27 Luglio, 2024
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Il villaggio preistorico sommerso de La Marmotta torna a far parlare di sé

Una serie di nuove indagini scientifiche effettuate da un gruppo di ricerca internazionale sui reperti rinvenuti nel sito sommerso de La Marmotta, e conservati al Museo delle Civiltà di Roma, hanno riacceso i riflettori sulle popolazioni che abitavano le rive del nostro lago 8000 anni fa.

I manufatti, ritrovati durante l’eccezionale scavo subacqueo condotto negli anni ’90 e 2000 grazie al lavoro del gruppo di ricerca diretto da Maria Antonietta Fugazzola dell’allora Soprintendenza Speciale al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”, continuano a stupirci e a raccontarci le loro storie grazie alle nuove ricerche recentemente pubblicate dal gruppo guidato dai tre ricercatori Juan F. Gibaja, Niccolò Mazzucco e Mario Mineo.

Per saperne di più su questo sito e sulla sua eccezionalità abbiamo intervistato Giulio Lucarini, ricercatore dell’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del CNR, docente di Preistoria all’Università di Napoli L’Orientale ed esperto di Neolitico del Nord Africa.

Perché il sito de La Marmotta è così importante?

«Quello de La Marmotta è un sito straordinario. Si tratta, infatti, del più antico villaggio di sponda dell’Europa occidentale.

La sua importanza risiede soprattutto nei reperti che vi sono stati ritrovati, che sono eccezionali nel loro genere.

Le condizioni di conservazione uniche del sito, attualmente sigillato sotto otto metri di acqua e tre metri di sedimento, hanno consentito il recupero di elementi di cultura materiale che solitamente non si conservano nei siti archeologici. Un esempio sono i manufatti in legno, materiale che, a differenza della pietra e della ceramica, si conserva con estrema difficoltà.

Tra i reperti lignei più significativi figurano le cinque piroghe. Inoltre, altri reperti legati alla navigazione e i pali utilizzati per sostenere le strutture abitative hanno consentito di ricostruire in modo completo gli aspetti legati alla vita quotidiana della comunità. Da menzionare anche i cesti e altri manufatti intrecciati, unici per la loro eccezionale conservazione.”

Le cinque piroghe sono sicuramente un ritrovamento eccezionale. Cosa ci può dire di queste imbarcazioni?

«Si tratta di canoe monossili, realizzate scavando tronchi interi di diversi tipi di alberi come quercia, ontano, pioppo e faggio. Poiché gli strumenti in metallo non erano ancora disponibili, venivano utilizzate accette di pietra. In alcuni casi, il fuoco veniva impiegato per bruciare l’interno del tronco in modo controllato, facilitando il lavoro di intagliatura.»

Quali informazioni è stato possibile ricavare dal loro studio?

«Un aspetto particolare riguarda le dimensioni delle piroghe, con la più grande che raggiunge quasi 11 metri.

L’uso di imbarcazioni non è una novità nel Neolitico. In Europa, sono state rinvenute imbarcazioni più antiche rispetto a quelle de La Marmotta, risalenti al Mesolitico. Tuttavia, queste erano di dimensioni più ridotte e utilizzate principalmente per la navigazione fluviale o lacustre.

Le piroghe de La Marmotta rappresentano le imbarcazioni neolitiche più antiche dell’intero bacino del Mediterraneo e sono eccezionali dal punto di vista tecnologico. Non solo permettevano la navigazione sulle acque del lago, ma anche in mare aperto, aprendo così nuove possibilità di spostamento per queste antiche comunità.

L’Arrone, l’emissario che collega il Lago di Bracciano alla costa tirrenica, probabilmente era navigabile in quel periodo. Le comunità de La Marmotta lo utilizzavano per raggiungere il mare aperto, navigando lungo la costa.

È documentato che le comunità de La Marmotta avevano contatti a lunga distanza, come evidenziato dalle materie prime utilizzate per gli strumenti in pietra trovati nel sito, tra cui selce dal Gargano e ossidiana da Lipari e Palmarola.

L’efficacia di queste piroghe nella navigazione in mare aperto è stata confermata attraverso esperimenti condotti da un gruppo di archeologi sperimentali. Utilizzando diverse piroghe riprodotte, inclusa una basata su uno degli esemplari de La Marmotta, hanno condotto varie spedizioni, tra cui una dalla Sicilia al Portogallo.»

Cosa ci dicono delle popolazioni che le hanno costruite?

«La tecnologia evidenziata da questi manufatti in legno conferma l’avanzato livello di conoscenza di queste antiche comunità. Inoltre, suggerisce che molte innovazioni nella navigazione potrebbero essere state sviluppate già prima del Neolitico.

Lo sviluppo delle tecnologie legate alla navigazione ci offre anche l’opportunità di esaminare gli spostamenti delle popolazioni neolitiche, le quali, caratterizzate da economie agricole e pastorali, hanno gradualmente migrato dall’Asia sudoccidentale verso l’Europa, sostituendo le comunità mesolitiche di cacciatori-raccoglitori.»

Quali altri elementi legati alla navigazione sono stati ritrovati?

«Sono stati scoperti remi, pagaie, e altri elementi lignei che molto probabilmente erano utilizzati come timoni. In associazione con una delle piroghe, sono stati rinvenuti anche dei manufatti dalla funzione non chiara. Si tratta di oggetti lignei a forma di T con dei fori, ipoteticamente utilizzati per fissare del cordame o sartiame, oppure per facilitare il fissaggio della piroga a un altro elemento facente parte dello scafo. Tuttavia, non ci sono ancora certezze in merito a questa interpretazione.»

Quanto detto finora conferma senza dubbio l’importanza rivestita da questo insediamento. Cosa si potrebbe fare in futuro per valorizzarlo ulteriormente?

«Sebbene solo una parte del sito sia stata scavata, è ora fondamentale approfondire lo studio e la conoscenza del materiale già recuperato e dell’enorme quantità di manufatti ancora inediti conservati nei magazzini del Museo delle Civiltà. Ciò che il sito ha già restituito è straordinario, e grazie al continuo sviluppo delle tecniche e metodologie di indagine scientifica, La Marmotta continua a regalarci nuovi importantissimi dettagli sulle storie delle comunità che vivevano intorno al lago di Bracciano 7500 anni fa.

Valorizzare un sito preistorico sommerso come quello de La Marmotta presenta delle sfide significative, tuttavia l’esempio dei “Siti palafitticoli preistorici dell’arco Alpino”, un sito seriale transnazionale composto da ben 111 insediamenti situati in Austria, Francia, Germania, Italia, Slovenia e Svizzera, e iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO, potrebbe indicare la giusta via da seguire.

Non da ultimo, va sottolineato il ruolo fondamentale delle attività di divulgazione, che permettono di comunicare anche al pubblico non specializzato l’importanza e il significato di un sito archeologico di questo tipo.

È proprio questo l’obiettivo dell’evento che l’Associazione Forum Clodii ha organizzato per il 20 aprile a Bracciano dal titolo “Il lago di Bracciano 8000 anni fa. Il sito sommerso de La Marmotta”. Durante questo appuntamento, avremo il piacere di ospitare il gruppo di ricerca responsabile degli studi pubblicati di recente.»

Concludiamo qui l’intervista, ringraziando il Dott. Lucarini per la sua disponibilità e vi diamo appuntamento a sabato 20 aprile alle 9:30 presso la Chiesa di S. Maria del Riposo a Bracciano.
Sara Fantini
Redattrice L’agone

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