È la prima volta che un Papa apre la Porta Santa in un carcere e quella di Rebibbia, oggi 26 dicembre, giorno di Santo Stefano, è divenuta icona di tutte le carceri. Questa mattina, Papa Francesco Bergoglio, alle ore 9,00, ha bussato al portone in bronzo della Casa Circondariale chiedendo fossero aperte “le porte della giustizia”; è riuscito a varcare quella soglia in autonomia, senza l’uso della carrozzella, affiancato da due detenuti, procurando una grande emozione non solo tra chi ha fede.
Nella vigilia di Natale, il Santo Padre, aveva aperto la Porta Santa in San Pietro, l’aveva varcata in carrozzella seguito da un corteo di 54 fedeli provenienti dai cinque Continenti, oltre che da alti prelati. Lì ha espresso il messaggio del Giubileo; un messaggio rivolto a tutti, per chi crede e per chi è nel dubbio, per chi è inquieto e sente il bisogno di una mano tesa, di aiuto e di conforto. Il messaggio del Giubileo, celebrato ogni 25 anni è proprio questo: la Chiesa è aperta a tutti, anche a chi non crede. La Porta è simbolo di Cristo stesso attraverso il quale bisogna passare per guadagnare l’indulgenza plenaria. Aprire la porta è aprire il cuore. Questo Anno Santo è incentrato sulla speranza. «Questa è la notte in cui Dio dice a ciascuno: c’è speranza per te…è tempo di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle».
Oggi, con l’apertura della seconda Porta a Rebibbia, Papa Francesco ha voluto simboleggiare il legame strettissimo che lega il Giubileo al mondo delle carceri. «Io ho voluto spalancare la porta oggi qui: la prima l’ho fatta a San Pietro, la seconda è vostra…è un bel gesto spalancare, aprire le porte, ma più importante è quel che significa: aprire i cuori, cuori aperti, e questo fa la fratellanza. I cuori duri non aiutano a vivere». Così, con un’omelia a braccio, il Papa ha espresso il suo pensiero semplice ma profondo, incentrato sulla speranza. Si è rivolto ai detenuti del mondo, e più in generale a tutti con un messaggio che ha rivolto anche a sé stesso: non perdere la speranza mai, neanche nei momenti più brutti, quando si può pensare che tutto sia finito e che non riusciremo a risolvere mai i nostri problemi. Ecco, ricordiamo di aggrapparci alla speranza, e qui con semplicità, il Papa introduce la similitudine dell’àncora che è sulla riva, se ci aggrappiamo a lei e teniamo saldamente la corda saremo sicuri perché «La speranza non delude mai». L’incitamento a guardare al futuro con speranza, ad aprire le porte del cuore, a tradurre la speranza in gesti concreti di solidarietà ci riguarda tutti. I detenuti, circa 300, che erano presenti alla celebrazione, visibilmente commossi, sono stati salutati dal Papa, uno ad uno; uomini e donne hanno recato i loro doni. Il Santo Padre è stato accolto dal ministro Carlo Nordio, dal capo del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) Giovanni Russo, dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, da Alessandro Diddi, procuratore vaticano. Tutti nella cappella hanno assistito alla celebrazione. Con l’apertura di questa Porta Santa il Papa, insieme a Don Ben Ambarus, vescovo ausiliare di Roma per la carità, ha riportato l’attenzione sulla situazione dei penitenziari dove sono numerosi i nodi da sciogliere dal problema cronico del sovraffollamento, a quello dei suicidi, dall’inadatta reclusione carceraria dei tossicodipendenti ai percorsi di reinserimento, da forme di amnistia o di condono della pena fino all’abolizione della pena di morte in quei Paesi dove è ancora vigente.
Il Papa, accompagnato dal cardinale José Tolentino de Meondonca, prefetto del dicastero vaticano per la Cultura, ha inaugurato la mostra “Io contengo moltitudini”, realizzata insieme ai detenuti, firmata dall’artista Marinella Senatore. Dai Cardinali, nei prossimi giorni saranno aperte altre Porte Sante nelle tre Basiliche Papali maggiori: San Giovanni in Laterano (il 29 dicembre 2024), Santa Maria Maggiore (il primo gennaio 2025), San Paolo fuori le Mura (il cinque gennaio 2025).
Anna Maria Onelli
Redattore L’agone