Il Natale è una festa che unisce praticamente tutti, credenti (cristiani o altro) e atei, ma quale è il motivo profondo che permette questo miracolo? Per la religione cattolica si festeggia la nascita del Cristo Redentore. Ma ormai tutti sanno, se hanno letto i Vangeli, che Gesù non può essere nato il 25 dicembre, anche solo per il fatto che a dicembre, in Palestina, non ci sono pastori nelle campagne, né può essere nato 2021 anni fa, perché il censimento chiesto dall’imperatore di Roma era avvenuto anni prima. Non è un caso, poi, che la festa (come peraltro tantissime altre feste cristiane) sia stata decisa dal Concilio di Nicea nel xx d.C. sovrapponendola a quella pagana del “Sol invictus”. Ecco, proprio questa sovrapposizione spiega il senso profondo della festa che non è solo la nascita di una persona o di un Dio per i cristiani, ma la sopravvivenza attraverso una rinascita per tutti.
Noi moderni non ce ne rendiamo più conto, a causa della presenza costante di luce, naturale o artificiale che sia, ma l’osservazione che il sole riprendeva a splendere per maggior tempo durante la giornata e con maggior vigore dopo essere stato quasi per scomparire, quel sole che oggettivamente non muore e non morirà per miliardi di anni ancora, rappresenta la fiducia nella prosecuzione della specie umana, cioè si sublima nel senso della rinascita, si oggettivizza nell’amore che permette la riproduzione della propria specie mettendo al mondo dei figli. Il Natale è la festa del futuro che vediamo: i nostri figli.
Per noi del mondo della scuola, che amiamo e lavoriamo per il bene dei figli di tutti, il Natale è quindi una festa da non mancare e ricordare in tutte le sue sfaccettature. Alla “Melone” di Ladispoli, in particolare, sperando che l’intelligenza delle persone non ci costringa ancora a un ulteriore terribile lock down (terribile in quanto distruttore dell’economia, ma soprattutto perché causato da morti che potrebbero essere nostro amici e parenti) vogliamo festeggiare una doppia speranza, quella della rinascita dell’uomo e quella della rinascita della socialità, facendo rivivere quei momenti di riaggregazione, mantenendo sempre tutte le misure di sicurezza anti CoViD che hanno tenuto lontano dalla nostra scuola il Sars Cov 2, come l’arrivo di Babbo Natale (quel San Nicola che ricompose e fece rivivere i pezzi dei bambini che un oste voleva servire la sera a cena ai suoi ignari avventori), la decorazione di tutti gli spazi (perché se si vive in spazi allegri, la tristezza fugge via), il presepe vivente (per riportare entro la scuola i genitori sinora tenuti lontano per le misure di sicurezza), le pastorelle (per rallegrare con la musica dei nostri ragazzi le vie del centro), il concorso fra ragazzi per il presepe più particolare (ne abbiamo visti di incredibili a dimostrazione che la fantasia non ha limiti), l’accoglienza di autorità religiose (per non far dimenticare che essere è più importante che avere), il mercatino degli oggetti elaborati da bambini e ragazzi (per raccogliere fondi per aiutare chi ha bisogno) e tantissime altre attività che l’esperienza detta ai docenti per donare gioia al nostro futuro.
Il nostro Natale è la rinascita della vicinanza, della ripresa, della speranza che il nostro mondo non termini con noi e fino a che vedremo occhi spendenti di felicità dei nostri figli quella speranza vivrà ancora.
Riccardo Agresti