La nascita di un bambino implica la ridefinizione dei ruoli e la rielaborazione dei rapporti tra le generazioni. I genitori dei neogenitori diventano nonni e devono rinegoziare il rapporto con loro, permettendo loro di assumere un ruolo diverso da quello di figlio. È importante che i nonni, anche se con le opportune distanze, sostengano i figli nel ruolo di genitori e che si rapportino con i nipoti senza sostituire i neogenitori. Ciò non significa escludersi o escludere la propria famiglia di origine, ma stabilire con loro le regole e i confini, vivendo serenamente il fatto di aver ridefinito le distanze e gli equilibri.
Diventare mamma
I nove mesi della gravidanza sono caratterizzati da una serie di cambiamenti psichici che si verificano in concomitanza con quelli corporei. La donna inizia a riflettere su tre aspetti molto importanti: il rapporto con la madre, con se stessa in quanto madre e con il bambino. Durante la gravidanza, la donna ( così come il suo partner) si trova in una particolare situazione, essendo al tempo stesso figlia di sua madre e madre di suo figlio. Ripercorrendo la propria infanzia ha l’opportunità di riflettere sulla tipologia di cure che ha ricevuto dai genitori. Sono aspetti fondamentali ai fini dello sviluppo di un proprio modello di maternità.
Sintomi psicosomatici e preoccupazioni in gravidanza
Attraverso il corpo e, più nello specifico, mediante sintomi somatici, le madri possono esprimere anche emozioni e ansie, conflitti che vengono espressi attraverso il corpo. Sintomi come nausee o ipersonnia, comuni e spesso fisiologici, possono essere invece un modo per manifestare preoccupazioni che non vengono verbalizzate. Esprimere preoccupazioni, dubbi e sentimenti ambivalenti, accoglierli, elaborarli in una dimensione sia individuale che di coppia costituisce un importante passo per salvaguardare il benessere psico-fisico e quello del bambino. Tra le preoccupazioni più frequenti vi sono la paura di non essere in grado di rispondere ai bisogni del bambino o il timore che il figlio abbia malattie o handicap.
Altro aspetto che genera angoscia nelle donne è l’incapacità di gestire il dolore legato al parto. È importante riflettere sugli aspetti che contribuiscono a rendere il dolore del parto un’esperienza tollerabile: è un dolore fisiologico, quindi la mente ha la capacità di affrontarlo; è un’esperienza maturativa che aiuta ad assumere il ruolo adulto di genitore; è un’esperienza che porta all’incontro gioioso con la vita ed è totalmente diverso dal vissuto di dolore di una malattia; è un’esperienza di responsabilità che induce la mamma a occuparsi e preoccuparsi del travaglio del figlio e le permette di insegnare al neonato che le esperienze dolorose non sempre sono distruttive; è un’esperienza che va condivisa con il padre del bambino che assiste al parto e si rende presente per contenere madre e figlio impegnati nello straordinario e commovente evento parto-nascita.
Diventare papà
La gravidanza, oltre che per la donna, costituisce un periodo di forte cambiamento e intense emozioni anche per l’uomo, che deve prepararsi a un cambiamento di ruolo e di identità. Sebbene il coinvolgimento paterno durante la gravidanza sia un processo che si evolve in modo più lento rispetto a quello materno, alcune ricerche hanno messo in evidenza come nell’ultimo trimestre di gravidanza gli uomini abbiano già elaborato una rappresentazione del bambino e di sé come padre sufficientemente definita ed emotivamente connotata. Questo ha portato i padri a focalizzarsi sulle responsabilità a livello esteriore, sul fornire alla famiglia tutto il necessario, a considerare i loro doveri dal punto di vista economico. Questa preoccupazione materiale è dovuta anche al fatto che per molto tempo non si è parlato dell’emotività del padre, argomento a lungo evitato. La cultura prevalente nella maggior parte delle società ha infatti da sempre alimentato lo stereotipo secondo il quale la mascolinità mal si concilierebbe con l’espressione dei sentimenti e indicando come disdicevole per l’uomo fare riferimento al proprio mondo privato, personale. Negli ultimi anni, però, si è riscontrata una maggiore partecipazione dei padri sia durante la gestazione che dopo la nascita del bambino. Coinvolgere i neopapà durante la gravidanza (per esempio nei corsi di accompagnamento alla nascita) può aiutarli a “mentalizzare” il bambino (e quindi a immaginarlo, a pensarlo) e anche a sviluppare la parte più sensibile ed emotiva.
