Gli abusi saranno considerati un reato contro la persona, non contro le regole della Chiesa. Una vera e propria rivoluzione copernicana
Cambia il Codice di diritto canonico: pedofilia e abusi sessuali saranno considerati non più reati contro gli obblighi dei consacrati, ma contro la persona e la sua dignità. Pare un dettaglio, in realtà è sostanza: a mutare non è tanto una norma quanto una filosofia. Piccola rivoluzione copernicana: il centro dell’atto criminale non è la mancanza nei confronti delle regole, ma l’offesa alla vittima. Saranno perseguibili, indica il nuovo testo del sesto libro del codice, anche i laici che sono investiti di ruoli specifici nella Chiesa come anche quanti abusino della loro posizione di autorevolezza.
Un vero e proprio giro di vite. Viene introdotto, a maggior chiarezza, anche il reato di omissione della denuncia. Una conseguenza logica del nuovo atteggiamento. L’intervento che porta alla applicazione del nuovo diritto penale viene considerato pienamente parte dell’azione pastorale.
“Chi, oltre ai casi già previsti dal diritto, abusa della potestà ecclesiastica, dell’ufficio o dell’incarico sia punito a seconda della gravità dell’atto o dell’omissione, non escluso con la privazione dell’ufficio o dell’incarico, fermo restando l’obbligo di riparare il danno”, sancisce il nuovo testo, divulgato stamane ma approvato e pubblicato il 23 maggio. Entrerà in vigore l’8 dicembre.
Più in particolare, le nuove norme sulla pedofilia, gli abusi e la pedopornografia seguono, nel capitolo dedicato alle violazioni nei confronti della vita e della persona umana, gli articoli dedicati all’aborto. “Chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae”, si legge, “nei casi più gravi il chierico reo sia dimesso dallo stato clericale”. “Latae sententiae” vuol dire “automaticamente”.
Uguale eventualità per chi “commette un delitto contro il sesto comandamento del Decalogo con un minore o con persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione o con quella alla quale il diritto riconosce pari tutela”. Lo stesso per chi “recluta o induce un minore, o una persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione o una alla quale il diritto riconosce pari tutela, a mostrarsi pornograficamente o a partecipare ad esibizioni pornografiche reali o simulate”. Il terzo caso riguardo colui che “immoralmente acquista, conserva, esibisce o divulga, in qualsiasi modo e con qualunque strumento, immagini pornografiche di minori o di persone che abitualmente hanno un uso imperfetto della ragione”.
In altre parole: chi viola il minore, chi detiene foto pedopornografiche rischia la cacciata. Per una questione di difesa del più debole, e non dell’aderenza alla difesa della dignità della Chiesa.
Misericordia sì, ma anche tanta correzione
Non c’è solo questo, nel libro VI riformato. Innanzitutto, si spiega, si è voluto rinunciare ad un atteggiamento, prevalso negli ultimi decenni, non eccessivamente sanzionatorio. Le nuove realtà, che riguardano non solo materia degli abusi ma anche quella della gestione errata delle finanze, impongono un atteggiamento sì di misericordia, ma anche di correzione.
Scrive lo stesso Papa Francesco: “Per rispondere adeguatamente alle esigenze della Chiesa in tutto il mondo appariva evidente la necessità di sottoporre a revisione anche la disciplina penale promulgata da San Giovanni Paolo II, il 25 gennaio 1983, nel Codice di Diritto Canonico, e che occorreva modificarla in modo da permettere ai Pastori di utilizzarla come più agile strumento salvifico e correttivo, da impiegare tempestivamente e con carità pastorale ad evitare più gravi mali e lenire le ferite provocate dall’umana debolezza”.
La riforma, ad ogni modo, non riguarda solo i reati a carattere sessuale. Una particolare attenzione è dedicata alla materia finanziaria ed economica in generale. Spiega Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, che “sono stati tipizzati reati di tipo patrimoniale come l’alienazione di beni ecclesiastici senza le prescritte consultazioni; o i reati patrimoniali commessi per grave colpa o grave negligenza nell’amministrazione”.
Recita infatti il testo rinnovato: sia punito fino alla privazione “di tutta la remunerazione ecclesiastica o di parte di essa” colui che “sottrae beni ecclesiastici o impedisce che ne siano percepiti i frutti” oppure chi “senza la prescritta consultazione, consenso o licenza, oppure senza un altro requisito imposto dal diritto per la validità o per la liceità, aliena beni ecclesiastici o esegue su di essi un atto di amministrazione”.
Concentrarsi sui casi imposti dalla cronaca più recente però è solo una visione parziale. Vi sono anche altri articoli che indicano la strada che intende percorrere la Chiesa di Francesco. Ribadite le scomuniche per gli eretici, gli scismatici e gli apostati e tutti coloro che operano allo scopo di seminare divisione di ciò che deve essere unito. Anche chi, si noti, procede con le ordinazioni sacerdotali o vescovili fuori delle regole.
In particolare, “sia colui che ha attentato il conferimento del sacro ordine ad una donna, sia la donna che ha attentato la recezione del sacro ordine, incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica; inoltre il chierico può essere punito con la dimissione dallo stato clericale.
(AGI)