Secondo il Rapporto annuale dell’Inps rispetto al 2019 si è registrato un aumento lordo dei salari monetari del 6,8% a fronte di un aumento dei prezzi attorno al 15-17%.
“E’ il problema irrisolto del nostro Paese. Da oltre 30 anni, da quando nel 1992 è stata eliminata la scala mobile post referendum, le retribuzioni e le pensioni sono rimaste al palo e non sono state adeguate all’aumento del costo della vita, con la conseguenza che l’Italia da allora cresce poco, dato che i consumi rappresentano il 60% del Pil” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.
“Bene fa il Governo a riconfermare il taglio del cuneo fiscale, ma non basta. Se pensiamo che nel 2023 per via di un’inflazione media pari al 5,7% una famiglia ha speso mediamente 1251 euro in più rispetto al 2022, un single tra 35 e 64 anni ne ha spesi 945, ci rendiamo conto che avere 100 euro in più busta paga, ossia quanto secondo i dati Inps di oggi corrisponde ad un aumento della retribuzione imponibile lorda, sia del tutto insufficiente” conclude Dona.