Il Comitato tecnico scientifico, su richiesta delle Regioni, si riunisce d’urgenza. “L’incremento dei nuovi casi in classe è contenuto, ma ci sono differenze tra i territori. La responsabilità e le modalità dell’apertura sono degli enti locali”. Mette a verbale: “Il ritorno in aula non è più procrastinabile per il grave impatto sull’apprendimento”. In Veneto già 200 classi di elementari e medie in quarantena
Gli esperti del Comitato tecnico scientifico del governo, dopo la riunione urgente sulla scuola di questa mattina, hanno ribadito al ministro della Salute, Roberto Speranza, di “garantire la didattica in presenza in tutti i cicli”, ma hanno messo per iscritto che ci sono differenze per il livello dei contagi a seconda delle Regioni. Una novità nel confronto sulla scuola di questi undici mesi e, contemporaneamente, uno stop al ministro della Salute che avrebbe voluto concedere un’altra settimana di didattica a distanza alle Regioni..
Il verbale del Cts, che Repubblica ha potuto visionare, non porterà a una nuova ordinanza, ma conferma il Decreto del presidente del Consiglio del 15 gennaio che chiede, là dove possibile, un ritorno in presenza tra il 50 e il 75 per cento.
In quattro regioni sarà confermata, quindi, la ripartenza delle superiori: sono Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Molise. Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Toscana e Abruzzo sono già partite giovedì 7 o lunedì 11. La Campania riporterà in classe solo la terza elementare (ci sono già infanzia, prima e seconda). Per le altre è previsto un rientro tra lunedì 25 gennaio e lunedì 1 febbraio. Dopo la riunione urgente, che offre possibilità di intervento ai governatori, le posticipazioni saranno confermate.
La riunione urgente era nata da un’iniziativa delle stesse Regioni che, attrezzate da tempo con comitati scientifici locali, volevano una validazione centrale – dal Cts – sulle loro scelte nell’affrontare sul territorio la pandemia e sul metodo scientifico conseguito. Hanno chiesto, quindi, un intervento sia a Speranza che a Francesco Boccia, ministro dei Rapporti con le Regioni. Il Cts, per ora, ha riconosciuto la differenza regionale dello sviluppo della pandemia.
In particolare, il verbale numero 146, dice: “L’attuale incremento registrato dell’incidenza di nuovi casi è stato comunque contenuto grazie alle misure di mitigazione adottate, pur osservandosi una significativa differenza tra le realtà regionali, alcune delle quali connotate da elevata circolazione virale”. Il Comitato tecnico scientifico, che da sempre esprime una posizione favorevole alla riapertura della scuola, ribadisce “ulteriormente e con convinzione” l’importanza del ritorno in classe per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado “come condizione imprescindibile e non più procrastinabile per il grave impatto che ì’assenza di esso ha sull’apprendimento e la strutturazione psicologica e di personalità degli studenti che, in questa particolare fascia d’età, possono essere fortemente penalizzati dall’isolamento domiciliare”.
Ancora, il Cts rimarca che “la responsabilità delle aperture degli istituti scolastici è di competenza degli enti territoriali e locali” e ricorda che, come ha sottoscritto il tavolo dei prefetti, sono i presidenti di giunta “ad attuare misure organizzative per il rientro in classe nelle diverse
Diversi esperti da giorni insistono sulla necessità di misure severe per contrastare l’epidemia e tutelare la campagna di vaccinazione. Il mondo della scuola è in fermento: chiede da una parte il ritorno alle lezioni in presenza, ma dall’altra che questo avvenga in sicurezza.
La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina commenta: “Un parere molto netto, il rientro in classe è un atto di responsabilità nei confronti dei nostri giovani”. In verità il parere del Cts contiene un’analisi ambivalente che chiede il ritorno in presenza per motivi didattici e psicologici, ma conferma che ogni presidente di Regione conosce la sua realtà territoriale e sulla scuola ha l’ultima parola.
Al momento, era previsto il ritorno da domani lunedì 18 gennaio, in aula nelle superiori, con presenze del 50%, nel Lazio, in Piemonte, Molise ed Emilia Romagna (in quest’ultima regione su decisione del Tribunale amministrativo regionale). In Toscana, Abruzzo e Valle d’Aosta, come da indicazioni del governo, avevano dato il via libera alla presenza al 50% l’11 gennaio scorso, e l’Alto Adige in pratica aveva fatto da regione apripista (con tutte le scuole) già da martedì 7 gennaio. Stessa cosa in Trentino.
Si sarebbe dovuti tornare in classe anche in Lombardia e Sicilia, ma essendo state dichiarate regioni in zona rossa, le superiori continueranno con la didattica a distanza. Classificata zona rossa dal governo, come Lombardia e Sicilia, la provincia autonoma di Bolzano ha deciso di continuare con una presenza in classe minima del 50% fino ad un massimo del 75%.
Per quanto riguarda le altre regioni, in Liguria e Umbria si riapre il 25 gennaio; stessa data, ancora però in attesa delle decisioni ufficiali dei governatori, per Campania e Puglia. La campanella degli istituti superiori di secondo grado tornerà a suonare, sempre con il massimo del 50% di presenza e senza nuove ordinanze dei presidenti di Regione, solo dal primo febbraio in Friuli Venezia Giulia, Veneto, Marche, Sardegna, Calabria e Basilicata.
Come riferisce il Corriere del Veneto, sono 200 le classi di elementari e medie sottoposte a quarantena in Veneto per positività di uno o più studenti, quattromila gli studenti. È l’effetto, dieci giorni dopo la ripresa dalle vacanze di Natale, dell’ordinanza della Regione che ha cambiato la gestione dei casi positivi a scuola, obbligando all’isolamento le intere classi in presenza anche di un solo contagio.
(Corrado Zunino, La Repubblica)