Sono più di tre milioni, in Italia, le persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, mentre ogni anno quasi 3mila muoiono a causa di queste patologie. Le donne sono le più colpite: quasi il 96% dei casi interessano infatti la popolazione femminile. Un fenomeno che desta sempre più preoccupazione. L’emergenza coronavirus ha contribuito a peggiorare il quadro, ma gli strumenti per una terapia adeguata non mancano e sono tanto più efficaci quanto prima è possibile intervenire.
Disturbi alimentari, in particolare, nell’età dell’adolescenza: quali sono i sintomi da tenere sotto controllo al fine di poter intervenire in modo tempestivo?Ne abbiamo parlato con Leonardo Mendolicchio, Direttore Riabilitazione dell’Unità Operativa Complessa per i Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione dell’Istituto Auxologico Italiano di Piancavallo e direttore scientifico della Comunità Lo Specchio di Iglesias.
Come è cambiato il quadro dei disturbi dell’alimentazione negli ultimi due difficili anni?
Negli ultimi due anni i nuovi casi di disturbi alimentari interessano prevalentemente i preadolescenti e gli adolescenti con una triade sintomatologica molto chiara: l’anoressia, la depressione e l’autolesionismo. Sono tutti quadri spesso caratterizzati da un importante calo dell’umore, probabilmente dovuto a traumi e ad altri fattori legati all’isolamento sociale e alle difficoltà causate dalla pandemia. In queste condizioni si struttura un rifiuto del cibo. C’è poi l’autolesionismo, che è un modo particolare con cui gli adolescenti esprimono il loro malessere emotivo imprimendolo sul corpo. Molti di loro usano l’autolesionismo per tentare di controllare la tempesta emotiva che stanno vivendo.
Cosa si può fare per porre argine a questa epidemia invisibile?
È essenziale divulgare e informare il più possibile, perché in campo medico-sanitario prima si osservano e si riconoscono i fenomeni prima si curano. Quindi è fondamentale tenere desta l’attenzione su queste tematiche dal punto di vista mediatico e da quello socioculturale. In tal modo si permette alle famiglie e ai ragazzi di riconoscere prima questa sofferenza e a noi clinici di occuparcene in modo tempestivo.
Come nasce l’idea di curare insieme i disturbi alimentari e le dipendenze patologiche, come avviene nel centro di Iglesias?
L’idea della comunità ‘Lo Specchio’ di Iglesias nasce mettendo insieme due bisogni di cura che sempre più di frequente viaggiano assieme: l’utilizzo delle sostanze stupefacenti – che diventa spesso una vera e propria patologia sfociando in un’alterazione psicopatologica importante – e i disturbi alimentari. Questo accade proprio perché la dinamica psichica di chi utilizza sostanze stupefacenti è molto simile a quella di chi ha un disturbo del comportamento alimentare. Il soggetto affetto da anoressia diventa per esempio dipendente dalla sensazione di fame e dall’iperattività, mentre il soggetto che soffre di bulimia diventa dipendente dal vomito e dal cibo. Facilmente chi ha un disturbo alimentare presenta anche comportamenti di dipendenza, mentre chi ha una dipendenza patologica sviluppa poi un disturbo alimentare. Da qui l’esigenza di creare una competenza comune che possa dare risposta a entrambi i fenomeni.
Altri centri seguiranno l’esempio della comunità “Lo Specchio”?
Spero che in Italia si crei sempre di più una cultura clinica e scientifica che tratta i fenomeni nella loro complessità. Troppo spesso nella medicina contemporanea, e la psichiatria non fa eccezione, ci si sofferma a curare i sintomi e non le persone affette da problematiche che sono complesse. L’auspicio è che i luoghi di cura che trattano i disturbi alimentari possano diventare luoghi di cura che trattano le persone con i disturbi alimentari.
!uali consigli può dare per ai genitori, affinchè possano aiutare i propri figli a fare prevenzione e possano individuare eventuali disturbi alimentari dei figli in modo tempestivo?
Ai genitori bisogna consigliare di avere coraggio, di non spaventarsi di fronte ai sintomi che possono destare sospetto, come per esempio un cambiamento delle abitudini alimentari associato a isolamento e malumore, e rivolgersi subito a persone specializzate. Il più delle volte è un falso allarme, ma laddove non fosse così cominciare subito le cure favorisce di gran lunga l’esito e l’efficacia delle cure stesse.
Marialuisa Roscino