23 Dicembre, 2024
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Rita Borsellino incontra gli studenti dell’Alberghiero di Ladispoli

C’erano silenzio, attenzione ed emozione lunedì mattina, 13 aprile, nella Sala consiliare del Comune di  Ladispoli. Centinaia di studenti dell’Istituto Alberghiero e del Liceo Pertini hanno accolto Rita Borsellino per il convegno conclusivo del Progetto di Educazione alla Legalità “+SAI +SEI. Più Cultura Meno Mafia”,  ideato e coordinato dalla prof.ssa Sara Leonardi, docente del plesso di via Federici.

“Quando la scuola accompagna un giovane nel capire il senso del vivere insieme, – ha sottolineato la prof.ssa Leonardi nell’introdurre i lavori – la ragione delle regole rispettose dei diritti e delle libertà degli altri, il fatto che i cambiamenti partono anche dalla vita quotidiana, dalle piccole cose, dall’impegno di ognuno, dal rifiuto delle scorciatoie, allora la scuola sa anche educare alla legalità. I giovani – ha aggiunto – sono persone capaci, creative, alla ricerca della loro strada, del loro modo di esprimersi e sono disposti ad ascoltare e seguire di più non il maestro che indica la giusta via da seguire, ma il testimone di vita, perché costui vive questo ideale sulla propria pelle e lo fa suo senza paura di mettersi in gioco.”

“Il giudice Paolo Borsellino ha combattuto in prima linea per l’affermazione della cultura della legalità – ha sottolineato ancora la prof.ssa Leonardi  –  e grazie all’attività instancabile di Rita, continua a vivere come esempio di dedizione assoluta alla giustizia, di passione civile, di autentico eroismo”.

Un saluto è stato rivolto ai presenti dalla Dirigente Scolastica dell’Istituto Alberghiero, prof.ssa Vincenza La Rosa: “I giovani di quest’età – ha ribadito – non sono privi di ideali e di interessi, anzi hanno radicata in loro stessi una grande ricchezza interiore, hanno insita ed incardinata nella loro coscienza la legalità e per questo hanno bisogno di essere informati da interlocutori credibili e capaci di portare una valida testimonianza come la Dott.ssa Rita Borsellino.

Faremo tesoro di questo momento che si riassume nella necessità per ciascuno di noi di ancorare la propria esistenza a valori e ideali quali il senso della legalità, il rispetto dei diritti, la responsabilità, il rifiuto della sopraffazione e della prepotenza”.

Dopo il ringraziamento rivolto ai relatori e ai rappresentanti delle Forze dell’Ordine da parte della moderatrice del convegno prof.ssa Caterina De Caro e il saluto del sindaco Crescenzo Paliotta, hanno preso la parola i giornalisti Michele Cucuzza e Angelo Vecchio. Il primo ha sottolineato la necessità, in Italia, di una rifondazione culturale e non solo politica, ponendo al centro del dibattito la questione etica e puntando l’attenzione sulle potenzialità, per i giovani, della dimensione europea. Il secondo ha ricostruito la storia della Mafia dalla strage di Portella della Ginestra a quella di via D’Amelio, facendo riferimento alla prima comparsa del termine e alle diverse ipotesi riguardanti le sue origini.

“La Mafia – ha quindi esordito l’Onorevole Borsellino – oggi non è riconoscibile, ha il doppio petto, ha la valigetta del computer portatile, fa transazioni internazionali, ha laureato i propri figli, tratta con i Paesi di Schengen perché le frontiere sono aperte e sono libere”.

“Non avete voglia di verità? Non sentite il bisogno della verità? – ha chiesto, poi, ai presenti – Io ne sento un bisogno incontenibile… Non mi bastano compianti, non mi bastano onori, non mi basta la medaglia al valore civile assegnata alla memoria di Paolo. Io voglio sapere perché Paolo è stato ammazzato, io voglio sapere a chi serviva che Paolo morisse … Era il mio punto di riferimento, era la mia verità Paolo, oltre che la mia sicurezza, e mi son dovuta guardare intorno, perché di gusci non ne avevo più. E quando ho cominciato a guardarmi intorno, c’erano troppe cose che non mi tornavano”. Rita Borsellino ha ricordato quindi i nomi degli agenti della scorta morti nella strage: Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Claudio Traina, Walter Cosina. “Storie semplici di persone comuni, – ha sottolineato la sorella del giudice di Palermo – affetti, desideri, progetti di vita, che finiscono lì, in un abbraccio a Paolo Borsellino”.

E agli allievi, commossi, che le chiedevano che cosa fosse più importante ricordare del magistrato ucciso dalla mafia, ha risposto senza esitazione: il senso della giustizia, l’amore per la verità e la coerenza, insieme al suo ultimo sorriso. E ancora una volta la memoria di quel drammatico 19 luglio 1992 ha emozionato gli studenti, soprattutto quando Rita Borsellino ha raccontato gli istanti drammatici immediatamente successivi alla strage: “Mia figlia tornò e io mi apprestavo a consolarla, – ha ricordato –  lei invece mi mostrò le mani e le aveva sporche di fumo, nere. Me le mise sul viso e mi disse: “ Mamma, sai, ho accarezzato lo zio Paolo, sorrideva”. “Ho sentito parlare di questo sorriso di Paolo rimasto oltre la morte – ha aggiunto  –  come se volesse indicarci che c’era qualcosa, dopo, per cui valeva la pena vivere e che si doveva continuare a vivere”.

E, infine, un plauso alla scuola, a quello che ha fatto in questi 23 anni, dalle stragi di Capaci e via D’Amelio a oggi, alimentando la memoria e rendendola viva. È molto importante “la guida che la scuola ha saputo assumersi nonostante nessuno gliela avesse affidata, e che ha portato avanti caparbiamente. Perché non si possa dire – ha concluso – io non sapevo, io non c’ero”.

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