Al Vian di Bracciano, in questi giorni, ha avuto luogo una conferenza sul tema “socratismo e democrazia” tenuta dal professor Emidio Spinelli, cattedra di storia della filosofia antica presso l’università “La Sapienza”, e organizzata dagli studenti del liceo.
A presenziare vi erano molteplici personalità come: la preside Lucia Lolli, la vice-preside Cristina Carosi e l’assessora Emanuela Viarengo.
Lo Spinelli, in seguito alla presentazione fatta dagli studenti e dalla vice-preside, ha preso la parola e ha incominciato la sua lezione.
Il senso dell’incontro era quello di spiegare il senso della democrazia attraverso il Socrate riportato da Platone e la rilettura di Guido Calogero dei testi nei quali il filosofo greco viene raccontato.
Gli ascoltatori seguivano il professore attentamente, poiché egli andava a toccare alcune tematiche care al pubblico e basilari per creare un clima democratico, come ad esempio: la costante apertura agli altri e la fondamentale predisposizione all’ascolto.
Al termine della conferenza lo Spinelli è stato tempestato di domande dalle persone presenti, che volevano approfondire maggiormente gli argomenti trattati permettendo così la nascita di un dialogo essenziale per lo scambio di conoscenze.
A tal proposito, noi de “L’agone” abbiamo intervistato il professore, che ringraziamo per la disponibilità, per approfondire dei punti relativi alla lezione.
“Tra le affermazioni, fatte nel corso della conferenza, una è stata:” Io studio gli antichi perché costringe a guardare il presente con occhio più critico.”. Può, con degli esempi, farci capire quanto sia utile nel pratico conoscere il passato per adattarsi al presente?”
“Secondo un noto adagio, noi altro non siamo che nani sulle spalle dei giganti; vediamo più avanti solo facendo tesoro di quanto altri, nel passato, hanno già visto ed esaminato; come ad esempio nel caso dell’apertura verso gli altri, cardine del modo di far filosofia di Socrate e del suo perenne dialogare, che sembra far emergere un’esigenza di democraticità legata da una parte alla necessità di una visione orizzontale dei rapporti umani e dall’altra a una forma convinta di “umiltà epistemica”, ancorata sì a un criterio di competenza, fondato tuttavia sulla consapevolezza di una (più o meno) perenne incompletezza del proprio sapere.”
“La sua lezione ha toccato temi importanti per gettare le basi umane della democrazia, come il dialogo e la predisposizione all’ascolto. Secondo lei noi rispettiamo tali principi nella quotidianità e in politica?”
“Mi sembra che sia sotto gli occhi di tutti che il dibattito politico non pare proprio essere fondato, oggi, sulla volontà e sulla capacità di ascoltare; la dimensione dell’urlo e dell’insulto sembra invece molto più praticata e molto più gettonata. Nonostante tutto, però, ritengo che al di fuori dello scontro politico, in agenzie educative impegnate in prima linea nella formazione dei futuri cittadini, come è il caso soprattutto della scuola, di ogni ordine e grado, si possano ritrovare ancora tracce forti e proficue di dialogo e un orizzonte di ascolto, che garantisce una crescita equilibrata e positiva. Voglio dunque rispondere esprimendo un auspicio e coltivando una speranza: che proprio la scuola, pur nelle oggettive difficoltà organizzative e di contorno che purtroppo la affliggono, voglia e sappia creare un punto stabile di riferimento. Ciò la caratterizzerebbe come il luogo dello scambio paritetico delle opinioni, nutrite da un elevato tasso di conoscenza e da una volontà di dialogo, che, come diceva Guido Calogero, “non è soltanto liberale curiosità per le idee degli altri, è anche sociale interessamento ad ogni aspetto della loro sorte”, perché “non esiste una società di intellettuali, la quale non abbia anche il dovere di essere una società di cittadini”.”
“La regola aurea che ha esposto, ovvero:” Fai agli altri ciò che vorresti sia fatto a te”, può essere considerata la via che ci permetterà di migliorare?”
“Ripensare in modo positivo e propositivo il precetto evangelico può sicuramente costituire il migliore antidoto a certe degenerazioni egoistiche e direi quasi distruttive, che pure serpeggiano nella nostra società. Non basta però una mera enunciazione teorica di quel precetto. Esso deve diventare linfa della nostra quotidianità e dunque assumere la veste di una disposizione stabile, non passeggera o contingente. Nel momento stesso in cui apriamo gli occhi sul mondo, insomma, dovremmo farlo assumendo in prima istanza il punto di vista degli altri e di ciò che è altro, non certo per spogliarci del nostro, ma per costruire un ambito di riferimento che coinvolga tutti gli altri esseri umani e, permettetemi, di aggiungere, tutta la biosfera, la natura nella sua complessa totalità. Come ci ha ricordato in modo forte Hans Joans, infatti, il nostro tempo è quello che deve imparare a riconoscere non solo i diritti umani in senso stretto, ma quelli di ogni singola parte del mondo che ci circonda, alla luce di una scelta etica che sia globalmente inclusiva e non asfitticamente esclusiva o escludente.”
Claudio Colantuono
Redattore L’agone