La decisione del gip. Per Luigi Nerini ed Enrico Perocchio non sussisterebbero i gravi indizi necessari per una misura cautelare
Il gestore dell’impianto della funivia del Mottarone Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio lasciano il carcere di Verbania, il cui ingresso aveva visto chiudersi alle loro spalle all’alba di martedì scorso, 48 ore dopo che la cabina precipitata sulla montagna che si affaccia sul lago Maggiore ha causato la morte di 14 persone. Va agli arresti domiciliari il caposervizio Gabriele Tadini che ha ammesso di aver manomesso il sistema di frenata di sicurezza.
La decisione del gip
Lo ha deciso il gip Donatella Bonci Buonamici al termine di una giornata di interrogatori. Per Tadini sono sufficienti i domiciliari, mentre nei confronti degli altri due indagati – tirati in ballo dal capo servizio – non sussisterebbero i gravi indizi necessari per una misura cautelare. Il giudice non ha dunque convalidato il fermo per i tre indagati accusati di omicidio colposo plurimo per le 14 vittime di un incidente innescato dalla rottura della fune trainante (le cui cause sono ancora da accertare) che non avrebbe determinato lo schianto della cabina numero 3 se il sistema del freno di emergenza non fosse stato volontariamente disattivato. Se per Tadini pesano le confessioni sul forchettone – rese ai magistrati – per lui è sufficiente la detenzione domiciliare, mentre Nerini e Perlocchio tornano a casa dopo il fermo scattato all’alba di mercoledì. Contro di loro gli elementi raccolti non risultato sufficientemente gravi per una misura cautelare.
L’ordinanza
“Palese è al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni”. Lo scrive il gip Donatella Banci Buonamici nell’ordinanza con cui ieri ha rimesso in libertà il gestore della funivia del Mottarone e il direttore di esercizio e ha mandato ai domiciliari Gabriele Tadini, caposervizio. Il gip parla di “scarno quadro indiziario” ancora “più indebolito” con gli interrogatori di sabato. Non solo, secondo il giudice, “Tadini incolpa Nerini e Perocchio per condividere il peso delle morti”
Il teste
È stato Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone, a “ordinare” di mettere i ceppi per bloccare i freni di emergenza della cabina e la loro installazione era “avvenuta già dall’inizio della stagione”, il “26 aprile”, quando l’impianto tornò in funzione dopo le restrizioni anti-Covid. Lo ha spiegato un dipendente della funivia sentito come teste nelle indagini dei pm di Verbania, spiegando che il tecnico ordinò di “far funzionare l’impianto con i ceppi inseriti”, a causa delle anomalie al sistema frenante non risolte, “anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie”
Il commento del pm
Il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, ha riassunto fuori dal carcere le motivazioni per le quali il giudice ha rimesso in libertà il gestore e il direttore d’esercizio della funivia, mettendo invece ai domiciliari il capo servizio: il gip ha valutato “che non ci sono indizi sufficienti di colpevolezza su Luigi Nerini e su Enrico Perocchio” e ha ritenuto “non credibili sufficientemente le dichiarazioni di Gabriele Tadin”. Di fatto, ha creduto “alla dichiarazione di estraneità di Nerini e Perocchio che hanno scaricato la scelta” dell’uso dei blocchi al freno “su Tadini”. Il procuratore ha quindi aggiunto che “stiamo comunque parlando di una fase cautelare e la nostra strategia non cambia, il lavoro si concentrerà adesso soprattutto sulla valutazione delle cause della rottura della fune. Gli indagati restano gli stessi, il nostro lavoro va avanti”.
Le reazioni degli indagati
Per Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone, gli arresti domiciliari “sono la soluzione che può mitigare sia le esigenze cautelari che la gravità del fatto: io avevo chiesto i domiciliari, per me è una soddisfazione professionale, mi sembrava offensivo chiedere la libertà”. Lo ha spiegato l’avvocato Marcello Perillo, legale di Tadini, lasciando il carcere di Verbania. Il legale ha detto che il suo assistito “non si è ancora reso conto e che sarà lui ad accompagnarlo a casa all’uscita dal carcere”. Pasquale Pantano, difensore di Luigi Nerini, ha invece detto che “con la libertà personale giustizia è fatta, ma non c’è motivo di gioire, ora bisogna fare indagini pesanti e capire cosa è successo: per noi questo conta”. Lo stesso Nerini, sempre secondo il legale, avrebbe detto di essere “contento” ma che “ora bisogna trovare i responsabili”. Più esplicito Andrea Da Prato, avvocato di Enrico Perocchio: “Non c’erano i presupposti per il fermo – ha detto – io credo che ci sia stato un errore di impostazione, il punto era proprio giuridico e in effetti verso l’ingegner Perocchio questo fermo era abbastanza forzato. Non dobbiamo dare colpe all’accusa – ha aggiunto- il giudice è lì per correggere eventuali errori, fondamentalmente. Noi siamo contenti – ha concluso – l’ingegnere è ovviamente provato, stanco ma sereno. Va bene così, andiamo avanti”.
(Il Giorno)