Nel Movimento restano perplessità sulla mediazione che Marta Cartabia intende portare domani in Consiglio dei ministri
Se non si completa l’appello entro due anni (un anno per la Cassazione) muore il processo: sulla soluzione che il ministro della Giustizia intende portare in Consiglio dei ministri domani va avanti la mediazione con il Movimento 5 stelle. “Dipende come si declina la prescrizione”, mettono le mani avanti i pentastellati.
In realtà il termine dei due anni non sarebbe inderogabile. Una flessibilità verrà inserita in presenza di un processo complesso, ma senza che ci sia una distinzione dalla tipologia dei reati. Una porta aperta al Movimento 5 stelle, quindi, che però continua a tenere le antenne dritte. Questa mattina i membri pentastellati delle commissioni Giustizia di Camera e Senato si sono riuniti in videocall con il capo delegazione Stefano Patuanelli che poi ha fatto da tramite con il premier Mario Draghi e con la Guardasigilli Marta Cartabia sulle perplessità del Movimento riguardo all’accelerazione e alle indiscrezioni sugli emendamenti alla riforma del processo penale.
Il messaggio consegnato ai ministri è chiaro: vogliamo vedere i testi, non possiamo votare a scatola chiusa, niente deleghe in bianco. In discussione – riferiscono fonti parlamentari – la stessa permanenza nel governo sul tema della giustizia, anche se c’è la totale disponibilità – anche e soprattutto da parte della delegazione ministeriale pentastellata – al dialogo e al confronto. Ci sono altri punti sui quali il Movimento porrà l’accento ma il timore dei 5 stelle è quello di rimanere con il cerino in mano. Ovvero di essere additati come coloro che vogliono far saltare la riforma. “In Parlamento – si sfoga un deputato – su questo tema siamo soli contro tutti. Non vorremmo che fossimo considerati come i sabotatori”.
Perché dietro le quinte si affaccia anche lo spettro della battaglia sui voti segreti, un’arma che potrebbe essere usata nell’Aula sulla riforma che è stata calendarizzata per il 23 luglio, con Draghi e Cartabia che ritengono necessario arrivare al più presto a un taglio dei tempi dei processi, per rispondere alle preoccupazioni di Bruxelles. C’è un precedente. Era il 20 novembre del 2018, il governo viene battuto alla Camera sull’anticorruzione: nel voto segreto passa, con 284 sì e 239 no, l’emendamento Vitiello, che riproponeva un netto ammorbidimento del reato di abuso d’ufficio e di peculato. “Bisogna fare un patto di maggioranza per evitare spaccature o che ci sia un incidente parlamentare”, dice un’altra fonte M5s.
La formula della prescrizione ‘processuale’ (con delle modifiche) scontenta solo il Movimento 5 stelle. Il meccanismo prevede che il decorso della prescrizione del reato si interrompa con la sentenza di primo grado, come previsto dal testo Bonafede ma poi si interviene sulle fasi processuali. A trattare per il Movimento 5 stelle è stato in una prima fase l’ex premier Giuseppe Conte e poi, dopo le note vicissitudini che hanno ‘allungato’ la strada del giurista pugliese verso la leadership del Movimento, direttamente l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede. Con Luigi Di Maio che ha avuto un ruolo centrale nel mediare.
Ora siamo alle fasi finali della partita. Il ministro Cartabia e il premier Draghi hanno convenuto, d’intesa con i ‘big’ M5s, di far saltare la cabina di regia convocata in un primo momento sugli emendamenti che a questo punto approderanno direttamente sul tavolo del Consiglio dei ministri. L’invito che qualcuno nel Movimento ha rivolto ai ministri di prendere le distanze non dovrebbe essere accolto. Non è previsto un voto in Cdm ma è chiaro che ci deve essere l’avallo di tutte le forze della maggioranza. M5s fibrilla, ma chiederà un rinvio, ancora più tempo. Con la prospettiva comunque che in caso di braccio di ferro M5s non riuscirebbe a tenere i gruppi. Anche se pure tra i pentastellati si registrano due ‘fronti’: il primo che vorrebbe intestarsi una battaglia su altri dossier (“Di fatto sono caduti due governi sulla giustizia, non possiamo rischiare che cada il terzo”, osserva un altro deputato), il secondo che indica nel reddito di cittadinanza e nella difesa della riforma Bonafede l’argine per restare aggrappati al governo.
In una fase nella quale il Movimento 5 stelle è ancora alle prese con lo statuto: i sette saggi che lavorano sul documento si vedranno anche stasera, non tutti i dubbi sono stati sciolti e per ora non sono ancora previsti gli incontri ‘separati’ che le persone indicate da Grillo dovranno avere con Conte e con il fondatore M5s.
(Agi)