La gravidanza del papà è mentale, ed è importante che anche i padri ricevano il giusto sostengo per affrontare il delicato processo che li porterà a riconoscersi nel ruolo di genitore.
La funzione “antidepressiva” paterna
Durante i primi mesi dopo la nascita, il padre si trova da un lato a sostenere la compagna per consentirle di dedicarsi adeguatamente al piccolo, a fornirle sicurezza e a proteggerla da un eccesso di sofferenza psicologica; dall’altro a gestire la frustrazione legata all’iniziale e fisiologica esclusione da questo legame diadico. Un padre molto ansioso, depresso, insicuro, bisognoso di costanti attenzioni da parte della compagna potrebbe non essere in grado di svolgere adeguatamente il ruolo protettivo; in questi casi potrebbero presentarsi difficoltà che si riversano nella relazione tra madre e figlio, favorendo la manifestazione di disturbi emotivi nella madre e problemi psicologici e cognitivi nel figlio È, infatti, fondamentale riconoscere l’importanza anche del padre sin dall’inizio della gravidanza, sostenendolo nel suo ruolo, individuando le sue difficoltà e promuovendo il suo coinvolgimento nelle visite ginecologiche, nelle attività di consultorio familiare e nell’assistenza per tutto l’anno successivo al parto . Il sostegno da parte del proprio partner e della famiglia d’origine è cruciale soprattutto nei primi tre mesi dopo la nascita del bambino. La neomamma, infatti, si appresta ad affrontare una fase molto delicata, quella dell’allattamento, durante la quale spesso entra in confusione ed ha bisogno di un aiuto costante da parte degli operatori dei consultori per superare crisi, interruzioni, dubbi, angosce.
La depressione post-partum
Con la nascita del bambino una donna si trova inevitabilmente a fronteggiare vissuti emotivi complessi e delicati. Più spesso di quanto pensiamo, nei primi giorni dopo il parto la mamma sperimenta uno stato emotivo di profonda tristezza e affaticamento, il cosiddetto maternity blues, o “sindrome del terzo giorno”. I principali sintomi sono: frequenti sbalzi d’umore, crisi di pianto, ansia, dubbi e preoccupazioni insistenti che possono riguardare la salute del bambino e la sua sopravvivenza: «Sta bene? Cresce bene? È sano?», oltre a timori e incertezze relative alle proprie capacità genitoriali: «Sto facendo bene? Ce la farò?». La madre può provare insofferenza e risentimenti nei confronti del figlio, soprattutto in situazioni che possono essere frustranti, come quando il bambino si rifiuta di mangiare, o si risveglia ripetutamente durante la notte. Solitamente questi sentimenti vengono accettati con molta difficoltà, non solo dalla madre ma anche dal contesto sociale, che spesso risponde allo stereotipo secondo cui la maternità sia un evento esclusivamente felice. Di conseguenza, proprio per adeguarsi alle aspettative, la madre può arrivare a dissimulare le preoccupazioni, mascherando il suo stato d’animo con un’apparente felicità per la sua nuova condizione. Questa reazione emotiva, piuttosto comune tra le madri, dura di solito pochi giorni e tende a diminuire spontaneamente e ad andare incontro a un progressivo miglioramento. I sintomi più comuni sono sentimenti intensi di incompetenza, tristezza, vergogna, collera, difficoltà nel sonno e calo dell’appetito. La depressione materna influenza anche i comportamenti e le attitudini materne nei confronti del neonato.
In alcuni casi, le richieste del bambino possono generare rabbia o ostilità, oppure la tristezza può essere così pervasiva da rendere difficile relazionarsi o giocare con lui, al punto che la madre tenderà a evitare il contatto e la vicinanza, sia fisica sia emotiva. Le persone che sono intorno alla donna (partner, familiari, amici) hanno un ruolo di supporto importante. Alcune volte la mamma ha solo bisogno di avere qualcuno accanto che accolga le sue reazioni senza allarmarsi né minimizzarle. Si può sostenere la neomamma concretamente, per esempio cucinando per lei o aiutandola nelle faccende di cui momentaneamente non può occuparsi. Inoltre, è meglio non darle consigli, a meno che non siano richiesti, in quanto alimentano i suoi sensi di inadeguatezza: presto la neomamma troverà da sé le proprie strategie.