Il voto americano influenza l’Europa e l’Italia
La ragione perché l’Italia segue la politica americana è nel contesto più ampio che travalica il nostro territorio. Per il politologo Parag Khanna, le dinamiche che governano la politica internazionale nel XXI secolo sono complesse. Conosciamo gli Stati Uniti d’America come superpotenza, mentre Cina e Unione europea sono in via di sviluppo con stili di vita da “secondo mondo”. Sappiamo pure che gli Stati Uniti sono orgogliosi della loro leadership e fanno di tutto per mantenerla.
Parola di economista
L’economista Jeremy Rifkin ci presenta una sua visione della realtà. Ricorda che il “sogno americano” è in netto declino e le prospettive del futuro sembrano mancare.
Gli americani intendono l’Europa avviata dai padri fondatori, al “sogno europeo”; un insieme di Stati, ricchi di storia, con maggiori protezioni sociali, lunga aspettativa di vita, migliore istruzione.
Rifkin ha studiato le radici storiche, scientifiche e culturali del nostro continente e ne ha dedotto che il “sogno europeo” dei padri non era e non è una utopia. Non è l’eden ma offre agli abitanti la speranza di un futuro, in alternativa al “sogno americano”.
Cenni storici sull’Europa unita
Sono chiamati visionari i sette politici che hanno creduto nel “sogno europeo”.
Sono due italiani (Altiero Spinelli e Alcide De Gasperi), due francesi (Jean Monnet e Robert Schuman), un tedesco (Konrad Adenauer), un lussemburghese (Joseph Beck), un belga (Paul Henri Spaak). Poi si sono aggiunti: Winston Churchill (Regno Unito), Walter Hallstein (Germania), Sicco Leendert Mansholt (Paesi Bassi), Jan Willem Beyen (Paesi Bassi).
Statisti che, pur essendo di lingua, cultura e tradizioni diverse, dialogavano e si ascoltavano. Uomini rigorosi e sobri. Un lascito prezioso di idee, valori e orizzonti che abbiamo accantonato.
Il perché lo spiega il sociologo Ulrick Bech: non ci sono uomini come De Gasperi, Adenauer, Churchill, Spinelli. Romano Prodi ritiene che non ci siano più statisti, ma leadership. Per Beck è l’assenza di coraggio, competenza e tornaconti elettorali; vince il populismo.
Una strada stretta per il Presidente Mattarella come ha ribadito a Stoccolma durante una visita di Stato: “…compito di ognuno di noi, cittadini europei, è mantenere viva la visione dei padri fondatori”. L’Europa unita ha le potenzialità, ma si ripara sotto l’ombrello americano.
Per l’Italia un anno da ricordare
Il 2024 è un anno non felice dal punto vista meteorologico, climatico, economico, sociale, politico, guerre, povertà, sanità, criminalità; un governo incapace di dare risposte.
Abbiamo votato più volte e vissuto le presidenziali statunitensi. Abbiamo seguito le vicende di Joe Biden e la subentrata Kamala Harris, i processi di Ronald Trump e la sua contestata candidatura.
Per mesi l’aspra campagna elettorale auspicava una prima donna alla presidenza. Un fugace ottimismo cancellato il 5 novembre con la rielezione di Ronald Trump (quarantasettesimo presidente) e i repubblicani con 51 seggi al Senato.
Chi è Trump
Colui che ha provocato l’attacco al Capitol Hill, ha diversi processi, moralmente discutibile, bilanci in rosso, sessista; colui che promette dazi e nuova politica estera, un rivoluzionario.
Ripete che si farà carico dell’integrazione globale; poi dichiara che tutto sarà cambiato, non fornirà più aiuti all’Ucraina, condivide la reazione israeliana all’attacco del 7 ottobre e il conflitto con l’Iran.
Dal palco: «Abbiamo fatto la storia… abbiamo superato ostacoli che nessuno pensava possibile, renderò l’America libera e potente, insieme sistemeremo il Paese, no agli immigrati e no alle regole sull’inquinamento. Elon Musk è una nuova stella».
Mario Draghi durante la presentazione del suo “rapporto” al Consiglio europeo a Budapest ha detto che è molto preoccupato, ma non esclude uno spiraglio di positività.
L’ora dell’Europa
Lo scenario è preoccupante per l’Europa e per l’Italia, sapendo che il disinteresse statunitense indurrebbe i 27 Stati europei a farsi carico della sicurezza, difesa, approvvigionamenti e costi.
I governanti si sono affrettati a manifestare a Trump simpatia e vicinanza (atto dovuto), ma considerando la decrescita economica e l’impoverimento della leadership americana, non penso che saremo i “prediletti”.
Mettiamo da parte nazionalismi, populismi e individualismi e progettiamo un possibile percorso europeo insieme per la crescita.
Con umiltà rileggiamo i dialoghi intercorsi tra i padri fondatori, uomini che vivevano in sobrietà e rigore, che sapevano ascoltare che, pur di lingua e Paese diversi e in situazioni difficili, hanno saputo convenire su una visione utopica, ma esaltante degli Stati Uniti d’Europa.
Divisi si perde, insieme possiamo vincere le sfide del futuro.
Franco Marzo