(Il Fatto Quotidiano) – Via libera del Consiglio dei ministri al decreto Bonafede che include misure sull’ordinamento penitenziario e misure legate alla tutela della privacy in relazione alla app Immuni. Si tratta di unico dl che contiene al suo interno le norme sulla privacy degli utilizzatori dell’applicazione ideata per mappare e combattere il contagio del coronavirus. All’interno del dl, al centro della riunione del governo iniziata alle 22 e finita due ore mezzo più tardi, anche le norme sulle intercettazioni e le misure in materia di ordinamento penitenziario.
L’anti svuotacarceri e le intercettazioni – Nel primo caso si prevede un nuovo slittamento per l’entrata in vigore della riforma degli ascolti telefonici: prevista per l’1 maggio, la nuova data indicata è il primo settembre. Sul fronte delle carceri, invece, il dl contiene le norme già annunciate dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede. Dopo le polemiche dei giorni scorsi legate alla concessione degli arresti domiciliari per boss mafiosi reclusi al 41bis, come Francesco Bonura e Pasquale Zagaria, il governo corre ai ripari. Prima che il tribunale di sorveglianza possa decidere sulla concessione della detenzione domiciliare ai condannati al 41 bis, il regime carcerario a cui sono sottoposti i responsabili di gravi reati come quelli di mafia, viene inserito l’obbligo di sentire il parere del procuratore nazionale Antimafia. Prevista anche una stretta sulla concessione dei permessi ai mafiosi. E pure in questo caso è previsto il parere del procuratore nazionale antimafia. Nella bozza del dl si legge che “salvo ricorrano esigenze di eccezionale urgenza“, il permesso non potrà essere concesso “prima di ventiquattro ore dalla richiesta” dei pareri necessari. Dei permessi concessi dovranno essere informati ogni tre mesi i procuratori generali, che dovranno poi informare i vari capi degli uffici inquirenti competenti sui detenuti.
“No geolocalizzazione, non usarla non comporta alcuna limitazione” – Nella bozza del decreto si specifica, inoltre, che entro la fine dell’anno “tutti i dati trattati saranno cancellati o resi definitivamente anonimi e i dati considerati saranno esclusivamente quelli necessari ad avvisare gli utenti dell’app di rientrare tra i contatti stretti di altri utenti accertati positivi al Covid-19, individuati secondo criteri stabiliti dal Ministero della Salute”. Gli utenti riceveranno “informazioni chiare e trasparenti al fine di raggiungere una piena consapevolezza sulle finalità e sulle operazioni di trattamento, sulle tecniche di pseudonimizzazione utilizzate e sui tempi di conservazione dei dati”. Verranno garantite “su base permanente la riservatezza, l’integrità, la disponibilità e la resilienza dei sistemi e dei servizi di trattamento nonché misure adeguate ad evitare il rischio di reidentificazione degli interessati cui si riferiscono i dati pseudonimizzati oggetto di trattamento”. L’app sarà volontaria ed è esclusa la geolocalizazione in favore del “tracciamento di prossimità”. Il mancato uso dell’app “non comporta alcuna limitazione o conseguenza in ordine all’esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti interessati ed è assicurato il rispetto del principio di parità di trattamento”.
Bozza: “Dati conservati anche nei telefoni”. Ma deve essere “solo” i telefoni – Nella bozza, però, è scritto che i dati relativi ai contatti stretti saranno conservati “anche nei dispositivi mobili degli utenti, per il periodo strettamente necessario al trattamento”. Quella parola, “anche“, è di troppo e dovrebbe essere sostituita da “soltanto”. Almeno stando a sentire quanto dichiarato da Vittorio Colao al Corriere della Sera che ha negato qualsiasi ipotesi di violazione della privacy da parte dello Stato: “Non è stato scelto il sistema centralizzato, che manteneva l’ identità di tutti i contatti. È stata scelta l’ altra soluzione, quella Apple-Google. I contatti stanno solo sui telefonini delle persone”. Quindi “solo” sui cellulari non “anche”. Ha confermato l’intenzione di avvalersi del sistema Apple-Google anche la ministra dell’Innovazione, Paola Pisano: “Il sistema di tracciamento dovrà tenere in considerazione l’evoluzione di sistemi internazionali oggi ancora non completamente definiti, in particolare i modelli annunciati da Apple e Google, su cui la soluzione italiana si baserà”. Meno tecnica la rassicurazione di Domenico Arcuri, commissario per l’emergenza: “Se la app Immuni servirà o meno non è mio compito dirlo, io ho il dovere di implementarla e fare in modo che sia compatibile con le norme su sicurezza, riservatezza e privacy. Potete stare tranquilli che ciò sarà”.