(Repubblica) – E’ stato detto a più riprese: la app Immuni, creata per tracciare la prossimità fra cittadini poi risultati positivi e isolare così le infezioni sul nascere, è solo uno degli strumenti che ci porteranno alla fase due. Ma è un tassello importante perché, se venisse scaricata volontariamente da almeno il 60 per cento della popolazione, permetterebbe di combattere la pandemia senza chiudere di nuovo il Paese. Peccato che della app, prevista a inizio maggio, si siano perse le tracce. Vittorio Colao, a capo della task force governativa sulla ripartenza, prova ora a forzare la mano e chiede una “rapida adozione della tecnologia per il contact tracing” nel primo rapporto consegnato nei giorni scorsi alla Presidenza del Consiglio.
Fa parte dei cinque ingredienti essenziali per far ripartire l’Italia: test per ricostruire le infezioni passate e tamponi per avere la fotografia istantanea dell’epidemia, mascherine per proteggersi e proteggere gli altri, app per tracciare i contatti di chi risulta positivo e scongiurare la comparsa di eventuali focolai, cure a domicilio.
Di Immuni, sviluppata dalla software house milanese Bending Spoons, si sa molto se non tutto ma solo per vie informali. Il Governo, dopo la spinta iniziale e la scelta fatta dai 74 esperti chiamati dal ministro dell’Innovazione Pola Pisano, ha poi smesso di parlane. Singolare strategia comunicativa, mentre nel Paese scoppiavano polemiche su ipotetici rischi di violazione della privacy per scelte tecniche che in realtà nessuno pare abbia fatto.
Colao e il suo gruppo hanno messo a punto una serie di raccomandazioni specifiche riguardanti le diverse attività necessarie per applicare il modello elaborato per la seconda fase della lotta al Coronavirus, fra le quali ovviamente c’è la app. Si parla anche della necessità di raggiungere “un’uniformità su scala nazionale nella gestione di informazioni e dati sul rischio medico sanitario e una tempestiva condivisione tra Regioni e Ministero della Salute”.
In poche parole, una regia in fatto di digitale. La stessa invocata dal Granate della Privacy Antonello Soro fin dall’inizio e suggerita anche dalla stessa Pisano. Ma qualcosa è andato storto. Immuni, stando alle indiscrezioni, è pronta e risponde alle linee guida date della Commissione europea in rispetto della privacy e del Gdpr. Eppure è ancora ferma.