Ci auguriamo che le armi non sparino più quando questo articolo sarà pubblicato. E’ difficile prendere una posizione sulla guerra in Ucraina, mette a nudo tutte le ipocrisie della parte ricca del pianeta il cui benessere è fondato sull’accaparramento di enormi ricchezze, non solo economiche, a discapito di una parte considerevole dell’umanità, indipendentemente da dove si abiti. E’ inutile nasconderlo, questo accaparramento passa anche attraverso i conflitti armati, alcuni mantenuti in vita per decenni, altri diventati vere e proprie guerre.
Le generazioni che abiteranno il nostro pianeta nel prossimo futuro stanno ponendo domande alle quali dobbiamo dare una risposta chiara e, soprattutto, che indichi quali siano le soluzioni alle tragedie che stiamo vivendo. E’ la prima volta nella storia dell’umanità che le conseguenze del nostro agire o non agire, potrebbero avere una dimensione planetaria.
Due sono le questioni che dobbiamo affrontare urgentemente, i cambiamenti climatici e i conflitti armati con una loro possibile deriva nucleare. Per tutte e due le questioni è necessario intervenire subito, ora, adesso.
Punto di non ritorno
Sul fronte dei cambiamenti climatici è opinione della comunità scientifica che siamo vicini al punto di non ritorno, l’orizzonte temporale degli interventi per arrestare questi cambiamenti indicano il periodo che va dal 2030 al 2050 come limite ultimo per invertire l’attuale tendenza, anni estremamente vicini. Ormai, anche i più riottosi ad ammettere la necessità di abbandonare i combustibili fossili, stanno diventando i fautori della transizione energetica, il passaggio a fonti che siano sostenibili per l’ambiente e per il nostro futuro. Tutti sono d’accordo che dobbiamo agire e utilizzare tutte le nostre conoscenze per rendere compatibile la nostra presenza con le risorse che il pianeta è in grado di assicurarci.
Niente dialogo né diplomazia
L’invasione dell’Ucraina ci mette di fronte alla profonda contraddizione che l’umanità sta vivendo, ovvero l’incapacità a risolvere le dispute tra le nazioni con il dialogo e la diplomazia. Chi ha le armi più letali e l’esercito più potente si sente in diritto di espandere il proprio territorio a danno di altri territori abitati legittimamente da altri popoli. E’ vero, nessuna delle potenze militari ed economiche sono esenti da colpe sui conflitti permanenti che ci sono nel mondo, ma per la prima volta si sta valutando concretamente la possibilità dell’uso degli armamenti nucleari. L’uso di queste armi potrebbe rendere invivibile per un lungo periodo il nostro pianeta e anche in questo caso siamo chiamati ad agire, non possiamo restare a guardare una possibile “escalation” del conflitto. Tutti gli sforzi per mettere Putin e Zelensky intorno a un tavolo devono essere fatti, ma non possiamo chiedere al popolo ucraino di arrendersi e non difendere la propria terra. Quando taceranno le armi avremo tutto il tempo per disquisire su quelle che sono state le ragioni “profonde” che hanno portato a questo conflitto, le nostre responsabilità verranno analizzate e si avvieranno le azioni per evitare guerre future. Ora però abbiamo il difficile compito di risolvere il paradosso che abbiamo di fronte, scongiurare l’uso dell’arsenale nucleare e aiutare un popolo che si vuole difendere senza che questo implichi un nostro intervento diretto.
Ci auguriamo che le sanzioni economiche abbiano effetti il prima possibile e si avvii il processo di riconciliazione tra il popolo russo e quello ucraino. L’eredità di questa guerra sarà pesante per i danni materiali e per le vittime, ma lo sarà ancora di più sulle generazioni future, che dovranno trovare la capacità di superare il sentimento di odio che in questo momento la guerra sta instillando.
Salvatore Scaglione