La sera di sabato 2 novembre si è tenuta al The Space Cinema – Parco de’ Medici di Roma una serata dedicata all’ultimo lungometraggio del regista Gabriele Muccino. L’evento si è aperto con la presentazione del film da parte dell’autore che ha salutato calorosamente il pubblico, mostrando felicità ed entusiasmo nel vedere la sala al completo. Il regista ha presentato il suo lavoro definendolo espressamente “il migliore della sua carriera” e innalzando inevitabilmente le aspettative negli spettatori. “Fino alla fine”, in inglese “Here now”, è la storia di una giovane ragazza americana, Sophie, in vacanza con la sorellastra, Rachel. La protagonista deve elaborare il lutto del padre e tutto ciò che vuole è vivere a pieno e con spensieratezza questi giorni d’estate. Tuttavia, il suo desiderio di leggerezza è ostacolato da Rachel che, al contrario, pianifica ogni giornata con mostre e visite guidate a cui Sophie è costretta a prendere parte. Una sorta di “Grand Tour” in giro per l’Italia che evoca i viaggi ottocenteschi dei grandi artisti e letterati stranieri nel Bel Paese.
Il film rispetta le tre unità aristoteliche di tempo, spazio e azione; secondo Aristotele, un’opera doveva raccontare una storia che non superasse le ventiquattro ore e doveva svolgersi in un unico luogo. Infatti, il racconto è ambientato nell’ultimo giorno di vacanza, a partire dal loro arrivo a Palermo fino alla partenza prevista per il giorno seguente. Le ventiquattro ore che si susseguono sconvolgono la vita di Sophie che forse per la prima volta vivrà da protagonista. Il titolo in inglese “Here now”, ricalcando la celebre locuzione latina “hic et nunc”, riassume il messaggio del film: un invito a vivere il tempo presente, senza pensare alle conseguenze. Un “carpe diem” moderno in cui Gabriele Muccino consiglia ai più giovani di cogliere l’attimo, anche a costo di imbattersi in qualche situazione spiacevole e dolorosa. Quella di Sophie non sarà infatti una giornata spensierata; l’incontro con Giulio e l’amore che accenderà entrambi, avrà nefaste conseguenze sulla sorte degli attori principali e del gruppo di amici di Giulio, capitanato dalla figura ambigua di Komandante, un “cattivo epico” che ha degli irrisolti personali e dei debiti da saldare. Alcuni lo hanno definito “il peggiore della carriera” del regista, ritenendo la sceneggiatura scialba e l’intreccio povero e inconsistente. Altri lo hanno paragonato al filone dei film di Gabriele Muccino sulla giovinezza, come ad esempio “L’estate addosso”, lungometraggio del 2016 ambientato durante le vacanze estive e incentrato sull’incontro di quattro giovani diversi e uguali allo stesso tempo. Un momento quello della gioventù fugace, leggero e complesso, dai risvolti felici e dolorosi, che il regista propone di vivere istintivamente e fedeli a sé stessi. “Fino alla fine” è un film che dà voce agli “ultimi” della nostra società, a coloro che per sopravvivere devono ricorrere ad espedienti che mettono a rischio la loro vita e quella delle persone vicine. Ma è anche il film dei “primi”, di coloro che appartengono all’alta società e che inevitabilmente ne sono assoggettati, trascorrendo i giorni con una maschera in volto che fa dimenticare loro chi sono in realtà. Significativa la scena di Sophie e Giulio davanti al pianoforte in cui il ragazzo finge di essere un musicista pur non sapendo suonare lo strumento, mentre Sophie suona brillantemente rivelando il suo passato: una vita trascorsa sui tasti bianchi e neri con la speranza di diventare una musicista di successo. Un’infanzia e un’adolescenza quella di Sophie scandita da un metronomo e da ore di esercizio che le hanno portato via quell’innocenza e quella leggerezza tipica dei bambini e che solo loro sono in grado di vivere.
Aurora Milana
Redattrice L’agone