23 Dicembre, 2024
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Mondo di mezzo, torna libero Massimo Carminati

Esce dal carcere da uomo libero. Nessun obbligo di dimora, nessun obbligo di firma. “A fine marzo aveva già scontato il tetto massimo dei due terzi del reato più grave che gli è stato contestato: una corruzione”. È il suo legale, il professore Cesare Placanica, a fornire la spiegazione tecnica della scarcerazione che arriva a cinque giorni dal deposito delle motivazioni della Cassazione con cui per l’ex Nar, insieme a Salvatore Buzzi e altri 30 coimputati è crollato il 416bis, l’associazione a delinquere di stampo mafioso.

Dopo tre rigetti da parte della Corte d’Appello, l’istanza dei suoi legali è stata accolta dal Tribunale della Libertà.

Carminati, il “Nero” o anche “Il Cecato” di Mafia Capitale, esce dall’istituto penitenziario di Oristano in cui era rinchiuso dal dicembre 2014 perché la carcerazione preventiva è arrivata al limite. Non essendo quindi arrivati a una condanna definitiva – il processo d’Appello bis Mondo di mezzo deve ancora essere celebrato – torna libero, nella sua dimora a Sacrofano.

Il penalista Placanica nell’istanza rigettata dal Riesame e riproposta all’Appello aveva fatto leva su questo, ricevendo un ok ma con riserva. C’era il secondo reato più grave, ovvero la seconda ordinanza che colpì Carminati sui suoi rapporti col consigliere regionale ex Pdl Luca Gramazio, unico politico a cui è stato contestato il 416bis.

“Abbiamo replicato – spiega ancora Placanica – che si trattava di una contestazione a catena. E così la nostra questione tecnica, in punto di diritto, che tutela un principio di civiltà è stata accettata”. E Massimo Carminati da oggi è un cittadino libero.

L’ex militante di estrema destra fu arrestato con l’accusa di mafia il 2 dicembre del 2014.

È uno dei criminali romani la cui fama sembra essere inossidabile. Fu lui stesso in una intercettazione captata dalle cimici dei carabinieri del Ros a dire a un dipendente della compagnia Fastweb che non riusciva a risolvere un suo problema di connessione: “Forse non hai capito con chi stai parlando, cerca su internet Massimo Carminati e poi vedi di sbrigarti a risolvere la situazione”.
Il suo nome è legato alla banda della Magliana ma soprattutto allo storico furto al caveau della banca di piazzale Clodio. Un furto messo a segno alle cassette di sicurezza di decine di magistrati, avvocati e notabili romani e che riuscì a portare a dama grazie alla complicità di interni alla banca e di forze dell’ordine.

Fu sostanzialmente questo colpo a creare attorno alla sua figura, nel mondo di sotto e anche in quello di mezzo, quell’aura di intoccabilità. Per anni di lui si è sentito parlare solo collateralmente, rispetto a indagini di personaggi che gravitavano nel mondo della destra, Gennaro Mokbel è uno di questi.

E fu proprio da una intercettazione che riguardava i contatti di Mokbel con Finmeccanica che i Ros nel 2012 iniziarono a mettere gli occhi su Carminati e la casa di Sacrofano attorni a cui ruotavano strani giri.

Le dichiarazioni di uno skipper narcotrafficante pentito diedero il via per aprire una inchiesta per mafia sul “Cecato” e il suo socio in affari Salvatore Buzzi.

Uno spaccato desolante quello che venne fuori da due anni di indagini: Carminati e il ras delle cooperative rosse erano riusciti a piegare ai loro desiderata politici, pubblici funzionari, imprenditori nella Roma allora comandata dal sindaco nero Gianni Alemanno. Una rete di rapporti in cui mazzette e ricatti erano la consuetudine proseguita anche con la giunta del Pd.

Milanese di 62 anni, Carminati venne arrestato poco lontano dalla sua abitazione di Sacrofano.

Gli venne contestata la detenzione di armi, che non si troveranno mai. Di lì a qualche giorno, finiscono in carcere altre 36 persone nell’ambito dell’inchiesta mediaticamente conosciuta come Mafia Capitale. L’ex Nar sconterà 5 anni e 7 mesi dietro una cella per questa vicenda. Dopo Rebibbia, va a Tolmezzo, quindi a Parma (quando viene sottoposto al 41 bis) e Oristano. Il 20 luglio del 2017 il tribunale lo condanna a 20 di reclusione per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e a tanti altri reati. L’11 settembre del 2018 la corte d’appello riconoscendo la sussistenza della mafia e infligge a Carminati 14 anni e mezzo. Verdetto annullato dalla Cassazione il 22 ottobre del 2019 che fissa un nuovo processo solo per la rideterminazione delle pene. Dopo quattro giorni, il regime del carcere duro viene meno. Incassato il parere positivo della Dda di Roma e della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, il Guardasigilli Alfonso Bonafede firma il decreto di revoca del 41 bis per Carminati, che oggi torna libero.

(La Repubblica)

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