordi internazionali come il TRIPS.

Chiediamo un intervento urgente all’Europa e all’Italia – ha dichiarato Cesare Baldrighi, Presidente di Origin Italia – affinché difendano con forza il sistema delle IG nelle sedi internazionali, per sostenere un comparto economico strategico e proteggere le 300.000 imprese italiane e i loro 900.000 occupati che aderiscono al sistema delle DOP IGP in Italia.”

Parmigiano Reggiano, Bertinelli: lavoreremo per cercare la via negoziale 

Apprendiamo ora dai media che gli USA hanno introdotto tariffe aggiuntive pari al 20% – ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano. – Si tratta di una tariffa fissa su tutte le importazioni che colpisce anche il nostro prodotto. I dazi sul nostro prodotto passano quindi dal 15% al 35%. Di certo la notizia non ci rende felici, ma il Parmigiano Reggiano è un prodotto premium e l’aumento del prezzo non porta automaticamente ad una riduzione dei consumi. Lavoreremo per cercare con la via negoziale di fare capire per quale motivo non ha senso applicare dazi a un prodotto come il nostro che non è in reale concorrenza con i parmesan americani“.

Ci rimboccheremo le maniche per sostenere la domanda in quello che è il nostro primo mercato estero e che rappresenta oggi il 22,5% della quota export totale. Il Parmigiano Reggiano copre circa il 7% del mercato dei formaggi duri a stelle e strisce e viene venduto a un prezzo più che doppio rispetto a quello dei parmesan locali. Noi non siamo affatto in concorrenza coi formaggi locali: si tratta di prodotti diversi che hanno posizionamento, standard di produzione, qualità e costi differenti: è pertanto assurdo colpire un prodotto di nicchia come il Parmigiano Reggiano per proteggere l’economia americana. Nel 2019, quando Trump introdusse tariffe aggiuntive pari al 25%, il Parmigiano Reggiano fu il prodotto più colpito con un incremento del prezzo a scaffale dai 40 ai 45 dollari al chilo. Fortunatamente i dazi sono poi stati sospesi il 6 marzo del 2021 e non ci hanno creato problemi in termini di vendite. Gli americani hanno continuato a sceglierci anche quando il prezzo è aumentato. Negli Stati Uniti chi compra il Parmigiano Reggiano fa una scelta consapevole: ha infatti un 93% di mercato di alternative che costano 2-3 volte meno. Imporre dazi su un prodotto come il nostro aumenta solo il prezzo per i consumatori americani, senza proteggere realmente i produttori locali. È una scelta che danneggia tutti. Oggi, il vero nemico dei produttori di latte non sono le loro controparti estere, ma i prodotti che vengono chiamati “latte” o “formaggio” pur non avendo alcuno legame con terra e animali, come i cibi a fermentazione cellulare”.

Grana Padano: i dazi di Trump colpiscono mercati e consumatori

Con 215.000 forme esportate e una crescita del 10,53% rispetto al 2023, gli Stati Uniti hanno rappresentato nel 2024 il terzo mercato per il Grana Padano DOP, la denominazione di origine protetta più consumata al mondo. L’introduzione dei nuovi dazi imposti dal Presidente Trump, che fanno lievitare il prezzo del formaggio del 20%, mette seriamente a rischio il consolidamento di questo mercato e le prospettive future dell’export negli USA.

Finora, su ogni forma di Grana Padano esportata negli Stati Uniti era applicato un dazio pari al 15% del valore fatturato per circa 2,40€ al kg – spiega Stefano Berni, Direttore Generale del Consorzio –. Con l’aumento del 20%, il prelievo allo sbarco in USA salirà a quasi 6 euro al kg al consumo che si amplificheranno ulteriormente, con inevitabili conseguenze sui prezzi americani. Il 39% esibito ieri sera sulle tabelle di Trump non è vero per quanto riguarda il caseario perché il dazio all’ingresso in UE di formaggi americani è di circa 1,8€ al kg, quindi inferiore a quanto noi da sempre paghiamo, e con i nuovi dazi diventerebbe appena 1/3 di quanto noi dovremo pagare da oggi in poi. Quindi, almeno per noi, è un’inesattezza colossale che il dazio aggiuntivo sia la metà del dazio addebitato ai formaggi USA perché, ripeto, a noi oggi costa il triplo per entrare negli USA rispetto a quello che i formaggi USA pagano per entrare da noi”.

