Quella cronaca che sembra tratta dai film dell’orrore
A pochi giorni dalla sentenza che ha visto condannati all’ergastolo i fratelli Bianchi, che nel 2020 uccisero a pugni e calci il piccolo Willy Montero, e dalla morte di Nicolas Brischetto, il ventiduenne rom che sul raccordo anulare si è schiantato con la sua Lamborghini a 300 chilometri orari filmandosi col cellulare, siamo ancora una volta obbligati a riflettere sulla degenerazione dei giovani 4.0.
L’idolatria di “dei” cattivi rivendicata con orgogliosa appartenenza al “male”, il fiero dispregio di ogni regola e di ogni formula di prescrizione, il verbo “osare” portato al limite fisiologico dell’imprudenza, l’eccesso come unico parametro di condotta, la mancanza assoluta di educazione e rispetto, la nullafacenza per distillare la cultura del guadagno senza fatica: ecco l’identikit dei nostri giovani, o almeno di quella percentuale di giovani, in imbarazzante crescita, che si rendono protagonisti di fatti di cronaca che vanno dallo sciocco all’efferato, passando per le gradazioni dell’insensato, sconsiderato, pericoloso, vietato, illecito, truce e assurdo.
Cause e responsabilità
Quali le cause e di chi le responsabilità? Si corre il rischio della retorica, di fronte alla solita domanda a cui affidiamo la ricerca di un senso, quando spesso, quello che fanno i nostri giovani e giovanissimi, un senso non ce l’ha.
Rifugiarsi negli stereotipi della generalizzazione ci porta lontano dalle nostre responsabilità. Assistiamo tra lo sconcertato e lo scandalizzato alle centinaia, migliaia di notizie aberranti i cui protagonisti sono ragazzi e ragazze sempre più giovani e ci chiediamo come sia possibile.
Interrogativi e rassegnazione
Domande che ci poniamo quasi rassegnati, come se fosse un virus a far decadere le nuove generazioni, una sorta di mutazione congenita sciagurata, spesso pensando che la loro degenerazione sia qualcosa che non ci appartenga perché i nostri pargoli “non lo farebbero mai”.
Eppure, ognuno è responsabile con gradi diversi di responsabilità: la famiglia, certo, grande assente, ma anche la politica, la scuola, le istituzioni, l’industria, moltitudini di accoliti alla venerazione del “dio denaro”.
Perché per lui tutto si fa e si tollera, compreso il lasciar impregnare di maligno l’humus dove far crescere i nostri figli. Sparita la censura, ritenuta arcaico retaggio di povertà intellettuale, lasciamo che si consegni ai giovani il peggior attestato dell’anti pedagogia, rassegnati a concedere, tollerare, permettere, giustificare, minimizzare con il classico “sono solo ragazzi”.
Idoli di malavita
E così loro, i giovani, seminano tempesta riprendendosi orgogliosi col cellulare nelle loro prodezze, ispirati a una musica dissacrante e ai loro idoli di malavita.
Trovati i responsabili, dunque, ma qual è la causa e, soprattutto, il rimedio?
Per un attimo cerco di obnubilare tutta la letteratura criminologica, le teorie psicologiche, le ipotesi neurobiologiche, le dottrine sociologiche, tutto il sapere ricercato con affanno in tanti anni di studio e di professione, per riportarmi alla sapienza contadina.
“Là dove coltivi la rosa non può crescere il cardo”: ma le rose hanno bisogno di cure e della corretta potatura.
Proviamo ad ascoltarli, a dirgli più spesso “no” irrobustendogli la capacità di gestire la frustrazione, a fargli conquistare ciò che desiderano col sapore della fatica, a restituirgli il senso dello stupore recuperando la loro innocenza, a rivalutare i concetti di premio e punizione.
Forse così, potremo sperare di recuperare la primavera della vita, così che anche le successive stagioni siano favorevoli.
Gianluca Di Pietrantonio
Criminologo forense