Classe 1971, natali napoletani (è nato a Bagnoli) e… “vagabondo” d’adozione, visto che dopo i primi 18 anni vissuti “a casa”, ogni tre anni si è spostato per lavoro; sposato, due figli, Marcello Majorani è il nuovo direttore del museo di Vigna di Valle.
Chi è Marcello Maiorani?
«Diciamo un predestinato dell’Aeronautica, mio nonno e mio zio erano piloti, mio padre aveva un ruolo logistico, io… un “navigante” dell’Aeronautica. E’ l’unico mestiere che avrei voluto fare, avevo 9 anni e sognavo di fare il pilota delle Frecce Tricolori. Le aggiungo che non ho lavorato un giorno nella mia vita, perché ho fatto il lavoro che mi piaceva e, si sa… quando si svolge un lavoro che piace… è come se non si lavorasse».
Lei è un “operativo”…
«Si, in trent’anni di Aeronautica sono sempre stato impegnato in volo, ho fatto parte dell’equipaggio di volo del Tornado, poi sono passato in ambienti della Forza armata che dirigevano gli aerei. Ho fatto il capoufficio operazioni in Sardegna, poi sono tornato alla squadra aerea, fino all’ultimo incarico prima di arrivare a Vigna di Valle. Ero allo Stato Maggiore della squadra aerea, che comunque si occupava di operazioni in volo. Ecco, quello attuale è il primo incarico che esula dalle operazioni aeree».
Come si è ritrovato qui, a svolgere il ruolo di direttore del museo?
«Su input delle autorità superiori, che mi hanno chiesto formalmente, in vista del centenario, di controllare che le operazioni del centenario stesso fossero come le avevano previste. Volevano una persona che avesse un background operativo per poter rendere operativo il progetto del centenario».
Un triennio alla volta, questo significa che lei fra due anni e mezzo potrebbe lasciare questo incarico.
«Si, potrei essere “movimentato”, ma c’è anche da calcolare che molto dipende dall’anzianità. A un certo numero di anni dalla pensione la Forza armata può decidere se “movimentare” ancora o lasciare il “soggetto” nello stesso posto».
Il museo come si sta preparando al centenario?
«Il progetto del MUSAM 2023 è solo una delle iniziative messe in campo. Il progetto stesso prevede anche manifestazioni aeree, il rifacimento del progetto e mostre itineranti per l’Italia. Per esempio, gli oggetti che non troveranno spazio nella mostra allestita qui, all’interno del museo, saranno catalogati e portati in giro per l’Italia, un polo al nord, uno al centro e uno al sud. E saranno visitabili nel secondo semestre del 2023. Ecco, il progetto del centenario comprende Vigna di Valle, ma anche altre situazioni. Per quel che riguarda il museo l’idea è quella di renderlo fruibile, visitabile e “capibile” anche ai non appassionati. Il museo prima era visitabile, ma comprensibile solo se si era appassionati. Il nuovo progetto prevede tutti pezzi originali, per esempio la divisa di Italo Balbo sarà quella originale, non una riproduzione. Stesso discorso per gli aerei. Le repliche, le copie, saranno portate in giro, sottolineando al pubblico ovviamente che gli originali sono tutti nel museo di Vigna di Valle».
Chi sono i visitatori del museo?
«La maggior parte dei visitatori sono ex dell’Aeronautica, che in molti casi “tirano dentro” amici e associazioni varie, aeronautiche, culturali… pensi che ultimamente la visita al museo è stata inserita anche nel servizio di alcuni tour operator di Roma. E poi molti piloti che vogliono venire a vedere se il loro velivolo è stato inserito nel museo. E dunque appassionati, piloti e amatori».
Mai passato per la mente il pensiero “chi me lo ha fatto fare”? Penso, per esempio, ai sacrifici della famiglia.
«Sono stato fortunato, mia moglie mi ha sempre seguito nei trasferimenti. E se la famiglia ti segue lavori in un certo modo, se devi fare il pendolare e sai che la famiglia è lontana e non la puoi aiutare, di sicuro lavori in un’altra maniera. Ho sempre lavorato serenamente, moglie e figli mi hanno sempre seguito. Dunque, mai ho rimpianto la scelta che ho fatto».
Un momento irripetibile della sua carriera?
«Beh, non è della carriera, ma mi viene in mente il mio matrimonio. Se però parliamo della carriera aeronautica le dico il primo lancio che ho fatto, nel 1999, in Kosovo. Era la prima volta che andavo in guerra. Poco prima c’era stata l’operazione nella Bosnia-Erzegovina, come gruppo caccia bombardieri fummo inseriti in quel contesto. Come chiunque non ho dormito la notte prima, del resto lo dico sempre, “chi non ha paura è un fesso”, la paura è parte integrante dell’essere umano e fra le altre cose fa agire anche meglio. Se non ha paura, i dogmi non esistono nelle Forze armate, ci si fa male, soprattutto quando si fanno cose pericolose. Poi, dopo la prima operazione, tutto diventa più naturale».
Massimiliano Morelli