22 Novembre, 2024
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Europa, guerre e pace

Per le recenti elezioni europee, nel nostro Paese, si è parlato solo di questioni di interesse nazionale con una particolare attenzione ai gossip e agli scandali nostrani piccoli e grandi.

C’è chi dice che questa è stata una precisa scelta comunicativa del governo per nascondere i problemi e rimandare a dopo le elezioni le scelte spiacevoli che ci aspettano.

Abbiamo così evitato di discutere non solo di cose di interesse nazionale come il costo della vita, la fiscalità o il sistema sanitario, ma anche di questioni più generali quali il cambiamento climatico, la ristrutturazione industriale, la conversione ecologica, la pace e le tante guerre.

Guerre al plurale perché parafrasando Papa Francesco il mondo è attraversato da un crescente numero di conflitti che può essere definito una “terza guerra mondiale a pezzi”.

La nostra attenzione è concentrata solo sulla guerra di Russia-Ucraina e su quella di Israele-Palestina dimenticando quelle in Sudan, o in Etiopia o le tante guerre “a bassa intensità” che secondo i commentatori dell’Internazionale sono oggi un totale di cinquantanove guerre in corso.

In questo tragico panorama dominato dal pericolo di una progressiva escalation fino all’impiego di armi nucleari, l’Unione Europea e con essa il nostro Paese non ha saputo darsi un’autonoma politica di pace assumendo un ruolo di mediatore fra i contendenti, ma ha accettato supinamente la volontà degli Stati Uniti espressa direttamente o a

Attraverso la Nato, e oggi non si parla più di pace, ma di come vincere le guerre.

Gli appelli e le risoluzioni delle Nazioni Unite cadono nel vuoto e anche l’Unione europea, attraverso la presidente Ursula von der Leyen, si è adeguata convertendo la politica economica dell’Unione dalla conversione ecologica all’attuale corsa al riarmo.

A fronte di una situazione tanto drammatica e pericolosa anche il nostro governo interviene solo con generici e inascoltati appelli alla pace e non mette in atto nessuna azione concreta che aiuti la fine dei conflitti ma continua praticamente a inviare denaro e armi.

Questa inadeguatezza politica dell’Unione europea è stata una delle cause che ha indotto metà dei

trecentocinquantanove milioni di cittadini europei aventi diritto al voto a non presentarsi alle urne.

La metà che è andata a votare ha espresso risultati inattesi e, secondo i commentatori politici, ha punito e spezzato l’asse Macron-Scholz, ossia i Paesi europei più interventisti nella guerra Russo-Ucraina  oltre agli Stati Uniti e all’Inghilterra.

L’Unione europea che uscirà da queste ultime elezioni si connoterà anche e soprattutto dalle scelte che farà: sarà riconversione ecologica o riarmo? Sarà una politica estera autonoma o si seguiranno le istruzioni degli Stati Uniti? Ascolteremo più la Nato o le Nazioni Unite?

Lo vedremo presto se si ricomincerà a parlare di servizio di leva militare obbligatorio o di spendere in armi il due percento del prodotto interno lordo.

 

Alessandro Griffini

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