“Donne migranti” è il titolo del primo volume de “I quaderni del SaMiFo”, una nuova collana editoriale curata da Centro Salute Migranti Forzati nato nel 2006 dalla collaborazione tra Centro Astalli e ASL Roma 1.
Uno strumento per conoscere quali sono i diritti delle donne rifugiate nella società contemporanea, le buone pratiche e i progetti messi in atto per accoglierle, difenderle e assisterle.
Il volume, ricco di contributi e testimonianze dirette di rifugiate, ha l’introduzione del Professor Giovanni Maria Flick, Presidente emerito della Corte Costituzionale.
Il quaderno si avvale di molti contributi di esperti e specialisti che prenderanno la parola durante la presentazione: Giancarlo Santone, psichiatra coordinatore SaMiFo; Maria Grazia Privitera, Ministero della Salute; Francesca Nicodemi, UNHCR; Emilio Vercillo, psichiatra SAMIFO; Nice Nailantei Leng’ete, Ambasciatrice Amref Health Africa.
P. Camillo Ripamonti, Presidente Centro Astalli, che introdurrà i lavori, sottolinea che “le donne rifugiate rappresentano una ricchezza per le società che le accolgono. Ma per esserlo fino in fondo è fondamentale che siano garantiti tempestivamente percorsi di accoglienza e integrazione loro dedicati. Un approccio progettuale e integrato che punti ad una riabilitazione fisica e psicologica è fondamentale per un’elaborazione completa di traumi e violenze subite. Il SaMiFo frutto di una sinergia tra privato sociale ed ente pubblico, si conferma un avamposto di tutela dei diritti e della salute dei migranti forzati, con una particolare attenzione alle donne vittime di tortura e violenza”.
“I Quaderni del SaMiFo – ha commentato il Commissario Straordinario della ASL Roma 1 Angelo Tanese – nascono per riflettere su temi di particolare attualità nel nostro Paese, quale la salute delle persone migranti, sulla base della pluriennale esperienza del Centro e con il contributo di autorevoli organismi internazionali. Sono grato a tutti i professionisti dell’Azienda e ai volontari che da anni contribuiscono alla crescita del SaMiFo perché sono la concreta testimonianza di una sanità pubblica orientata alla tutela dei più fragili ma anche alla diffusione di nuove conoscenze e di una cultura dell’accoglienza verso le persone vittime di violenza”.