23 Dicembre, 2024
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Una rinascita possibile

Non una semplice competizione sportiva quella a cui ho assistito sabato mattina, ma un rito ancestrale di rinascita dalle proprie ceneri, una seconda possibilità data a se stessi quando la vita ci mette di fronte a circostanze in cui sembra che di possibilità non ce ne siano più. Lo sport come canale di rigenerazione contro le logiche della motricità meccanica e della fisica funzionale. Se fosse stata solo una gara sportiva sarei rimasta stupita, in realtà gli sport fatti in un unico momento erano addirittura tre, e questo mi ha folgorata. 750 metri di nuoto, 20 km in bicicletta e 5 km di corsa, in un’unica soluzione di continuità; performance che metterebbero in imbarazzo la maggior parte di noi e che ho visto fare con un’espressione frammista di sorriso e sofferenza a persone con disabilità. In gran parte giovani, in gran parte traumatizzati a causa di incidenti stradali o infortuni sul lavoro, uomini e donne che improvvisamente hanno dovuto reinventarsi e ritrovare un senso possibile alla propria esistenza. Lo hanno fatto con lo sport, con tre discipline complesse, facendo del sacrificio, della dedizione e dell’impegno comandamenti inviolabili. Ho incontrato chi incarna la fenice, colui che prepara psicologicamente e fisicamente queste donne e questi uomini: Gianluca Cacciamano, coach del Ladispoli Paratriathlon, che conosce perfettamente quel percorso stretto di risurrezione, per aver perso una gamba in un incidente stradale qualche anno fa. Parlare con lui, sulle poltroncine di un bar degli impianti sportivi dove trascorre praticamente le sue giornate, mi ha fatto provare un incredibile senso di fiducia in se stessi e nella vita. Aveva fretta Cacciamano, doveva allenare i suoi ragazzi e per lui gli allenamenti sono una cosa seria, perché vanno oltre la performance fisica, sono rigenerazione e rinnovamento, scoperta di capacità insospettabili, profilazione di orizzonti nuovi e più alti, rinascita appunto. “L’iniziativa organizzata a Bracciano è parte di un circuito nazionale che si chiama IPS, circuito che da molti anni la federazione italiana triathlon propone in calendario, dedicato appositamente al paratriathlon. A differenza del triathlon la particolarità è che queste discipline sono svolte da atleti con la A maiuscola, che hanno diversi gradi di disabilità: chi non ha l’utilizzo delle gambe, delle braccia, chi ha una disabilità di carattere sensoriale, come i non vedenti e i non udenti, che gareggiano con una guida che fa la gara insieme a loro, chi indossa la protesi di gamba o agli arti superiori. Ovviamente gli atleti gareggiano all’interno della propria classe sportiva, con coloro i quali hanno un residuo funzionale più o meno similare, non a livello di patologia ma di funzionalità, affinché la competizione sia il più equa possibile”. Cacciamano ha quindi spiegato i diversi tecnicismi delle discipline, le pratiche degli utilizzi di strumenti di supporto, quali le protesi, il tandem per la gara di ciclismo per i non udenti e la handbike. “Possono essere considerati dei veri e propri atleti professionisti, dal momento che i ragazzi e le ragazze si allenano generalmente due volte al giorno tutti i giorni, in alcuni casi compatibilmente con il lavoro”. Assistere alla gara di paratriathlon dopo aver parlato con chi rende possibili quei miracoli distanti dal divino ma realizzabili solo da persone dalla dilatata volontà, resterà una pietra miliare sulla mia strada delle emozioni. Ah, dimenticavo: Gianluca Cacciamano non ha partecipato alla competizione dei paratleti ma alla gara di domenica, dei cosiddetti normodotati, arrivando tra i primi 50 su 250 partecipanti. La determinata tranquillità dell’uomo con cui ho parlato seduta su un divano l’ho vista tradotta come potenza eruttiva di un vulcano durante la competizione, che tra atleti giovani e nel pieno del loro vigore fisico ha consentito a Gianluca di tenergli testa cambiandosi protesi diverse tra una disciplina e l’altra, senza marcare alcuna differenza funzionale e prestazionale. Affascinata e stupita dalla resilienza e dalle possibilità che taluni individui sanno trovare dentro se stessi, tornando a casa pensavo che probabilmente sarebbe corretto trovare una nuova definizione per persone come Cacciamano: né para né normodotati ma “straordinati”, ovvero uomini dotati di una straordinaria forza emotiva.

Ludovica Di Pietrantonio
Redattrice L’agone

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