24 Novembre, 2024
spot_imgspot_img

25 Aprile, 1 Maggio, 2 Giugno: un trittico dall’alto valore simbolico

Una riflessione di Claudio Cappabianca, CdA L’Agone

Nell’arco di meno di tre mesi vengono celebrate queste ricorrenze non molto lontane per il significato e tutte con l’intento di solidificare un necessario senso di comunità, giustizia sociale.

Il 25 Aprile, festa della liberazione, vuole essere il canto alla fratellanza di tutti i popoli e ricordare quanti danni arrecano dittature e guerre; il 1 Maggio, festa dei lavoratori o del lavoro, il diritto al lavoro per tutti; infine il 2 Giugno festa della Repubblica, simbolo della libertà e della democrazia dopo un triste ventennio, le italiane, prima volta votanti dopo le amministrative del ‘46, e gli italiani scelsero la Repubblica.

Quest’anno 2020 s’impone una giusta limitazione nel festeggiare questi avvenimenti nel rispetto di tante morti arrecate dal Covid-19 e dai danni del sistema economico; ma se vogliano cogliere da questa esperienza negativa delle considerazioni per migliorare il futuro che lasceremo ai nostri figli sarà necessaria una attenta analisi dei perché tante cose non hanno funzionato al meglio o niente affatto.

La pandemia ha messo chiaramente in luce difetti causati da un sistema economico rivolto ad assicurare solo a piccole minoranze un benessere costante e sempre maggiore.

L’economia, come viene interpetrata attualmente, prevede lo sfruttamento delle risorse della terra senza tenere conto minimamente di quanto stiamo degradando la natura: gli scienziati da almeno 50 anni hanno lanciato l’allarme come ad un incontrollato incremento demografico non corrisponde una gestione oculata e programmata delle risorse del pianeta. A dimostrazione di ciò lo scorso anno, il primo agosto ha segnato il cosiddetto Earth Overshoot Day, ovvero le risorse naturali che l’umanità ha a disposizione per il restante 2018 sono state esaurite e si consumerà in debito per cinque mesi. La data dell’Overshoot ogni anno anticipa, eppure vince il negazionismo con l’indifferenza degli stati.

L’industrializzazione e la globalizzazione hanno incrementato lo sfruttamento delle masse, il tasso di disoccupazione, teorizzato da molti economisti tra cui Keynes, necessario al mantenimento del sistema, l’automazione e le nuove tipologie di lavoro, telelavoro etc. Il divario tra i salari dei dipendenti e quelli dei dirigenti è sempre più grande, come pure il guadagno del contadino non è paragonabile al guadagno dei vari intermediari o della grande distribuzione.

Un’altra riflessione che s’impone è l’organizzazione del nostro Paese: le privatizzazioni non hanno dato risultati soddisfacenti in termini di efficienza ed economicità per gli utenti, basta vedere i negativi risultati ottenuti con le Poste, Energia, Trasporti. Analogamente per le aziende partecipate dai Comuni l’intreccio pubblico privato è di difficile se non impossibile soluzione, quando poi oltretutto si ha l’interferenza di capitali stranieri possedenti la maggioranza azionaria.

Altro capitolo è quanto del potere centrale debba essere trasferito alle autorità locali: leggi e decreti governativi vengono stravolti o disattesi in funzione di una autonomia locale. S’invoca da una parte uno stato forte, per poi volere un rafforzamento dell’autonomia.  Nel corso dell’emergenza sanitaria, stiamo assistendo a un conflitto giornaliero sulle normative da rispettare, questa confusione fa comodo solo a furberie creando forte distacco da parte della cittadinanza. Ma abbiamo visto quanto settori, che per coerenza andrebbero gestiti dallo stato, siano invece terreno di conquista da parte dei privati, ad esempio la scuola pubblica in Lombardia riceve meno fondi della scuola privata, la sanità pubblica per anni è stata depauperata, i tempi di attesa per esami sono infiniti, ma negli stessi ospedali se si opta per l’extra moenia immediati. Ovviamente, non si vuole fare una guerra ai privati, necessari per un adeguato sviluppo, ma solo riequilibrare il rapporto pubblico/privato.

Quindi, sì alla festa del lavoro, ma pensiamo a quante tipologie di contratti abbiamo in Italia, a quanti sono i morti sul lavoro nell’anno sono circa 1000 e con oltre 56.000 malati accertati per patologie professionali (dati INAIL).

Sì alla festa della Repubblica, ma cerchiamo di rispettarla con un impegno e ripristinando un’etica: basta con turpiloqui e sberleffi alle autorità, ricordiamo che bisogna rispettare la funzione e coloro i quali hanno responsabilità di guida devono avere maggiore senso del compito per cui sono stati eletti.

Sarà necessario uno sforzo da parte dei singoli per ripristinare abitudini e comportamenti di un paese civile, si parte anche dal basso per ottenere risultati che pur sembrando banali diano il diritto di pretendere altrettanto dai nostri politici o amministratori. Il rubare allo Stato non deve essere considerato un non reato per poi pretendere che lo Stato sopperisca ai bisogni: lo Stato siamo NOI.

L’Agone, nel suo piccolo, svolge un’azione di diffusione di conoscenze e comportamenti oltre che con il giornale, cartaceo e online, nelle scuole del territorio: è proprio dalle scuole che bisogna iniziare se vogliamo avere un futuro più equo e rispettoso.

Ultimi articoli