Quindicenne partecipa con una decina di amici nel parco di Cattolica, ma quando si sente male scappano tutti
Il ragazzino è stato trovato in coma nel parco dietro la stazione di Cattolica
Un mix di metadone e marijuana l’ha quasi ucciso a soli 15 anni. Il ragazzino è ora ricoverato in rianimazione, le sue condizioni sono gravi e per poco non ci ha lasciato la pelle. A un’amichetta è andata meglio, anche se hanno dovuto portarla d’urgenza al pronto soccorso. Un festino tra minorenni che poteva finire in una tragedia. Cominciata con un flacone di metadone che qualcuno aveva dimenticato sull’autobus.
L’allarme al 118 arriva la notte fra il 23 e il 24 dicembre. E’ quasi mezzanotte e mezza e una voce giovanissima ‘avverte’ che c’è un ragazzo steso su una panchina del parco dietro la stazione ferroviaria di Cattolica. L’ambulanza arriva sul posto in pochi minuti, e lo trovano. Non dà segni di vita: è in coma. Al pronto soccorso ci arrivano alla velocità della luce, e qui i medici chiamano subito i carabinieri della Tenenza. Mentre in ospedale lottano per salvare la vita al 15enne che ha i polmoni pieni di robaccia e una polmonite bilaterale, i militari ispezionano la zona dove è stato trovato. Il flacone vuoto è lì, a due passi. Non ci sono dubbi, conteneva metadone, sul vetro c’è ancora attaccata la targhetta con il nome del tossicodipendente a cui era destinato. Ma come è finita nelle mani del ragazzo?
A quel punto gli investigatori rintracciano subito il numero che quella notte ha chiamato il 118. Ed è così che risalgono al primo ragazzino, ha solo 13 anni ed è spaventato a morte. Non ci vuole niente a farlo parlare, e comincia a raccontare una storia che ha dell’incredibile. Quello in ospedale è un suo amico, ed è stato lui che quella mattina ha trovato il flacone di metadone sul bus che da Rimini lo riportava a casa. Qualcuno se l’era perso, e lui l’aveva instascato subito, eccitato all’idea di quello che conteneva. Ci voleva un festino con tutto il resto degli amici: appuntamento al parco dietro la stazione. Sono arrivati in prima serata, racconta, erano oltre una decina, tra i 13 e i 15 anni. Avevano al seguito un po’ di marijuana, ma il ‘piatto forte’ era la bottiglia, neanche tanto piccola. E hanno cominciato la baraonda, al riparo da occhi indiscreti hanno attaccato a fumare. Ma, dice, soltanto tre o quattro di loro hanno avuto il coraggio di attaccarsi al metadone. A fare il pieno è stato soprattutto l’amico che ora sta lottando tra la vita e la morte.
Il tempo scorre tra risate e fumate, ma manca poco alle 22, quando uno di loro si accascia sulla panchina come un sacco vuoto. Credono stia scherzando, ma capiscono presto che non è così. Sono tutti in preda al panico, non sanno cosa fare e hanno una paura del diavolo. Il coprifuoco sta per scattare, devono tornare a casa o i genitori li faranno neri. Si consultano freneticamente, poi decidono di lasciarlo lì: qualcuno lo troverà, prima o poi. Una volta al sicuro a casa però, continuano a pensare all’amico che si sono lasciati dietro. I ragazzini del gruppo hanno tutti ‘la posizione’ sul cellulare. Così controllano e scoprono che il telefonino dell’amico è ancora sulla panchina, insieme a lui. Sono sempre più spaventati, sanno che devono fare qualcosa, ma nessuno vuole essere coinvolto. Solo a mezzanotte e mezza, uno di loro trova il coraggio di chiamare il 118, salvandogli così la vita. I carabinieri visionano i filmati degli autobu che confermano il racconto del giovane testimone. Quindi li identificano uno dopo l’altro, li portano in caserma e li interrogano di fronte a genitori incapaci di credere che quelli siano i loro figli. Figli di cui a quanto pare conoscono ben poco.
(Il Resto del Carlino)