IL bilancio delle vittime per coronavirus in vari Paesi Europei, tra cui Austria, Belgio, Danimarca,
Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Svizzera, potrebbe essere quasi il
60% più alto di quanto riportato dai conteggi ufficiali.
Secondo un’analisi del Financial Times, le statistiche sulla mortalità mostrano 122 mila decessi
in più rispetto alle medie degli anni precedenti. Molto di più rispetto alle 77 mila morti ufficiali
registrate per Covid 19 nei Paesi presi in esame. Se la stessa sottostima fosse applicata a tutto il
mondo, il bilancio globale delle vittime passerebbe dalle oltre 205 mila a 318 mila.
Un calcolo complesso. Il Ft ha confrontato il numero delle morti totali nei Paesi presi in esame tra
marzo e aprile 2020 con le media di mortalità dello stesso periodo dal 2015 al 2019 e ha rilevato
122 mila morti in più, ossia un aumento in media del 50 per cento.
Si oscilla da un aumento delle morti del 60 per cento in Belgio a un incremento del 5 per cento in
Danimarca, mentre in Spagna, Paesi Bassi e Francia viene registrato rispettivamente un balzo
del 51 per cento, 41 per cento e 34 per cento.
Le morti in eccesso sono più pronunciate nelle aeree urbane più toccate dalla diffusione del
coronavirus il che, specialmente nelle economie emergenti, ha travolto il sistema di rilevazione.
In Lombardia, ad esempio, il quotidiano britannico rileva oltre 13mila morti in eccesso nei 1.700
municipi dove sono disponibili i dati. Si tratta di un aumento del 155 per cento rispetto alla media
storica. Di gran lunga superiore ai 4.348 decessi attribuiti al Covid 19 nella regione italiana.
Con un aumento del 464 per cento delle morti rispetto alle medie degli anni precedenti, la
provincia di Bergamo è la regione che ha registrato il più alto incremento al mondo, seguita da
New York con il 200 per cento e Madrid con il 161 per cento.
L’incremento non è tutto da attribuire al nuovo coronavirus, ma allo stesso tempo è necessario
considerare una diminuzione della mortalità per altre cause, come incidenti stradali o infortuni sul
lavoro, per via delle restrizioni messe in atto in diversi Paesi.
L’accuratezza delle statistiche, specifica il Financial Times, dipende da quanto efficacemente
ogni Paese sta cercando di tenere i conti. La Cina per esempio ha dovuto rivedere il bilancio
delle vittime della malattia in maniera retroattiva.
Il rischio di sottostime è più elevato nelle case di riposo per anziani, particolarmente vulnerabili al
virus. Le loro morti non sono state correttamente attribuite al coronavirus negli Stati Uniti, in
Canada e nel Regno Unito.
Secondo il professor David Spiegelhalter, che studia la comprensione pubblica del rischio
all’Università di Cambridge, i conteggi giornalieri riportati dal Regno Unito ad esempio sono
“troppo bassi” perché tengono conto solo dei decessi avvenuti in ospedale: “L’unico paragone
imparziale che si può fare tra Paesi diversi è basato sull’osservazione della mortalità globale”.
Molti non sono morti per Covid, sul certificato di morte la causa resta spesso polmonite. E non
questi non vengono contati. “Eppure sono inevitabilmente collegati a questa epidemia”.
Solo oggi il San Francisco Chronicle riporta il caso di Patricia Dowd, 57 anni, morta a causa di
un infarto causato dall’infezione da coronavirus. Secondo il rapporto dell’autopsia, eseguita dalla
dottoressa Susan Parson, “l’infezione virale di Covid 19 ha intaccato cuore, trachea, polmoni e
intestino”. La patologa forense Judy Melinek, alla quale è stato chiesto di rivedere il rapporto
dell’autopsia, ha commentato: “Non è stato un infarto. C’è qualcosa di anormale”.
Fonte: LaRepubblica