22 Novembre, 2024
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Al Vian “donne e scienza nel medioevo”

Potentia, la rivendicazione di una autorità intellettuale, letteraria, anche politica, della donna”. Inizia così il suo discorso la dottoressa Chiara Bellaveglia, laureata in Lettere Classiche, che l’8 marzo 2023, in onore della giornata internazionale della donna, ha tenuto un incontro presso il Liceo Scientifico Statale Ignazio Vian di Bracciano, insieme al dottor Giacomo Evangelisti e la dottoressa Silvia Mangiatordi.

Durante questa lezione, “In scientia potentia: donne e scienza nel medioevo latino”, sono stati trattati i temi della letteratura femminile, e del ruolo che le donne avevano nel mondo della scienza, della medicina, della musica, della matematica. In particolare, sono state presentate tre donne e la loro storia: Trotula de Ruggiero, Ildegarda di Bingen, Dhuoda.

In questo articolo andremo alla scoperta degli aspetti più particolari di queste straordinarie donne e di tutti i pregiudizi che hanno dovuto affrontare.

Trotula de Ruggiero fu la prima donna medico d’Europa, attiva nell’ambiente della scuola salernitana dell’XI secolo. Trotula era esperta di corpo e cose femminili, dalle mestruazioni alla gravidanza, dal parto fino alle cure di bellezza. Ai nostri giorni potrebbe essere definita una ginecologa. A lei è attribuita l’opera “De passionibus mulierum ante, in et post partum” (Sulle sofferenze delle donne prima, durante e dopo il parto). In questo testo è possibile vedere come Trotula cercasse di giustificare il proprio orgoglio nello studio della medicina. Afferma infatti: «Siccome le donne sono per natura più fragili degli uomini, sono anche più soggette a indisposizioni, specialmente negli organi impegnati nei compiti voluti dalla natura. Siccome tali organi sono collocati nelle parti intime, le donne, per pudore e per innata riservatezza, non osano rivelare a un medico maschio le sofferenze provocate da queste indisposizioni. Perciò la compassione per questa loro disgrazia e, soprattutto, la sollecitazione di una nobildonna mi hanno indotto a esaminare in modo più approfondito le indisposizioni che colpiscono più frequentemente il sesso femminile». Questo tentativo di difesa nasce dalla consapevolezza che le donne non potevano praticare la medicina, e Trotula lo sapeva molto bene.

Ildegarda di Bingen fu una monaca cristiana, nacque nel 1098 in Germania. Si occupò di teologia, di musica, medicina, farmacologia, epistolografia, filosofia. «Le parole che dico non provengono da me, ma io le vedo in una suprema visione». Nel suo Liber Scivias, Ildegarda sostiene di avere delle visioni che la allontanano ogni tristezza e angoscia, e sostiene che la sua conoscenza del mondo non derivi da uno studio ma, ovviamente, da Dio. Aspettò solamente l’età adulta per dichiarare di avere queste visioni: anche qui poteva infatti nascere un pregiudizio.                                                                                                                   Ildegarda non fu solo una profetessa, si occupò anche di medicina. Nel Libro delle cause e dei rimedi parla di tre tipi di donne: sanguigna, collerica e flemmatica, ciascuna associata a una stagione. Descrive questi tipi di donne anche dal punto di vista sessuale, dal momento che era anche una donna di scienza.

Dhuoda fu una nobildonna dell’età carolingia. Scrisse il Liber Manualis, uno dei primi trattati di pedagogia dell’epoca. Era un trattato di educazione rivolto al figlio Guglielmo, ricco di consigli e suggerimenti. Sebbene la maggior parte dei suoi scritti siano di carattere morale e religioso, Dhuoda, in altri testi, manifesta una profonda conoscenza della matematica. Scrive di complessi esercizi matematici intrecciati a riferimenti allegorici: la “sacra” matematica. Ad esempio, secondo i suoi calcoli, le lettere del nome Adamo secondo il sistema alfabetico greco contengono la somma quarantasei, dal momento che ad ogni lettera corrisponde un significato ed un numero.

Le donne hanno sin dall’antichità contribuito in maniera significativa allo sviluppo della scienza. La lor educazione, come abbiamo visto, era essenzialmente svolta nei conventi. Ma ciò che gli intellettuali di quel periodo pensavano di queste donne è che fossero ciarlatene, fattucchiere, streghe. Si tendeva a screditare il loro pensiero: un vero e proprio tentativo di delegittimazione intellettuale. La loro è una storia di emarginazione. Quello che queste donne facevano, però, era semplicemente scienza. Loro erano donne di scienza, donne capaci, donne che sapevano.

Ai nostri giorni, i pregiudizi di genere nell’ambito della scienza sono ancora numerosi, specialmente nei paesi non civilizzati. Nonostante non manchino certamente esempi illustrissimi di donne che hanno contribuito in modo determinante nel campo delle scienze e della ricerca, per loro affermarsi risulta comunque più faticoso rispetto agli uomini. Anche nell’educazione e nei percorsi di crescita delle ragazze permane ancora lo stereotipo della donna più incline alle materie umanistiche e letterarie piuttosto che a quelle scientifiche.

È indispensabile dunque cambiare la mentalità per non privare il mondo della scienza e della ricerca dell’eccellenza delle donne e del contributo fondamentale che possono dare.

Ringraziamo il Centro Medioeva (Università di Siena, Università La Sapienza di Roma, e l’Université de Tours), l’iniziativa Cultura Movens, la Cooperativa Epica, il Liceo Ignazio Vian, le dottoresse Chiara Bellaveglia e Silvia Mangiatordi ed il dottor Giacomo Evangelisti per la loro ricerca e presentazione.

Marta Sborzacchi, Valentina D’Attilio, Sara Ferretti

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