Direttamente dall’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma, arriva al cinema Quantestorie di Manziana l’ultimo eccellente prodotto di Wim Wenders, un maestro del cinema contemporaneo: Il Sale della Terra.
L’autore proprio a Roma ha partecipato, tra l’altro, ad un incontro col pubblico per presentare questo notevole film documentario e per discutere appunto dello stretto rapporto e della forte interazione che sempre più vanno esistendo tra “Cinema e Fotografia”.
“Il Sale della Terra”, infatti, è interamente realizzato con foto scattate nei luoghi di maggiore sofferenza del mondo, dal Sahel ai Balcani al Rwanda.
Opera di uno dei più celebri fotografi viventi al mondo, Sebastião Salgado, il documentario vuole rendergli omaggio.
Non a caso Wim Wenders, nella realizzazione di questo docu-film è stato affiancato dal figlio di Salgado, Juliano Ribeiro RibeiroRibeiro. Per un alto esempio, al tempo stesso, di testimonianza e denuncia delle condizioni in cui si vive e dei problemi che affliggono quelle zone spesso considerate terre “marginali” del mondo, mentre ne sono una risorsa inestimabile. Facendone un resoconto dettagliato, approfondito, preciso, puntuale e documentato appunto in maniera concreta e reale, senza finzione né nessuna mistificazione dei dati di fatto, ne diventa un simbolo di memoria immortale quasi.
Qui a Manziana sarà in programmazione fino al 21 gennaio prossimo; eccetto martedì 20 poiché il cinema è chiuso per riposo. Questi gli orari delle proiezioni: alle ore 17 ed alle ore 18:40 sabato 17; alle ore 17:30, 19:30 e alle 21:30 domenica 18; alle ore 19:30 ed alle ore 21:30 lunedì 19; infine, nell’ultima giornata di mercoledì 21, alle ore 17:30. Il costo è sempre di 6 euro, di 5 euro per i ridotti e di 4 euro, il ridottissimo per tutti coloro che sono muniti della Promocard.
Dunque ancora diversi pomeriggi per gustare questo “omaggio alla bellezza del pianeta che viviamo” in cui, passando attraverso la trasformazione del Brasile dove è stata attuata un’opera di rimboschimento esemplare, si vuole rendere atto ai Salgado del loro “impegno a favore dell’ecologia”, in un’epoca in cui non è mai inutile ricordare l’importanza delle tematiche e problematiche “verdi”.
Soprattutto anche per, come vuole evidenziare Wenders, “non perdere la fede nell’uomo” e nelle sue doti e capacità costruttive più che autodistruttive e nocive a sé ed all’ambiente appunto.
Tale input poteva venire solo da chi, come Sebastião Salgado, sono circa 40 anni che testimonia i fatti più sconvolgenti e memorabili che caratterizzano il nostro pianeta, a partire dalle carestie, dalle migrazioni di massa, ai conflitti internazionali. Attualmente vive a Parigi e quella per il documentario è una passione che ha scoperto a seguito degli studi universitari di economia e statistica quando decide, dopo una missione in Africa, di diventare fotografo.
Il primo dei suoi tanti capolavori è un reportage sulla siccità del Sahel del 1973, seguito da uno sulle condizioni di vita dei lavoratori immigrati in Europa. Una passione sempre più forte tanto che, nel 1994, decide di creare con Lelia Wanick Salgado, Amazonas Images, una struttura autonoma completamente dedicata a queste cause.Un lavoro meticoloso che può richiedere mesi e persino anni, che poi sfocia in libri tradotti in diverse lingue e mostre in tutto il mondo.
Come accaduto per La mano dell’uomo, una pubblicazione monumentale di 400 pagine, uscita nel 1993, tradotta in sette lingue e accompagnata da una mostra presentata finora in oltre sessantamusei e luoghi espositivi di tutto il mondo.
Molte le altre opere monumentali che potremmo citare. Di recente, nel 2013, Salgado ha dato il suo sostegno alla campagna di Survival International per salvare gli Awà del Brasile, la tribù più minacciata del mondo. I diritti dei lavoratori, la povertà e gli effetti distruttivi dell’economia di mercato nei Paesi in via di sviluppo son i principali temi che affronta questo fotografo impegnato. Non a caso, tra l’altro, uno dei suoi libri si intitola “100 Foto per difendere la libertà di stampa (Edizioni Gruppo Abele novembre 1996), a dimostrazione di quanto la sua produzione sia sempre attuale, pensando al recente caso avvenuto a Charlie Hebdo in Francia.
E se a lui si associa un regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, fotografo, critico cinematografico e scrittore tedesco quale Wenders ne nasce un connubio di forte calibro. Esponente di primo piano del Nuovo Cinema tedesco, ha conosciuto il successo internazionale dirigendo pellicole quali Lo stato delle cose, Paris, Texas e Il cielo sopra Berlino che gli sono valsi numerosi riconoscimenti di carattere internazionale. Palma d’oro a Cannes nel 1984, ha inoltre ricevuto il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1995. E sono numerose le sue opere, soprattutto documentari, di rilievo che potremmo citare; tra tutti due esempi: “Buena Vista Social Club” (1999) e “Pina” (2011, documentario e lungometraggio in 3D sul teatrodanza). La qualità dello spettacolo cinematografico è assicurata.
Barbara Conti