Stare in disparte, isolarsi, tagliando fuori il mondo e la realtà. È questa la traduzione dal giapponese del termine Hikikomori. Con questa parola, ci si riferisce a quei ragazzi che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, da alcuni mesi fino a diversi anni, rinchiudendosi nella propria stanza, senza aver più contatti diretti con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori. Un fenomeno in crescita anche in Italia e che, secondo le ultime ricerche, interessa oltre centomila ragazzi.
“Sono ragazzi che hanno scelto di non uscire dalla loro stanza per lunghi periodi”, spiega Adelia Lucattini, psicoanalista ordinario specialista in adolescenti della Società Psicoanalitica Italiana, “è perché sentono di non avere più uno scopo nella loro esistenza. Vivono di notte, dormono di giorno, isolandosi così dai normali ritmi della vita. Con il tempo non riescono ad avere relazioni con persone reali, ma solo rapporti su chat, web e in generale online, poiché si sentono meno giudicati. Tra le caratteristiche più comuni ci sono il non mangiare, la perdita della percezione del tempo, la dipendenza da Internet, social e videogiochi. I giovani affetti da Hikikomori abbandonano progressivamente le attività scolastiche o lavorative per ritirarsi nella loro casa o nella loro stanza per periodi prolungati di tempo rinunciando, a poco a poco, alle relazioni con chi aveva fatto parte della loro vita quotidiana. Per questo sono definiti anche gli “eremiti dei tempi moderni”. Quello degli Hikikomori è un problema che consegue ad altre problematiche mentali che vanno dall’ansia sociale ai disturbi bipolari, spesso hanno dipendenze patologiche soprattutto dal web. Sono oltre 700 mila gli adolescenti in Italia che trascorrono online oltre sei ore al giorno. Di questi, almeno centomila ne hanno un uso compulsivo e per questo motivo si è reso necessario l’intervento degli specialisti, psichiatri e psicoanalisti. Anche diversi ospedali con reparti di neuropsichiatria, hanno registrato un aumento dei ricoveri di ragazzi per disturbi psichiatrici correlati all’ Hikikomori”.
Un fenomeno che colpisce la Generazione Z, ma che inizia a destare preoccupazione anche tra i bambini più piccoli. “La pandemia è stata sicuramente uno spartiacque, ha segnato una svolta, in alcuni casi un punto di non ritorno”, prosegue Adelia Lucattini. “Con le chiusure delle scuole tanti preadolescenti e adolescenti per seguire le attività didattiche, si sono abituati alle modalità online ed alla libertà di usare, molte più ore al giorno, i dispositivi elettronici. Dopo i mesi del lockdown e i mesi successivi di restrizioni, un gran numero di bambini e adolescenti hanno fatto fatica a uscire da casa e hanno preferito restare nelle loro stanze, vissuto come un “luogo sicuro”, il loro rifugio, trascorrendo la maggior parte del tempo su chat, social e giochi online, iperconnessi, in contatto ossessivo, ‘a distanza’, con i loro coetanei”.
In questo contesto, le famiglie e la scuola hanno una responsabilità importante nella prevenzione. “Genitori e insegnanti”, conclude Adelia Lucattini, “devono osservare con attenzione i ragazzi, a casa e in classe, così da poter capire i sintomi del loro disagio e poter intervenire subito. Quando il comportamento e i disturbi sottostanti siano già palesi, è necessario rivolgersi il prima possibile ad uno psicoanalista dell’età evolutiva”.
Marialuisa Roscino