La situazione delle risorse idriche e l’emergenza relativa alla siccità in Italia sono ormai ad un livello critico, tanto che il Consiglio dei Ministri, nella riunione del 6 aprile 2023, ha varato un decreto legge che introduce disposizioni urgenti per la prevenzione e il contrasto della siccità e per il potenziamento e l’adeguamento delle infrastrutture idriche. Per capire come questi problemi si stiano declinando nel nostro territorio abbiamo intervistato Daniele Badaloni, Direttore del Parco regionale di Bracciano-Martignano.
Inizierei cercando di conoscere meglio i nostri laghi e come questi si alimentano.
«I nostri laghi fanno parte di un sistema acquifero di origine vulcanica, che è il sistema dei Monti Sabatini. Come fonte di alimentazione hanno le precipitazioni, anche se c’è una riserva legata ad una falda che ha fatto sì che si creassero questi laghi. Il problema è che questa falda è alimentata anch’essa dalle piogge e non c’è un flusso sotterraneo differente che possa dare un apporto aggiuntivo. Se non piove, quindi, il lago scende perché l’acqua evapora sia per le alte temperature che per la tramontana che spazza via l’acqua dalle superfici molto ampie del lago. Quindi se le precipitazioni sono scarse, se c’è tramontana e se c’è tanto caldo è un disastro, motivo per cui abbiamo insistito che si bloccassero le captazioni».
Qual è la situazione relativamente al livello attuale dei due laghi?
«Stiamo valutando molto attentamente la situazione di Martignano, perché questo lago sta scendendo di più rispetto a quello di Bracciano, essendo utilizzato dalle aziende che insistono su quell’area. Il lago di Bracciano, dove le captazioni sono bloccate, nel tempo è rimasto praticamente costante, perché l’apporto annuo delle precipitazioni viene controbilanciato dalle perdite. Anzi, di solito ogni anno si ha un saldo positivo. Negli anni come questo, però, si riesce a malapena a tamponare le perdite con le piogge, anzi si rischia di andare sotto. Già per esempio nel 2017, anno molto siccitoso sia per le alte temperature ma anche per le scarse precipitazioni, è successa la stessa cosa. C’è poi un altro fattore da considerare. Le precipitazioni sono efficaci se non sono troppo intense e sono distribuite nel tempo. Precipitazioni molto intense ma di breve durata rischiano di essere controproducenti perché non si ha un’infiltrazione efficace dal momento che l’acqua è talmente tanta che viene dilavata e rischia di uscire dall’area. È quindi inutile per l’infiltrazione efficace del bacino. Quindi anche il mutamento della natura delle piogge sta creando dei problemi».
Per quanto riguarda il livello del lago di Bracciano, a che punto siamo arrivati?
«Da quando c’è stata la crisi idrica e lo stop delle captazioni (a fine 2017) ad oggi il lago ha recuperato più o meno la metà di quello che aveva perso, ovvero circa un metro. Per valutare correttamente l’andamento del livello dell’acqua del lago bisogna fare una comparazione con l’andamento mensile nel tempo. Al momento siamo al di sotto di circa 70 – 80 cm rispetto alla media di riferimento di questo periodo negli ultimi 100 anni. Il livello del lago attualmente è – 106 rispetto allo zero idrometrico. Allo stato attuale, quindi, risentiamo della siccità ma siamo in grado di affrontarla meglio perché il lago non deve pagare il dazio delle captazioni».
Anche da un punto di vista di vegetazione ci sono delle conseguenze legate alla siccità e al livello del lago?
«Le limitrofe faggete di Monte Raschio, che sono un patrimonio mondiale dell’umanità e sito Unesco, sono strettamente legate anche loro all’altezza del lago e alle precipitazioni. Questo ha fatto sì che anche le faggete risentissero in maniera diretta della siccità e del livello del lago, come è stato dimostrato da uno studio condotto in convenzione con il CREA. Ma ci sono conseguenze anche in termini di vegetazione sommersa, che è deputata ai principali processi di depurazione delle acque e anche di demineralizzazione, o quella lungo le sponde».
Ci sono delle misure che si potrebbero mettere in campo per limitare i danni?
«C’è in ballo da tempo la valutazione dell’eventualità di mettere in campo le acque depurate dal Cobis ma è una cosa estremamente costosa e molto delicata. Sicuramente importante è un uso più razionale delle risorse idriche. Ci sarebbe poi la possibilità molto costosa ma anche molto efficace di fare la suddivisione delle acque chiare e delle acque scure. Nelle zone residenziali nuove si potrebbe infatti fare una distinzione dei circuiti di riutilizzo delle acque reflue scure, cioè le fogne, e le acque reflue chiare, cioè pioggia e altro. Queste ultime con piccolo trattamento potrebbero essere reimmesse nel lago».
Dalle parole del Dott. Badaloni, che ringraziamo per la disponibilità, sembrerebbe che la situazione, pur non essendo ottimale, e non rientrando ancora nell’ambito delle oscillazioni naturali, sia sotto controllo o comunque in miglioramento.
Sara Fantini
Redattrice L’agone