Una riflessione legata a tanti fattori. Primo, la morte di Giulia Cecchettin
Sono davvero innumerevoli le riflessioni che negli ultimi giorni hanno alimentato la fiamma nel “braciere” che simboleggia il tema della violenza sulle donne e del femminicidio.
Il fuoco si è ravvivato sulla scia della morte dell’ennesima giovane donna. È un fuoco che brucia d’indignazione, di dolore, di rabbia e d’impotenza.
Eh sì, parliamo d’impotenza, in un tempo dove la medicina e le tecnologie più sofisticate studiano il modo sempre più funzionale per proteggere la salute e la nostra stessa vita, esiste un fenomeno che sta drammaticamente camminando con la stessa trista incidenza nel verso opposto, di violenza e morte.
La nostra Giulia, ultima triste vittima di questa emergente piaga sociale, ha toccato il cuore di tutti; troppo giovane per morire, troppo piccola per capire, troppo pura per immaginare.
Giulia rappresenta una probabilità, non statistica ma umana di quello che può accadere potenzialmente a qualunque donna.
Dico la “nostra Giulia” perché poteva essere nostra figlia, nostra sorella, nostra mamma o la nostra migliore amica. Ma poteva essere anche la vicina di casa o quella donna che incrociamo per strada con cui possiamo scambiare uno sguardo, un contatto, veloce ma autentico. Allora mi sento di condividere con tutte le persone che si prenderanno il tempo di leggere questa riflessione, la possibilità di poter essere parte attiva di un cambiamento che può partire proprio da quello sguardo.
Essere presenti nel mondo dipende soprattutto da noi, e dalla sensibilità e amabilità che possiamo sperimentare tutti i giorni nelle nostre relazioni.
Possiamo scegliere tutti i giorni di alimentare dentro di noi la nostra parte migliore, e costruire, fuori di noi un mondo, dove trattarsi con gentilezza non è una rarità, ma una straordinaria normalità.
Alla base di questo complesso fenomeno sociale intervengono numerose variabili.
Ci sono manifestazioni e cortei in questi giorni che annunciano e incorniciano la giornata internazionale dedicata alla violenza di genere del 25 novembre.
La violenza di genere si combatte con l’integrazione e la solidarietà inter-genere, dove l’uomo marcia a fianco della donna in difesa non solo dei diritto fondamentale e inviolabile della libertà di amare, ma anche in tutela della dignità di quello che dovrebbe definire e caratterizzare un uomo con la “u” maiuscola, valori principi etici e morali, accompagnati da una maturità ed intelligenza emotiva.
La violenza si combatte con la presenza, la cultura il rispetto e soprattutto con l’integrazione e la condivisione di principi che si trovano alla base di una buona vita; in una rinnovata società dove l’unione non solo fa la forza, ma forse può fare la differenza anche per tante altre future “Giulie”, che possono vivere e in un mondo che sa proteggerle, perché ancorato a radici sane e solide.
Non prime donne ma prima le donne è un titolo provocatorio, scelto per questa mia riflessione: l’augurio è che la competizione ceda il passo alla cooperazione per ritrovare quel tocco di eleganza antico, che con garbo ci ricorda che il rispetto e la signorilità non passano mai di moda.
Rosaria Giagu, psicologa psiconcologa