Berni sottolinea l’urgenza di un intervento politico e diplomatico: “Le istituzioni italiane ed europee devono attivarsi immediatamente per contrastare questo contraccolpo, adottando tutte le misure necessarie a tutelare le esportazioni dei prodotti colpiti da questi dazi ingiustificati e per noi assai penalizzanti. Siamo sconcertati perché ogni qualvolta c’è tensione internazionale i formaggi di qualità vengono colpiti oltre misura. È successo nel 2014 con l’embargo russo post invasione in Crimea e da allora non esportiamo più un solo kg in Russia. È successo dall’ottobre 2019 al febbraio 2021, nell’ultimo tratto del Governo Trump, potrebbe succedere in Cina tra poco ed è successo di nuovo in USA oggi. Secondo gli esperti del settore, questa misura favorirà soprattutto la diffusione negli USA di prodotti “Italian sounding”, che sfruttano nomi e suggestioni della tradizione italiana senza offrire le stesse garanzie di qualità e autenticità. Siamo il formaggio DOP più venduto al mondo esportando nel 2024 il 51,2%. Trovare velocemente spazi aggiuntivi ulteriori fuori dall’Italia sarà quasi impossibile e spero che nessuno provi ad insegnarci come e dove collocare le forme che non andranno più in USA.

La scelta di Trump – conclude Berni – è un pesante danno per noi e un grave errore che penalizza i consumatori americani, che pagheranno di più incidendo quindi anche sulla loro inflazione”.

L’EDA definisce ingiustificato il targeting dei prodotti lattiero-caseari 

Tra i settori colpiti dai dazi c’è quello dei prodotti lattiero-caseari. “Questa mossa è ingiustificata – ha affermato Alexander Anton, Segretario generale della European Dairy Association (EDA). – Le esportazioni di prodotti lattiero-caseari dell’UE, in particolare di formaggi, rappresentano meno del 2% del consumo interno totale degli Stati Uniti. Questi formaggi servono un segmento di mercato molto particolare negli Stati Uniti, offrendo scelta ed eccellenza ai consumatori statunitensi e quindi non competono direttamente con i prodotti lattiero-caseari americani”.

L’EDA avverte che la decisione degli Stati Uniti rischia non solo di danneggiare gli esportatori dell’UE, ma anche di limitare l’accesso dei consumatori americani ai prodotti lattiero-caseari di alta qualità che apprezzano e di cui si fidano.

Anton ha poi sottolineato ulteriormente che il momento non potrebbe essere peggiore: “Il nostro settore è già sotto un’enorme pressione a causa dell’indagine anti-sovvenzioni della Cina e delle continue sfide del mercato globale. Ora, i dazi statunitensi rischiano di aggravare quella crisi. Questo è un duro colpo per le economie rurali in tutta Europa e per lo spirito di un commercio equo e basato sulle regole“.

La politica commerciale deve essere intelligente, non punitiva – ha concluso Anton. – I prodotti lattiero-caseari non sono il problema qui, usarli come pedina crea solo nuovi problemi su entrambe le sponde dell’Atlantico“.

L’allarme di Copa e Cogeca

Copa e Cogeca esprimono profonda preoccupazione per l’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump che porterà a un’escalation delle tensioni commerciali tra due partner commerciali chiave, che minacciano di minare un settore che fa affidamento sulla stabilità e su mercati aperti e prevedibili.

Il presidente della Copa Massimiliano Giansanti, nella sua reazione iniziale, ha sottolineato che “gli agricoltori e le cooperative agricole europee stanno già affrontando notevoli sfide, dai crescenti costi di produzione alle pressioni legate al clima. Questi nuovi dazi aggiungeranno ulteriore incertezza e tensione finanziaria al nostro settore, colpendo sia i produttori che i consumatori. Garantire la nostra sicurezza alimentare deve essere la bussola dell’Europa in questi tempi difficili, poiché la nostra sicurezza nazionale comune inizia da lì. Esortiamo i decisori politici di entrambe le parti a cercare il dialogo ed evitare un conflitto commerciale su vasta scala“.

Le misure commerciali di ritorsione non avvantaggeranno gli agricoltori né nell’UE né negli Stati Uniti – ha aggiunto il presidente della Cogeca Lennart Nilsson. – Al contrario, limiteranno le nostre opportunità, aumenteranno i prezzi e indeboliranno la resilienza delle aziende agricole. Invitiamo entrambe le amministrazioni a dare priorità ai negoziati ed esplorare tutte le vie diplomatiche prima di ricorrere a misure che potrebbero avere conseguenze durature“.

La Copa e la Cogeca esortano vivamente i decisori politici dell’UE e degli Stati Uniti ad intensificare gli sforzi diplomatici nei prossimi giorni. Entrambe le parti devono lavorare in modo costruttivo per affrontare le controversie senza compromettere i benefici commerciali esistenti, garantendo che gli agricoltori e le cooperative agricole possano continuare a contribuire alla sicurezza alimentare e alla resilienza economica su entrambe le sponde dell’Atlantico.

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