Siamo dentro l’era dei beni comuni. Tuttavia, non disponiamo ancora di una vera e propria teoria economica di beni comuni e, soprattutto, non abbiamo ancora elaborato le categorie di pensiero che ci permettano di affrontare il vero nodo della questione: come si governano i beni comuni? In che modo un corretto governo dei beni comuni può aiutarci a proteggere i territori dalla violenza del cambiamento climatico?
Ne hanno discusso, nel corso della 6ª edizione del Festival Nazionale dell’Economia Civile, Andrea Rinaldo (Professore Costruzioni idrauliche all’Università di Padova e direttore del laboratorio di Ecoidrologia della Scuola politecnica federale di Losanna – EPFL), Gianluca Galletti (Presidente Emil Banca e UCID) e Agostino Miozzo (Responsabile del progetto Accoglienza per il Giubileo).
Per Rinaldo «Ogni proiezione ambientale e climatica che abbiamo a disposizione ci prospetta situazioni drammatiche sotto ogni punto di vista, che possiamo anche toccare con mano: siccità alternata a precipitazioni fuori dal comune, innalzamenti repentini di temperature, scioglimento di calotte glaciali con conseguente innalzamento del livello del mare. Il primo pensiero da superare è quello che vuole il pianeta come una merce, ogni elemento naturale come un prodotto sottoposto alla legge del mercato e dunque valutabile in termini economici».
Galletti ha dichiarato: «Oggi si investe più in armi che nella lotta ai cambiamenti climatici. L’accordo di Parigi si basa sulla mitigazione, su cui ben poco è stato fatto e si sta facendo, e sull’adattamento, ovvero quello relativo alla preparazione del territorio agli sconvolgimenti ormai inevitabili e imminenti. È ruolo della politica avviare un processo di questo genere».
Miozzo ha detto: «L’uomo non si preoccupa più della natura. Lo vediamo quando in maniera irresponsabile non si cura in alcun modo delle risorse che consuma, della poca attenzione che dedica alla manutenzione dell’ambiente. Un termine oggi troppo abusato, che abbiamo sentito miliardi e miliardi di volte, è prevenzione. La prevenzione non è amata dai politici perché non porta a vincere le elezioni, quindi ciò che manca è una reale coscienza della sua vera importanza».