“Non ho mai visto una crisi così grave in vita mia. Dobbiamo usarla per provocare un risveglio di tutta la nazione”.
Per la prima volta dall’inizio delle proteste per la morte di George Floyd, prende la parola Barack Obama. L’intervento del primo presidente afroamericano della storia era atteso da molti, per dare un senso alla tragedia che il paese sta vivendo. Obama non infiamma gli animi, non vuol fare un comizio elettorale, ma è chiara la sua indicazione: “Tutti insieme dobbiamo lottare per garantire che avremo un presidente, un Congresso, un Dipartimento di Giustizia, una magistratura federale che riconoscono il ruolo distruttivo del razzismo nella nostra società, e vogliano agire per cambiarlo”.Obama, parlando dalla sua casa di Washington mentre la capitale è ancora teatro di manifestazione, fa una vibrata difesa della libertà di espressione e del diritto di scendere in piazza: “Ricordiamoci che questa nazione fu fondata dalle proteste, da quella che chiamammo Rivoluzione americana. Ogni progresso della nostra storia, ogni rafforzamento delle libertà, ogni espressione dei nostri ideali più profondi sono stati conquistato attraverso sforzi che hanno disturbato lo status quo. Dobbiamo essere grati a quelli che sono là fuori in modo pacifico e disciplinato, perché vogliono fare la differenza”.
L’ex presidente si rivolge soprattutto ai giovani che hanno riempito le piazze da otto giorni: “Dobbiamo far sì che l’America stavolta cambi davvero.
Voi giovani, abbiate il coraggio di essere scomodi per tutti noi. Impegnatevi, partecipate, andate a votare per costringere l’intera società a voltare pagina”. Obama, che negli otto anni dei suoi due mandati dovette consolare tante volte la sua comunità colpita da violenze e abusi, fa sentire la sua voce all’apice della tensione. Parla in un formato Town Hall, rispondendo alle domande dei cittadini, collegato in diretta su tutti i siti da Cnn a YouTube al New York Times. Si dice incoraggiato dai tanti giovani che ha visto scendere in piazza, vede in loro “una nuova mentalità”. A ospitare l’intervento di Obama è l’iniziativa “My Brother’s Keeper” (“il custode di mio fratello”), istituita dall’ex presidente nel 2014 dopo l’uccisione del teenager afroamericano Trayvon Martin in Florida.
Oggi Obama parla “ai milioni di americani che sono scesi in strada e hanno fatto sentire la loro voce, un’ondata di proteste che nascono da una legittima frustrazione”.
E vuole rispondere alla domanda che in tanti gli rivolgono: “Come dare continuità, efficacia a questo movimento, perché provochi un cambiamento reale”. Molto dipenderà da “una nuova generazione di attivisti”, che sappiano superare i fallimenti del passato. Per troppo tempo l’America “non è riuscita a riformare i metodi della polizia e della giustizia penale”. Le sue parole risuonavano poche ore dopo la svolta giudiziaria a Minneapolis, dove la procura ha aggravato l’incriminazione del poliziotto imputato per la morte di George Floyd. Il capo di accusa è diventato omicidio volontario e può costargli fino a 45 anni di carcere. Per la prima volta sono stati incriminati anche gli altri tre membri della pattuglia, per concorso in omicidio.
Ai manifestanti pacifici, “la stragrande maggioranza”, Obama offre il suo sostegno, li definisce “coraggiosi, responsabili, capaci di ispirarci”.
In un passaggio dove è chiara la distanza da Trump, il leader democratico dice che chi ha manifestato in questi giorni “merita il nostro rispetto e il nostro sostegno, non una condanna”. L’ex presidente è molto netto però nel denunciare ogni forma di violenza. Il riferimento è agli estremisti che cercano lo scontro, e ai predatori che hanno saccheggiato negozi da Los Angeles a New York: “Quelle minoranze mettono in pericolo vite umane, aggravano la distruzione dei quartieri più poveri”. Obama racconta il suo incontro con un’anziana afroamericana “in lacrime perché l’unico negozio di alimentari del suo quartiere era stato distrutto, e chissà quanti anni ci vorranno perché rinasca”. Esorta a “non scusare i violenti, non trovargli delle motivazioni razionali”. Se vogliamo che la società americana tutta intera approdi a un livello etico superiore, quel codice morale dobbiamo costruirlo e rispettarlo noi stessi”.
(La Repubblica)